Trio. Composizione per tre strumenti; anche, il complesso cameristico lo che esegue. Trae origine dalla sonata a tre barocca, generalmente dedicata a due violini e basso continuo, quest'ultimo affidato al violoncello, in genere con l'aggiunta del cembalo per la realizzazione armonica. Nella seconda metà del sec. XVIII, con la decadenza del basso continuo, si svilupparono due tipi distinti di trii, a seconda che la parte del basso fosse composta per il solo violoncello (trio d'archi) o per il solo pianoforte (trio con pianoforte). Entrambi i tipi vennero ad assumere le forme proprie della musica da camera classica, e poi romantica, cioè si articolarono in quattro movimenti, con l'allegro iniziale in forma-sonata. Per tutto il Settecento il trio per archi poteva presentarsi sia nella veste più arcaica per due violini e violoncello, sia in quella più moderna per violino, viola e violoncello; il secondo tipo (inaugurato fra i primi da Haydn) diverrà in seguito prevalente.

Nella prima metà del sec. XVIII era detta trio anche una composizione in stile contrappuntistico rigoroso a tre parti obbligate, in genere per organo o per clavicembalo (se ne trovano molti esempi in J.S. Bach).

Nel periodo classico è chiamata trio anche la sezione centrale di un minuetto o di uno scherzo, la quale contrasta con la prima parte sia per l'organico strumentale alleggerito (spesso con i soli legni) sia per il carattere più semplice e pacato, anche rustico o popolare, a volte in tonalità minore. L'origine di questa sezione (e del suo nome) risale all'uso barocco di raddoppiare certe danze della suite, presentando la seconda parte con tre soli strumenti (ad es. due oboi e fagotto in Lully). Il termine rimase in uso sino a tutto l'Ottocento indipendentemente dal numero degli strumenti impiegati (conservando tuttavia l'idea di un contrasto di densità sonora). 


Garzantina Musica, Garzanti Libri s.p.a, Milano, 2009