Questa composizione è un mottetto su testo tedesco a cappella, per doppio coro a 8 voci, e appartiene al periodo 1726-27. Il testo è ricavato per il primo coro doppio ("Singet dem Herrn ein neues Lied") dal Salmo 149, 1-3; il corale "Wie sich ein Vater erbarmet" è di Johann Gramann (1530); l'aria "Gott, nimm dich ferner unser an!" di anonimo; l'ultimo coro proviene dal Salmo 150, 2, 6. Per una notizia di carattere generale ricordiamo che ai tempi di Bach il mottetto era in disuso anche perché la cantata, o la Kirchenmusik, aveva preso un ruolo preciso nella liturgia protestante. Quando poi nella pratica liturgica servivano dei mottetti, si ricorreva più spesso a modelli antichi, soprattutto al Florilegium Portense di Bodenschatz (1603 e segg.), ma in alcune occasioni se ne componevano anche di nuovi, ad esempio per i funerali di persone importanti. Per quanto la forma sia a cappella, esistono alcuni casi di accompagnamento strumentale anche in Bach. In genere i pochi mottetti che ci sono rimasti di Bach si differenziano dai modelli del primo barocco per un problema soprattutto di dimensioni, poiché la differenza fra mottetto e cantata rimane, nell'epoca bachiana, più un problema di destinazione dell'opera che di forma.
Quello in programma è il primo dei sette mottetti pubblicati nel 1965 da Ameln. Per il carattere giubilante dell'opera si è pensato che il mottetto fosse stato preparato per il Capodanno del 1727; si tratta però di una ipotesi che non ha fondamento, come quella della celebrazione del genetliaco della principessa Charlotte Friederica Wilhelmine di Anhalt-Cöthen. Possibile invece che il destinatario sia stato il duca Friedrich August I, di passaggio a Lipsia. E' il mottetto più elaborato, fra quelli bachiani, in modo particolare nei due doppi cori ("Singet dem Herrn" e "Lobet der Herrn", in terza posizione), di una densa scrittura contrappuntistica. Nella parte centrale ci sono il corale (solo II coro) e l'aria (solo I coro). In conclusione i due cori ancora insieme sono protagonisti di una fuga a quattro voci, fino al coronamento dell'Alleluia.
Roberto Chiesa
Il mottetto è la forma più antica della musica polifonica europea. La sua storia inizia nel XII secolo e si sviluppa senza interruzione fino ai nostri giorni, pur con i mutamenti dovuti alle diverse epoche e alle varie scuole, come ad esempio quella fiamminga di Guillaume Dufay e quella rinascimentale di Orlando di Lasso, di Palestrina e di Andrea e Giovanni Gabrieli. Nel mottetto il contrappunto delle voci gioca un ruolo fondamentale per consentire al compositore una sempre più completa aderenza al testo poetico. Nel Settecento il mottetto era un elemento fisso dei servizi religiosi e veniva eseguito dopo il preludio d'organo introduttivo, mentre la cantata, che era il pezzo musicale più importante, veniva inserita tra la lettura del Vangelo e la predica. In quel periodo le voci erano esclusivamente bianche maschili, sostenute da un basso continuo formato dall'organo e dagli archi bassi, come la viola da gamba e il violone. Per questa sua specifica caratterizzazione l'esecuzione dei mottetti era riservata a sopranisti, contraltisti, tenori e bassi di particolare qualità e timbro vocale. Lo stesso Bach mostrò interesse verso il genere "mottetto"e ne scrisse molti di notevole valore espressivo e non destinati necessariamente alla funzione religiosa. Infatti i mottetti bachiani furono composti per eventi speciali, secondo quanto risulta agli studiosi della produzione del musicista di Eisenach.
Dei sei pervenutici (gli altri sono andati smarriti), il mottetto "Singet dem Herrn ein neues Lied" fu composto probabilmente per la Messa di Capodanno del 1746, che fu celebrata in modo festoso per via del trattato di pace di Dresda, stipulato pochi giorni prima tra la Prussia e l'Austria. Gli altri cinque mottetti furono scritti tra il 1723 e il 1729, nello stesso arco di tempo nel quale furono elaborate molte Cantate sacre e le grandi Passioni. Nei mottetti bachiani non ci sono arie, duetti e parti strumentali obbligate; d'altra parte è presente la forma dell'aria con il da capo, che è la più italianizzante fra quelle entrate nei generi sacri e profani della musica tedesca e di altri paesi. L'elemento fondamentale e coagulante del mottetto di Bach è la melodia di corale in una struttura polifonica di ampia articolazione e arricchita da episodi fugati o da vere e proprie fughe.
Questo mottetto risponde a questa ricchezza polifonica, unita ad una fresca ispirazione melodica che a suo tempo fu ammirata dallo stesso Mozart durante una visita nel 1789 alla Thomasschule di Lipsia, come ha lasciato scritto un testimone oculare, l'allora scolaro della Thomasschule Friedrich Rochlitz. Mozart esaminò con cura le parti delle voci, si rese conto dell'invenzione bachiana e poi chiese una copia dei mottetti.
Il mottetto "Singet dem Herrn ein neues Lied" è destinato a due cori distinti a quattro voci. La vasta pagina si innerva intorno al nucleo centrale, costituito da un Corale a quattro voci affidato al secondo Coro mentre il primo Coro inserisce, nelle lunghe pause fra un versetto e l'altro, delle ricche variazioni contrappuntistiche. Il Corale è preceduto da un grande coro che sfrutta abilmente e grandiosamente gli effetti di imitazione fra i due Cori, riunendo poi questi in una fuga spettacolare.
Del Mottetto Singet dem Herrn ein neues Lied non si conoscono né la data né le circostanze in cui fu composto. Recenti ricerche, in base anche all'esame della carta dell'autografo bachiano, lo farebbero risalire al Capodanno 1727, o più probabilmente alle cerimonie solenni con cui l'Università e il Consiglio cittadini festeggiarono il 12 maggio 1727 il compleanno del re Augusto di Sassonia, giunto a Lipsia per presenziare a una Messa di ringraziamento dopo esser stato gravemente ammalato. Il lavoro, per doppio coro a quattro parti, è articolato in tre sezioni. La prima è un ampio e vigoroso inno di lode, sui primi tre versetti del Salmo 149. La seconda, di tono più profondo e meditativo, è costruita in modo abbastanza inconsueto: al primo dei due cori è affidata l'«Aria» Gott, nimm dichferner unser an, su testo di autore ignoto, mentre al secondo tocca intonare una strofa (Wie sich ein Vater erbarmet) dal corale Nun lob, mein Seel, den Herrn di Johann Gramann; due testi poetici e musicali diversi, che si intarsiano e sovrappongono con solido magistero. La terza sezione è a sua volta suddivisa in due parti, basate rispettivamente sul secondo e sul sesto versetto del Salmo 150: torna lo spirito giubilante dell'inizio, dapprima su movenze quasi di danza, poi in una imponente fuga a quattro sulle stesse parole di lode (Alles was odem hat, lobe den Herrn) che più di cent'anni dopo Mendelssohn avrebbe impiegato in quella grandiosa celebrazione romantica della religiosità tedesca che è il Lobgesang: la realizzazione musicale ricorda in qualche cosa la fuga al Sanctus nella assai più tarda Messa in si minore.
Daniele Spini