Auf, schmetternde Töne der muntern Trompeten, BWV 207a

Dramma per musica in re maggiore per soli, coro e orchestra

Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
Testo: forse Picander (Christian Friedrich Henrici)
Occasione: onomastico di Augusto III

  1. Auf, schmetternde Töne der muntern Trompeten
    Coro in re maggiore per coro e tutti gli strumenti
    Utilizza il Coro n.2 della Cantata BWV 207
  2. Die stille Pleisse spielt
    Recitativo in si minore/fa diesis minore per tenore e continuo
  3. Augustus' Namenstages Schimmer
    Aria in si minore per tenore, oboe d'amore, archi e continuo
    Utilizza l'Aria n. 4 della Cantata BWV 207
  4. Augustus' Wohl ist der treuen Sachsen Wohlergeh'n
    Recitativo in sol maggiore/la maggiore per soprano, basso e continuo
  5. Mich kann die susse Ruhe laben/Ich kann hier mein Vergnügen
    Aria (Duetto) in re maggiore per soprano, basso e continuo
    Utilizza l'Aria n. 6 della Cantata BWV 207
    Ritornello (re maggiore)
    per 2 trombe, 2 oboi d'amore, oboe da caccia, archi e continuo
  6. Augustus schützt die frohen Felder
    Recitativo in la maggiore/sol maggiore per contralto e continuo
  7. Preiset, späte Folgezeiten
    Aria in sol maggiore per contralto, 2 flauti traversi, archi e continuo - Utilizza l'Aria n. 9 della Cantata BWV 207
  8. Ihr Fröchlichen, herbei!
    Recitativo in re maggiore per soprano, contralto, tenore, basso, 2 oboi d'amore, oboe da caccia, archi e continuo
    Utilizza il Recitativo n. 10 della Cantata BWV 207
  9. August lebe! Lebe König!
    Coro in re maggiore per coro e tutti gli strumenti
    Utilizza il Coro n. 11 della Cantata BWV 207
Organico: soprano, contralto, tenore, basso, coro misto, 3 trombe, timpani, 2 flauti traversi, 2 oboi d'amore, oboe da caccia, 2 violini, viola, continuo
Composizione: Lipsia, 1735
Prima esecuzione: Lipsia, Caffè Zimmermann, 3 agosto 1735
Edizione: Bärenreiter, Kassel, 1961

Parodia della Cantata BWV 207
Guida all'ascolto (nota 1)

La festa, espressione fra le più tipiche dell'età barocca, doveva essere una componente essenziale della vita cittadina di Lipsia, dove Bach si era definitivamente trasferito nel maggio del 1723. Regolata su ritmi di operosità che erano ciclicamente connessi alle scadenze annuali delle fiere, quella di Pasqua e quella di San Michele (29 settembre), la città - piazza sulla quale convergevano le attenzioni non solo dei mercanti ma anche quelle degli studiosi e del ceto aristocratico o dell'alta borghesia - ospitava volentieri manifestazioni di pubblico tripudio, di compiaciuta celebrazione collettiva di eventi che toccavano la sensibilità dei suoi abitanti. Il rito liturgico, con le sue particolari articolazioni previste dai regolamenti concistoriali (per le domeniche e feste comuni, per le feste solenni, per funerali e matrimoni), già offriva motivi spettacolari di attenzione venendo a rompere, mediante l'immissione obbligata della Kirchenmusik predisposta dal Kantor e dall'ars oratoria esercitata dai predicatori, lo schema essenziale del servizio divino. Occasione di "spettacolo" erano ìe cerimonie religiose nella Chiesa dell'Università, le esecuzioni delle Passioni nelle chiese principali, le Kurrenden organizzate dagli alunni della Thomasschule durante le festività natalizie, le cerimonie per la consacrazione di nuove chiese o inaugurazioni di organi, le regolari esecuzioni di corali dall'alto delle torri comunali, le processioni e i cortei suggeriti da pratiche devozionali o da manifestazioni di lutto cittadino, le solenni circostanze dei rinnovi del Consiglio Comunale. Dentro e fuori della chiesa, insomma, si svolgevano riti dominati dalla presenza della musica, fatti salvi i periodi di tempus clausum (Avvento, Quaresima, proclamato lutto nazionale).

Se occasioni di festa erano suggerite dall'intensa vita religiosa nella quale Lipsia pareva compiacersi come se si trattasse di un evento mondano, non minori motivi di celebrazione offriva la vita civile. Caffè e giardini erano luoghi deputati della musica, e comunque non v'era manifestazione che non fosse accompagnata da un adeguato apparato musicale. Per l'esecuzione di queste musiche, legate a circostanze particolari, la città di Lipsia poteva contare sull'apporto di due Collegia musica formati da studenti universitari, ma anche naturalmente sul contributo degli alunni della Thomasschule. I Collegia musica in questione erano stati fondati l'uno da Telemann nel 1702, l'altro da Johann Friedrich Fasch nel 1708; il primo dei due fu attivo anche sotto la direzione di Bach (dalla primavera del 1729 sino all'estate del 1737 e poi ancora dall'ottobre 1739 sino, forse, al 1744). Occorre poi dire che non c'è ragione di credere che l'organizzazione delle Festmusiken dovesse comportare apparati diversi da quelli che richiedeva la Kirchenmusik e pertanto i ruoli vocali erano sostenuti nelle cantale profane da quelle medesime persone (gli alunni della Thomasschule per le parti corali e gli studenti dell'Università per quelle solistiche) che già provvedevano all'esecuzione delle cantate sacre.

Per quanto riguarda la produzione bachiana, nell'ambito della musica a destinazione profana si deve distinguere fra la Stadtmusik, vale a dire il complesso delle musiche composte per solennizzare eventi quali l'inaugurazione di edifici pubblici, gli omaggi a personalità della borghesia o a nobili signori, feste comunali o scolastiche, cerimonie universitarie, celebrazioni di nozze, e la Hofmusik, la musica dì corte predisposta, in veste di compositore ufficiale (Hofcompositeur) per le corti - in ordine di tempo - di Köthen, di Weissenfels e di Dresda, anche se nel caso delle composizioni in onore di esponenti della casa regnante (duchi di Sassonia e re di Polonia al tempo stesso) si trattò il più delle volte di lavori commissionati nell'ambiente universitario o municipale.

Tafelmusiken (musiche per i banchetti), Abendmusiken (serenate) sono qualifiche riconenti per tale genere di musiche che, in ultima analisi, erano intese come azioni teatrali fittizie, prive di apparato scenico; in molti casi, le cantate in questione venivano indicate come drammi per musica, una locuzione che si ritrova in varie opere bachiane (fra cui anche BWV 207a e 214). Con la sola eccezione di BWV 212 che porta nell'intestazione la qualìfica di Cantate en burlesque (e, dunque, richiama modelli francesi), nessuna delle composizioni vocali profane di Bach porta il titolo italiano di cantata, termine che Bach ha evitato di impiegare anche nella musica sacra (qualificata come concerto, dialogus o semplicemente Kirchenmusik). Nell'uno e nell'altro caso, l'adozione di quella parola è un prodotto della musicologia ottocentesca ancora incerta sui propri passi e facile alla generalizzazione.

Sono una quarantina le composizioni vocali profane a noi note, fra quelle realizzate da Bach a Lipsia, ma la musica in molti casi è perduta: il materiale musicale originale è disponibile, infatti, solamente per diciannove cantate. Nella maggior parte dei casi autore dei testi, o presunto tale, è Christian Friedrich Henrici (1700-1764), noto con lo pseudonimo di Picander (letteralmente "uomo-gazza") che il poeta si era voluto dare a ricordo di un curioso incidente capitatogli nel 1723, quando durante una battuta di caccia aveva colpito un contadino invece di una gazza e, di conseguenza, era stato arrestato.

Le cantate catalogate sotto i numeri BWV 207a e 214 appartengono al genere della Hofmusik e sono state composte per la corte di Sassonia. La prima delle due - Auf schmetternde Töne der muntern Trompeten - è stata realizzata per il giorno onomastico, il 3 agosto probabilmente del 1735, di Augusto III (1696-1763; dal 1733 re di Polonia con tale nome e duca di Sassonia col nome di Friedrich August II). Si tratta, tuttavia, di un'opera non originale, che riprende numerose pagine (i nn. 1, 3, 5, 7, 8, 9) da una composizione scritta nel 1726 (Vereinigte Zwietracht der wechselnden Saiten, BWV 207) come cantata di auguri per l'ingresso nel corpo accademico del professore di diritto Gottlieb Kortte (1698-1731). In questa circostanza l'anonimo autore del testo (ma si crede che, sia per l'una che per l'altra cantata, esso possa essere identificato in Picander) aveva chiamato in causa quattro personificazioni allegoriche: la Fortuna, la Riconoscenza, la Diligenza, l'Onore, senza affidare loro lo svolgimento di una qualsivoglia trama, ma semplicemente invitandole a tessere un discorso moraleggiante ed edificante. Nella nuova versione per gli auguri al sovrano, i personaggi non sono stati indicati, ma i frequenti accenni a soggetti mitologici, (sono citate, ad esempio, le Muse, Pallade, Marte, Mercurio, varie deità silvane) farebbero ritenere che questo dramma per musica fosse dotato di interlocutori. Ma, al di là delle osannanti lodi ad Augusto III, il cui nome è più volte citato, la cantata si presenta anche come un omaggio alla città di Lipsia, di cui vengono esaltati i simboli più eminenti, la Pleisse con le sue rive verdeggianti e i tigli apportatori di piacere, e alla Sassonia in genere il cui fiume principale, l'Elba, non manca di essere richiamato nel testo.

Il procedimento compositivo seguito da Bach, e comunissimo nella sua produzione, è quello della "parodia", vale a dire di una riutilizzazione in altro contesto di una musica concepita per un'altra occasione, qui riscrivendo unicamente tre recitativi (nn. 2, 4, 6) e mantenendone inalterato uno (n. 8). Anche la prima versione dell'opera (BWV 207), tuttavia, non era del tutto originale, dal momento che due pagine, il coro di apertura ed un ritornello agganciato al duetto di soprano e basso (n. 5) sono estratte dal Primo Concerto Brandeburghese (BWV 1046); si tratta rispettivamente del n. 3 (allegro) e del secondo trio. Carattere eccezionale ha la presenza di una marcia introduttiva (con coro), a mo' di fanfara, che bene si adatta al clima di festa di una composizione eseguita, come un documento dell'epoca ci dice, dal Collegium musicum bachiano nei giardini del Caffè Zimmermann di sera e con una fastosa illuminazione. Dei quattro recitativi previsti dal testo, solo l'ultimo (n. 8), che impegna tutti i solisti a turno, prevede l'intervento di strumenti (gli oboi e gli archi) oltre al continuo, ma si tratta di accordi brevi ed isolati, semplici interpunzioni del discorso. Le tre arie (nn. 3, 5, 7) sono tutte "col da capo" e con strumentale variato, secondo la consuetudine bachiana: archi nella prima, il solo continuo nella seconda, flauti e archi nella terza (un'aria quest'ultima, caratterizzata da un delicatissimo giuoco in imitazione dei due flauti entro il quale s'insinua periodicamente un disegno in ritmo puntato degli archi all'unisono). Il finale è un inno solenne, squadrato, in tempo di danza, intonato omofonicamente dal coro su parole convenzionali di auguri.

Alberto Basso


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 15 gennaio 1999

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Ultimo aggiornamento 16 ottobre 2014