Modo lidio. L'espressione "modo lidio" affonda le sue radici in antichi trattati teorici della storia della musica. Il concetto di "modo", innanzitutto. Secondo la moderna teoria musicale il "modo" è un preciso schema di successione dei suoni, che organizza questa successione alternando intervalli (la distanza fra due note) più grandi (cinque "toni") e più piccoli (due "semitoni"); i modi moderni sono essenzialmente due (affermatisi rispetto agli otto della teoria medioevale): il "maggiore" (in cui il primo semitono si trova fra la terza e la quarta nota) e il "minore" (fra la seconda e la terza). Ciò ha un riscontro immediato ed evidentissimo all'orecchio, perché ogni "modo" (maggiore o minore) presenta un proprio carattere, un'atmosfera peculiare che schematicamente (ma non esclusivamente) può essere definita "serena" per il modo maggiore e "triste" per il minore. Risalendo alla complessa teoria musicale degli antichi greci, troviamo qualcosa di simile: un differente ethos (carattere, con implicazioni psicologiche) attribuito a ciascuno dei modi allora in uso; fra questi, il modo "lidio" era composto di quattro note discendenti e corrispondenti agli attuali "do-si-la-sol"; lo stesso nome di "modo lidio" venne poi attribuito dalla teoria del canto gregoriano a una scala del tutto diversa, corrispondente agli attuali "fa-sol-la-si-do-re-mi-fa". Il ritorno di interesse, nel corso del XIX secolo, verso il medioevo fece sì che numerosi compositori guardassero agli antichi modi gregoriani con l'intento di definire atmosfere arcaiche e in qualche modo spirituali. L'esempio più illustre di tale tendenza è la "Canzona di ringraziamento" del Quartetto op.132, in cui Beethoven usò una scala di fa maggiore con il quarto grado alzato (si naturale anziché bemolle), ricalcando il VI modo gregoriano.

Arrigo Quattrocchi


Accademia Filarmonica Romana, Roma, 1999