Jauchzet Gott in allen Landen (Gridate di gioia a Dio in ogni terra), BWV 51

Cantata in do maggiore per soli, coro e orchestra


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
Testo: autore ignoto
Occasione: 15a domenica dopo la festa della Trinità e in ogni tempo
  1. Jauchzet Gott in allen Landen
    Aria in do maggiore per sopranoo e tutti gli strumenti
  2. Wir beten zu dem Tempel an
    Recitativo in la minore per soprano, archi e continuo
  3. Höchster, mache deine Güte fermer alle Morgen neu
    Aria in la minore per soprano e continuo
  4. Sei Lob und Preis mit Ehren
    Corale in do maggiore per soprano, 2 violini e continuo
  5. Alleluja, Alleluja
    Aria in do maggiore per soprano e tutti gli strumenti
Organico: soprano, tromba, 2 violini, viola, continuo
Composizione: Lipsia, 1730
Prima esecuzione: Lipsia, Thomaskirche, 17 settembre 1730
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1863

Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il più importante tra i compiti musicali a cui doveva adempiere il Kantor della Thomasschule di Lipsia, incarico che Bach ricoprì dal maggio del 1723 fino alla morte, era quello di fornire musica sacra per tutte le domeniche e le più importanti festività previste dagli ordinamenti liturgici luterani, che nella severa ed ortodossa Lipsia erano osservati più rigorosamente che altrove. Bach, benché gravato da altre numerose incombenze, nei primi anni lipsiensi s'impegnò scrupolosamente a produrre, settimana dopo settimana, eccezion fatta per i periodi dell'Avvento e della Quaresima, Cantate di sua composizione (per un totale di circa sessanta lavori l'anno, raggruppati poi in cinque cicli di "annate" complete) da eseguirsi durante i riti religiosi che si celebravano nelle due chiese più importanti della città: la Thomaskirche e la Nikolaikirche.

Successivamente la sua produzione di Cantate sacre diminuì gradualmente, per interrompersi del tutto dopo il 1735 (tra il 1729 e il 1735 ne scrisse appena una dozzina), soprattutto quando, assunta la guida del locale Collegium Musicum nel 1729, Bach si volse alla composizione di Cantate profane o di opere di tipo speculativo, sfruttando per le esigenze del culto lavori precedentemente composti - a volte ricorrendo alla tecnica della parodia - oppure proponendo opere di altri musicisti contemporanei.

La Cantata Jauchzet Gott in allen Landen BWV 51 per soprano, tromba, archi e continuo, è una delle ultime scritte da Bach a Lipsia. L'intestazione dell'autografo assegnerebbe l'opera alla quindicesima domenica dopo la Trinità; tuttavia l'ulteriore precisazione apposta "et in Ogni Tempo" indica, che la Cantata, eseguita forse per la prima volta il 17 settembre 1730, poteva essere riproposta anche in altre occasioni liturgiche, tanto più che nel testo - di autore anonimo -.mancano riferimenti precisi alla severa lettura evangelica del giorno, tratta dal "Discorso della Montagna" (Matteo 6, 24-34).

L'impegno virtuosistico richiesto ai due solisti, specie nei due movimenti esterni, è tale da far pensare che Bach scrisse questa cantata avendo in mente degli esecutori ben precisi. Mentre per la parte della tromba è facile pensare a Gottfried Reiche, uno dei più noti strumentisti allora attivi a Lipsia, per quella del soprano, che nei brani di apertura e di chiusura si spinge fino al do sopra il rigo non è possibile fornire indicazioni sufficientemente precise: recentemente è stato proposto, tra gli altri, il nome del castrato Giovanni Bindi, affermatosi da poco tempo a Dresda, dando corpo all'ipotesi che questa Cantata sia stata originariamente destinata alla corte sassone più che al regolare servizio liturgico in una delle due chiese di Lipsia.

La Cantata, l'unica scritta da Bach per una tale combinazione vocale-strumentale, si compone di tre arie separate da un recitativo e da un corale. Nell'aria di apertura (Jauchzet Gott in allen Landen), la struttura con il "da capo", con modulazione al tono relativo di la minore, si fonde con quella di un allegro da concerto. L'esortazione a lodare Dio per la sua eterna bontà e misericordia si traduce nella gioiosa contrapposizione del motivo "a fanfara" dell'orchestra con le agili colorature del soprano, riprese per terze o con brevi imitazioni dalla tromba (e nella parte centrale dell'aria dai violini primi). Nel recitativo successivo (Wir beten zu dem Tempel an), che può essere meglio definito come un arioso accompagnato, l'intenso canto del solista, sostenuto prima dalle semplici ma espressive crome ribattute degli archi e poi dal solo basso continuo, si scioglie nella seconda parte del brano in capricciosi melismi posti sulla parola "lallen" (ossia balbettare), ad esprimere l'incapacità umana a descrivere i miracoli divini. Nella seconda aria (Höchster, mache deine Gute), anch'essa con il "da capo", l'invito rivolto al Signore a rinnovare perennemente la sua bontà, si esprime musicalmente in un brano costruito su un basso ostinato variato e su un morbido ritmo di siciliana. Dopo l'intonazione della strofa supplementare del corale Nun lob, mein Seel, den Herren (Sei Lob und Preis mit Ehren), affidata non al coro ma al soprano sostenuto dall'intensa elaborazione contrappuntistico-imitativa dei primi e secondi violini, si passa senza interruzione alcuna al virtuosistico Alleluja, finale, proposto in un fugato estremamente libero: le ampie colorature e i brillanti interventi della tromba restituiscono a questo inno di ringraziamento e di lode lo stesso tono di chiara luminosità ed esuberanza con il quale era iniziato, chiudendo l'intera Cantata in una cornice di mirabile unitarietà espressiva.

Marco Carnevali

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Gli anni di Lipsia (1723-1750) costituiscono il culmine dell'attività professionale ed artistica di J.S. Bach. Anni difficili, caratterizzati da un'intensa produzione, soprattutto sul versante della musica sacra, dai frequenti contrasti con i rettori della Thomasschule presso la quale Bach effettuava l'ufficio di Cantor (compositore, didatta e direttore musicale), dal progressivo accrescersi della famiglia e dal mai sopito desiderio di trovare impieghi di maggiore soddisfazione in città musicalmente più vive ed aggiornate della piccola, isolata, provinciale Lipsia (a Dresda, ad Amburgo ecc.). Gli impegni presso la Thomasschule ed il ruolo di personalità fra le più autorevoli della vita musicale lipsiense favorirono l'incremento della produzione bachiana di musiche ufficiali sacre (le oltre 200 cantate per la liturgia domenicale protestante) e profane (cantate cerimoniali e celebrative). La Cantata BWV 51, "Jauchzet Gott in alien Landen", appartiene al primo gruppo. E' una cantata composta per la quindicesima domenica dopo la Trinità ed ebbe la sua prima esecuzione il 17 settembre del 1730; il suo testo poetico parafrasa ed in parte cita le letture evangeliche previste per la detta festività ma la moderazione con cui ciò vien fatto rende la cantata, per esplicita indicazione dell'autore, eseguibile in qualsiasi momento dell'anno liturgico. La cantata è scritta per soprano, tromba, archi e continuo; cosa poco men che rara in Bach, è priva del coro. Sua caratteristica principale è l'antagonismo fra la voce e la tromba che si sfidano con le rispettive peculiarità virtuosistiche nel primo e nell'ultimo brano della composizione, secondo una cifra stilistica di matrice più profana che sacra ed assai frequentata dai musicisti italiani (basti qui rammentare la celebre "Su le sponde del Tebro" di Alessandro Scarlatti) che privilegia le seduzioni di funambolici atletismi esecutivi vocali e strumentali in competizione. La parte per tromba di questa cantata potrebbe essere stata pensata per Johann Gottfried Reiche, capo degli Stadtpfeifern di Lipsia ed uno fra i più noti strumentisti della città. I brani che costituiscono la cantata sono l'aria d'apertura, un recitativo accompagnato per soprano ed archi, un'aria in 12/8 in stile di siciliana per soprano e continuo ed un corale per soprano due violini e continuo concluso da un vibrante "Allelujah" fugato in cui la tromba torna a competere con la voce.

Franco Piperno

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

La cantata bachiana Jauchzet Gott in allen Landen Bwv 51, è una composizione misteriosa quanto ad origine e destinazione. La s'ipotizza eseguita a Lipsia il 17 settembre 1730 per la XV Domenica dopo la Trinità, e sicuramente fu impiegata anche in seguito in un contesto liturgico. Pare tuttavia improbabile che un ruolo vocale tanto virtuosistico, che tra l'altro raggiunge per tre volte e per salto il do sovracuto, sia stato concepito per la voce bianca di uno dei fanciulli cantori della Thomasschule per i quali nacquero i capolavori lipsiensi di Bach. È dunque ipotizzabile un'originaria destinazione cxtraliturgica, all'interno d'una Corte (quella di Weißenfels, per la quale nel 1729 Bach scrisse la Cantata Bwv 210, o magari quella di Weimar di tre lustri prima, cui potrebbero risalire i primi tre movimenti della cantata) o di un'istituzione concertistica (il CoIIegium Musicum di Lipsia diretto da Bach sempre dal 1729), dove sarebbe stato impiegato un cantante donna o un castrato - esattamente come nel teatro d'opera coevo. Comunque sia, la composizione mostra una natura estetica eccezionale che fonde due tradizioni differenti. La struttura fondamentale va ricondotta al citato modello del mottetto solistico, coltivato assiduamente negli ospedali veneziani, di cui Bach adotta la sequenza quadripartita (aria-recitativo-aria-alleluja), applicandola tuttavia a una lingua differente (tedesco, non latino) e interpolandovi il corale, elemento a lui carissimo, tipico della cantata luterana e perciò del tutto eterogeneo rispetto al modello italiano.

La varietà di forme e tecniche compositive del tardo barocco è poi ben rappresentata dai cinque tempi della cantata: la scrittura moderna con tromba e violino concertanti nella prima aria, la monodia accompagnata nel recitativo e arioso col basso continuo, le variazioni sul basso ostinato nella seconda aria, il corale figurato, integrato in una struttura strumentale da sonata a tre, e infine, simmetricamente all'esordio, nuovamente la scrittura concertante dell'Alleluia conclusivo, ma coniugata con la forma del fugato. La cantata si presta inoltre a essere interpretata come una latente struttura ternaria analoga al concerto strumentale, in cui la prima aria funga da Allegro iniziale, il complesso recitativo - seconda aria unificato dall'accompagnamento del solo continuo, da intimistico e contrastante tempo centrale nel tono relativo minore, mentre il corale e l'Alleluia prescritti senza soluzione di continuità, costituiranno l'Allegro conclusivo, ancora nella tonalità base di do maggiore. Una tripartizione che corrisponderebbe inoltre al piano tematico della cantata, in cui un'umile professione di fede di toccante autenticità è incastonata tra due perentorie confessioni di lode. Se la prima aria rinnova gli splendori dei Concerti brandeburghesi, col concertino dei tre "strumenti" (soprano, violino e tromba) che compete col tutti orchestrale, il clamore si stempera nel recitativo in cui la voce appoggia la propria intensa perorazione sugli accordi ribattuti degli archi, fino alla trasformazione della scena con l'arioso accompagnato dal solo continuo, idealmente protratto nell'aria omogenea per organico, tonalità e atteggiamento espressivo: un intimo Wiegenlied della coscienza, tradotto in un nastro vocale di rasserenante distensione. Riguadagnato il do maggiore d'impianto i due violini innescano un fidente gioco imitativo al quale la voce sovrappone l'intonazione del corale. La cantata culmina nella monumentale realizzazione dell'Alleluia conclusivo, il cui tema, scagliato dal soprano nel silenzio dell'orchestra, è prontamente raccolto dalla tromba concertante e dal tutti degli archi, coinvolti in un fugato tanto concitato quanto efficace.

Raffaele Mellace


(1)  Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 17 aprile 1998
(2)  Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 4 febbraio 1987
(3)  Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 227 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 6 settembre 2017