Invenzione. Il termine "invenzione" deriva dal latino "invenio", ossia "trovo"; l'invenzione, in musica, è dunque il risultato dì una ricerca che assume tuttavia, dal XVI secolo in poi, prospettive differenti nel tempo. Se si eccettuano le chansons descrittive di Jannequin (1555), e qualche altra raccolta, la fortuna del termine è soprattutto legata alla musica strumentale, e non a caso si sviluppa nel periodo della prima fioritura della musica di tal fatta, quando l'esplorazione delle possibilità espressive e virtuosistiche degli strumenti appare una nuova conquista; questo è il compito delle numerose "Invenzioni d'intavolatura" che, destinate alle tastiere o al liuto, si sviluppano all'inizio del XVII secolo. In questa accezione, che equivale allo sviluppo della fantasia espressiva, al di fuori da codici formali prestabiliti, il termine viene impiegato anche nella celebre raccolta di Antonio Vivaldi "Il cimento dell'armonia e dell'invenzione" (pubblicata intorno al 1720), dove è contrapposto al rigore della regola (armonia). Tuttavia nello stesso periodo si impone un altro significato: per i "Praecepta" di J. G. Walther (1708) l'invenzione è il primo stadio di un processo creativo che approda all'"elaboratio " e all'"executio"; in concreto, l'invenzione diviene una pagina basata sul principio dell'imitazione fra più voci, spesso facente parte dì una vasta raccolta, come nel caso delle Invenzioni a due e tre voci di Bach. Logico che, dimenticata nell'Ottocento, l'Invenzione riappaia all'inizio del Novecento nel quadro del recupero della prassi barocca; è il caso del "Wozzeck" di Alban Berg (dove un intero atto è basato su sei invenzioni) come di alcuni lavori di Malipiero e Petrassi.

Arrigo Quattrocchi


Accademia Filarmonica Romana, Roma, 2001