Ach!, ich sehe, itzt da ich zur Hochzeit gehe (Ah io vedo, ora che vado alle nozze), BWV 162

Cantata in la minore per soli, coro e orchestra

Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
Testo: Solomo Franck
Occasione: 20a domenica dopo la festa della Trinità
  1. Ach! ich sehe, itzt da ich zur Hochzeit gehe
    Aria in la minore per basso e tutti gli strumenti
  2. O grosses Hochzeitsfest, dazu der Himmelskönig
    Recitativo in do maggiore/re minore per tenore e continuo
  3. Jesu, Brunnquell aller Gnaden
    Aria in re minore per soprano e continuo
  4. Mein Jesu, lass mich nicht
    Recitativo in la minore/do maggiore per contralto e continuo
  5. In meinem Gott bin ich erfreut
    Duetto in do maggiore per contralto, tenore e continuo
  6. Ach, ich habe schon erblicket
    Corale in la minore per coro e tutti gli strumenti
Organico: soprano, contralto, tenore, basso, coro misto, tromba fagotto, 2 violini, viola, continuo
Composizione: Weimar 1715
Prima esecuzione: Weimar, Hofkapelle, 3 novembre 1715
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1887
Guida all'ascolto (nota 1)

L'esecuzione delle Cantate Sacre, una delle principali forme espressive della musica luterana, aveva luogo nel corso della funzione religiosa, fra la lettura del Vangelo e il sermone: si trattava di un brano musicale di non piccola portata, suddiviso in arie, duetti, cori, recitativi e parti strumentali, il cui testo era tratto dalle Sacre Scritture o costituito da poesie originali. Questa forma d'arte occupa gran parte della produzione bachiana e ha costituito un notevole motivo di interesse per la critica. Poche Cantate, infatti, ci sono giunte con una data apposta dall'autore e la ricostruzione cronologica (che non corrisponde al numero d'opera) si è basata sui cambiamenti di scrittura e sullo studio delle filigrane e dei rastri (le penne a cinque punte con cui venivano tracciati i pentagrammi che cambiavano a seconda dell'epoca e della località).

Nella prima fase Bach si rifà anzitutto alla tradizione familiare e poi ai modelli della Germania del Nord e del Centro, come Pachelbel e Buxtehude: la musica in questo caso è divisa in sezioni piuttosto brevi e contrastanti tra loro per tempo e numero di voci impiegate. Inoltre come accompagnamento per le arie viene spesso impiegato un ostinato che insiste su una stessa frase mentre la linea melodica cambia.

Negli anni di Weimar (1708-1717), ai quale appartiene la BWV162, e poi in quelli di Köthen (1717-1723), Bach conferisce alle sue Cantate un carattere di omogeneità che prelude ai grandi cicli del periodo di Lipsia. È in questo momento, inoltre, che il musicista inizia a liberarsi dei modelli più arcaici e ad attingere dall'opera elementi profani, incorrendo così nella tanto unanimemente temuta "teatralità". L'influenza del concerto italiano e delle Ouvertures di stile francese è presente anche in questo settore della produzione bachiana, e si esplicita nell'impiego dell'introduzione strumentale, qui ancora di proporzioni ristrette rispetto alle vere e proprie sinfonie che apriranno le Cantate di Lipsia. L'influenza del melodramma italiano, napoletano nella fattispecie, è riscontrabile invece nella struttura dell'aria, che assume forma di agilità virtuoslstica di stampo prettamente operistico. Bach inoltre sviluppa il recitativo dandogli un contorno melodico che lo avvicina all'aria, pur non assumendone del tutto le caratteristiche. Il numero dei cori va riducendosi sino a collocarsi solo all'inizio e alla fine della Cantata o a scomparire del tutto.

Ancora una volta, quindi, Bach effettua una progressiva azione di rivoluzione all'interno di una forma musicale, giungendo ad introdurre in un rigidissimo genere religioso elementi puramente profani.

Nel periodo di Lipsia, come direttore della musica eseguita nelle chiese di Lipsia, Bach doveva provvedere alla preparazione di una cantata alla settimana, e spesso di due o più: se ne dovrebbe dedurre che in ventisette anni di cantorato la sua produzione in questo senso sia stata sterminata. Non è così: a tutt'oggi ci sono pervenute 163 cantate con destinazione liturgica, comprese le otto che formano i tre oratori. La semplice dispersione del materiale non spiega la questione, che per lungo tempo risultò assai controversa, soprattutto in seguito alle affermazioni dello Spitta, che voleva l'attività bachiana nel settore continua fino alla morte. Il Necrolog parla esplicitamente di cinque annate di cantate per tutte le domeniche e i giorni di festa, di cui, dopo la morte di Bach, due passarono in eredità a Carl Philipp Emanuel, e tre a Wilhelm Friedemann, che smarrì la quarta e la quinta.

Una ricostruzione è dunque possibile in relazione alle prime tre annate, che prendono l'avvio dalla prima domenica dopo la Trinità, il 30 maggio 1723. Il problema critico più dibattuto si è posto sulla data finale della produzione, che, come è facile intuire, esula da una mera questione di cronologia per investire l'intero percorso musicale bachiano. Solo nel 1957 gli studi compiuti da Alfred Dürr e Georg von Dadelsen hanno dimostrato che dopo il 1729 Bach sospese la produzione regolare di cantate, con una «coda» di quattordici brani non collegati, composti presumibilmente tra il 1729 e il 1735. Le ripercussioni della scoperta sono importantissime, e dimostrano che a partire da una certa data Bach si disinteressò della produzione religiosa nella forma tradizionale della cantata per dedicarsi all'attività profana del «Collegium Musicum» e alla ricerca speculativa delle opere teoriche. Abbiamo così un nuovo anno con funzioni di spartiacque, il 1730, in cui il musicista, deluso dalle difficoltà oppostegli continuamente dalle autorità di Lipsia e «saziato» da una forma musicale che aveva utilizzato al massimo delle risorse, si rivolse verso altre strade, sia con la ricerca materiale di un nuovo impiego, sia con il ritiro nella «Köthen» intima che prelude alla sua più alta produzione.

Ma neanche nei primi cinque anni di attività Sebastian mostra una condotta continua: contro la produzione piuttosto regolare dei primi due, con trentasette e cinquantadue cantate, si registra un calo di attività nel terzo e quarto anno, con ventisette e nove cantate.

La quinta annata comprende le quattordici Cantate composte saltuariamente dopo il 1729. A questo schema vanno aggiunte cinque composizioni che risultano una parodia di precedenti brani composti da Bach, quattro cantate sacre al di fuori del calendario liturgico e le cantate composte per nozze, funerali e simili occasioni.

Principale collaboratore di Bach nella stesura dei testi fu Christian Friedrich Henrici, detto Picander (nomignolo che significa uomo-gazza e che allude a una spiacevole disavventura del poeta, finito in carcere per aver sparato ad un contadino invece che a una gazza), ma il suo intervento non fu continuo.

È soprattutto alla produzione di cantate di questi anni che i fautori del simbolismo bachiano e della «musica poetica» si sono rifatti per dimostrare l'intima connessione fra linguaggio musicale e linguaggio poetico esplicato nel simbolo numerico.

In questa ricerca di codificazione, Bach utilizza un preciso schema di cantata, al cui interno sono presenti il mottetto corale, il recitativo, l'aria, la strofa di corale conclusivo. Commenta Basso: «Caricata di simboli, ispirata alle sacre letture e alle interpretazioni suggerite dalla teologia, la Kirchenmusik si presentava dunque come una similitudine del cosmo, come un mondo in sé compiuto e dotato di tutti gli attributi, degli elementi fondamentali che regolano la natura. E in questa sua compostezza raggiungeva il massimo rendimento possibile, consentendo al fedele di sentirsi totalmente calato nella vita contemplativa e al musicista di conquistare, con l'esercizio e l'applicazione, smisurati spazi».

Potrebbe sorprendere in quest'ambito sacrale ancor più che sacro l'operazione di «parodia» effettuata in moltissimi casi da Bach. Effettivamente molti studiosi si stupirono quando le ricerche rivelarono la gran parte delle Cantate dì Lipsia, gli oratori, le Messe brevi, parte della Messa in si minore, e persino gran parte della Matthäus-Passion erano frutto di rielaborazioni di opere precedenti, spesso profane. Ma alla luce della nuova immagine di Bach questa prassi va inquadrata nel gigantesco tentativo perseguito dal musicista di unificare e integrare i più diversi stili musicali, compresi il sacro e il profano.

I movimenti che aprono e chiudono la Cantata BWV162 sono considerati dagli esperti quelli di maggiore interesse all'interno della partitura. Il lavoro inizia con un Aria del basso solo che descrive, con austera sobrietà, i momenti che precedono la festa. Una tromba sorregge la voce con un ostinato che regala a questo momento un carattere fortemente contemplativo. All'altro estremo della Cantata, il Corale conclusivo, pur poggiando su di una struttura estremamente semplice, conferisce al finale un forte impatto emotivo.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Chiesa di Santa Maria sopra Minerva, 5 novembre 2000

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Ultimo aggiornamento 15 novembre 2013