Concerto grosso. Il termine "concerto grosso" si compone di due parole, un sostantivo e un aggettivo, che possiedono significati autonomi. "Concerto" è infatti di per sé un termine che ha acquisito accezioni diverse nel corso del tempo. In origine era un brano intonato insieme da più strumenti o da più voci; poi, nel corso del XVII secolo, con raffermarsi di una musica strumentale autonoma e indipendente da quella vocale, "concerto" viene a definire appunto una composizione puramente strumentale affidata a un complèsso, nella quale ciascuna parte o linea strumentale viene eseguita da più esecutori. Il concetto moderno di "concerto" è però quello di una composizione in cui uno o più solisti emergono e si contrappongono rispetto a una compagine strumentale. Il "concerto grosso" è appunto il moderno "concerto" nella prima fase della sua storia, in cui il ruolo solistico viene assunto, piuttosto che da un unico individuo, da un gruppo di pochi strumentisti scelti (in genere due violini e violoncello). L'aggettivo "grosso" viene dalla contrapposizione con il termine "concertino": quest'ultimo rappresentava il gruppo dei solisti, mentre il "concerto grosso" (detto anche "ripieno") era la compagine strumentale da cui il "concertino" emergeva. "Concerto grosso" è dunque un termine bivalente, che indica sia il complesso orchestrale che il genere musicale caratterizzato dalla contrapposizione "ripieno-concertino". Grande "codificatore" del "concerto grosso" doveva essere Arcangelo Corelli, che, negli ultimi due decenni del XVII secolo, donò al genere le sue caratteristiche peculiari, inclusa la divisione in cinque o sei movimenti. Tramontato con l'affermazione del nuovo concerto solistico "vivaldiano", il "concerto grosso" riemerge poi nel nostro secolo e nella stagione del neoclassicismo, come simbolo della civiltà strumentale italiana.

Arrigo Quattrocchi


Accademia Filarmonica Romana, Roma, 1999