Der Geist hilft unsrer Schwachheit auf, BWV 226

Mottetto in si bemolle maggiore per due cori e orchestra

Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
Testo: Martin Lutero
Occasione: commemorazione funebre del professore e rettore Johann August Ernest I
  1. Der Geist hilft unsrer Schwachheit auf
    Coro in si bemolle maggiore per 2 cori
  2. Der aber die Hersen forschet, der weiss
    Coro in si bemolle maggiore per 2 cori
  3. Du heilige Brunst, süsser Trost
    Corale in si bemolle maggiore per 2 cori
Organico: 2 cori misti, 2 oboi, oboe da caccia, fagotto, 2 violini, viola, violoncello, violone, basso continuo
Composizione: Lipsia, 1729
Prima esecuzione: Lipsia, Paulinerkirche, 24 ottobre 1729
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1803
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il mottetto è la forma più antica della musica polifonica europea. La sua storia inizia nel XII secolo e si sviluppa senza interruzione fino ai nostri giorni, pur con i mutamenti dovuti alle diverse epoche e alle varie scuole, come ad esempio quella fiamminga di Guillaume Dufay e quella rinascimentale di Orlando di Lasso, di Palestrina e di Andrea e Giovanni Gabrieli. Nel mottetto il contrappunto delle voci gioca un ruolo fondamentale per consentire al compositore una sempre più completa aderenza al testo poetico. Nel Settecento il mottetto era un elemento fisso dei servizi religiosi e veniva eseguito dopo il preludio d'organo introduttivo, mentre la cantata, che era il pezzo musicale più importante, veniva inserita tra la lettura del Vangelo e la predica. In quel periodo le voci erano esclusivamente bianche maschili, sostenute da un basso continuo formato dall'organo e dagli archi bassi, come la viola da gamba e il violone. Per questa sua specifica caratterizzazione l'esecuzione dei mottetti era riservata a sopranisti, contraltisti, tenori e bassi di particolare qualità e timbro vocale. Lo stesso Bach mostrò interesse verso il genere "mottetto"e ne scrisse molti di notevole valore espressivo e non destinati necessariamente alla funzione religiosa. Infatti i mottetti bachiani furono composti per eventi speciali, secondo quanto risulta agli studiosi della produzione del musicista di Eisenach.

Dei sei pervenutici (gli altri sono andati smarriti), il mottetto "Singet dem Herrn ein neues Lied" fu composto probabilmente per la Messa di Capodanno del 1746, che fu celebrata in modo festoso per via del trattato di pace di Dresda, stipulato pochi giorni prima tra la Prussia e l'Austria. Gli altri cinque mottetti furono scritti tra il 1723 e il 1729, nello stesso arco di tempo nel quale furono elaborate molte Cantate sacre e le grandi Passioni. Nei mottetti bachiani non ci sono arie, duetti e parti strumentali obbligate; d'altra parte è presente la forma dell'aria con il da capo, che è la più italianizzante fra quelle entrate nei generi sacri e profani della musica tedesca e di altri paesi. L'elemento fondamentale e coagulante del mottetto di Bach è la melodia di corale in una struttura polifonica di ampia articolazione e arricchita da episodi fugati o da vere e proprie fughe.

Questo mottetto risponde a questa ricchezza polifonica, unita ad una fresca ispirazione melodica che a suo tempo fu ammirata dallo stesso Mozart durante una visita nel 1789 alla Thomasschule di Lipsia, come ha lasciato scritto un testimone oculare, l'allora scolaro della Thomasschule Friedrich Rochlitz. Mozart esaminò con cura le parti delle voci, si rese conto dell'invenzione bachiana e poi chiese una copia dei mottetti.

Del mottetto "Der Geist hilft unserer Schwachheit auf" si conosce la data precisa perché una nota, sulla copertina che racchiude le parti autografe, informa che l'opera fu eseguita nella Chiesa Universitaria di San Paolo il 24 ottobre del 1729 durante l'ufficio funebre del Rettore Ernst I.

La formulazione strutturale di questo mottetto è analoga a quella già esaminata nel precedente [vedi BWV 225, n.d.r.] con il Corale come ultimo brano.

Questo grande mottetto è storicamente molto importante perché la partitura autografa mostra - oltre alle parti per canto - le parti per 9 strumenti, destinati a sostenere e raddoppiare le parti del canto, e un basso numerato per organo, come una specie di compromesso tra i bassi dei due Cori.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Dopo la morte di Johann Sebastian Bach (1685-1750), la maggior parte delle sue opere sacre fu pressoché dimenticata e dovette attendere l'avvento del romanticismo per essere almeno in parte riscoperta. Solo i Mottetti continuarono ad essere eseguiti e conosciuti, durante tutto il Settecento, in forza di una tradizione che assegnava ancora un ruolo importante alla pratica dei cosiddetti Sonnabend-Motetten, ovvero ai mottetti che si intonavano nei Vespri del sabato, ma anche in virtù della particolare concezione stilistica che unisce in quelli composti da Bach la più rigorosa disciplina contrappuntistica a una spiccata cura per la melodia, generando una straordinaria fusione di stile antico e gusto "moderno". Nel Settecento, i Mottetti divennero così uno dei pochi punti di riferimento per coloro che intendessero studiare l'opera vocale di Bach, e non sorprende il fatto che all'inizio dell'Ottocento, in coincidenza con la sistematica rinascita dell'interesse per Bach, i Mottetti figurassero come la prima serie di opere vocali ad essere pubblicata in partitura, nel 1803, a cura di Johann Gottfried Schicht, per l'editore Breitkopf & Härtel di Lipsia.

Durante la sua vita Bach non si era dedicato con particolare assiduità a questo genere musicale, in quel tempo l'eredità più importante dell'antica tradizione sacra. Secondo una prassi ormai ben consolidata, infatti, gli usi correnti della liturgia venivano soddisfatti facendo ricorso a una serie di antichi repertori, dai quali si traevano i brani che dovevano essere eseguiti tutte le domeniche, all'Introito e alla Comunione, nei Vespri e in alcune delle occasioni celebrative minori. A Bach, che in qualità di Kantor della chiesa di San Tommaso era responsabile delle esecuzioni musicali in ciascuna di queste occasioni, non restava di norma che scegliere fra gli antichi mottetti riportati nel Florilegium Portense, un repertorio del 1618 compilato da Erhard Bodenschatz, oppure nel Neu Leipziger Gesangbuch realizzato nel 1682 da Gottfried Vopelius, al quale Bach avrebbe attinto anche per i temi di numerosi corali. Da queste raccolte venivano tratte opere di antichi maestri italiani e tedeschi, con la tendenza a favorire sempre più nella scelta i mottetti che questi ultimi avevano composto su testi in tedesco, ricavati a loro volta dai salmi, da passi biblici in genere o dalla poesia sacra originale, quella dei cosiddetti Kirchenlieder. Il dovere di comporre brani originali si limitava dunque per Bach a poche occasioni, nelle quali egli poteva disporre oltretutto di un coro molto più ampio di quello corrente. E' dunque comprensibile che il catalogo delle opere bachiahe si riveli piuttosto avaro nel caso dei Mottetti. Le prime testimonianze storiche riferiscono di un corpus costituito complessivamente da undici lavori soltanto, alcuni dei quali a doppio coro. Gli studi più aggiornati limitano invece ad otto il numero complessivo dei mottetti giudicati autentici, sei dei quali fanno parte della serie pubblicata da Schicht nel 1803.

Nonostante il numero relativamente esiguo dei mottetti effettivamente composti da Bach, l'interesse del musicista per questo genere musicale si riflette in molte altre sue opere, nelle quali o si trovano impiegati gli stessi principi di organizzazione del materiale musicale che sono tipici del mottetto, o viceversa si rintracciano esempi di scrittura che Bach avrebbe poi riutilizzato nei Mottetti. Si può dire anzi che l'intima unità e l'originalità della concezione di questi brani dipendano in gran parte proprio dallo stretto legame con il resto della produzione vocale, bachiana. Se si pensa infatti ai modelli del cosiddetto Stylus antiquus di ascendenza palestriniana, ai florilegi del contrappunto fiammingo o al ricco interscambio delle masse corali proveniente dall'antica scuola veneziana, l'influenza dello stile mottettistico si può riscontrare nella grande Messa in si minore BWV 232 e in numerosi altri brani minori. Se però si considera la struttura interna dei mottetti bachiani, la loro articolazione formale spesso simile a quella di una successione di "movimenti", talvolta realizzati con opzioni linguistiche ed espressive differenti, allora non si può disconoscere neppure l'influenza esercitata su queste opere dal grande lavoro di ricerca compiuto da Bach nelle sue Cantate. Qui la fusione di una logica compositiva arcaica e di uno spirito drammatico piuttosto accentuato aveva portato Bach alla creazione di un organismo sonoro complesso, capace di accogliere in sé spinte e motivazioni diverse, senza nulla perdere della propria coesione costruttiva. Ora lo stesso avviene nei Mottetti, nei quali anzi la più chiara riconoscibilità di un'impostazione stilistica rivolta verso un modello antico, consente all'autore un uso particolarmente intenso del contrappunto, coniugato con quella «impressionante invenzione di figure» che - secondo il parere del musicologo Alberto Basso - ha reso i Mottetti di Bach «le più stupefacenti creazioni nel campo della polifonia vocale» del suo tempo. Il profondo rapporto con il genere della cantata, sottolineato già dai primi studiosi dell'opera di Bach, ha impresso alla pratica del Mottetto una svolta dinamica: il corso di queste composizioni è diventato infatti con Bach più vario e accidentato, trasformando anche la semplice variazione dei movimenti e della struttura ritmica in un elemento portante dell'intero edificio musicale.

Fino a poco tempo fa, sulla scorta di una visione fortemente idealizzata della musica vocale sei e settecentesca, era comune l'esecuzione dei Mottetti di Bach con il solo coro a cappella, cioè privo di accompagnamento strumentale. Oggi è invece attestata la più verosimile pratica di accompagnare l'esecuzione con uno strumento che realizzi il basso continuo (organo o clavicembalo, eventualmente sostenuti dal violone) e con strumenti ad arco che raddoppiano la linea delle voci procedendo, come si suol dire, «colla parte». Le partiture autografe e le più antiche testimonianze a riguardo attestano esplicitamente l'uso degli strumenti solo nel caso dei Mottetti Ber Geist hilft BWV 226 e Fürchte dich nicht BWV 228, anche se in questo è possibile che gli archi siano stati aggiunti da uno dei figli di Bach, Carl Philipp Emanuel. Anche negli altri casi, tuttavia, è attendibile l'ipotesi che stabilisce comunque l'intervento di un accompagnamento che all'epoca di Bach poteva anche non essere esplicitamente indicato, poiché dipendeva più dalle circostanze dell'esecuzione e dagli organici che si avevano effettivamente a disposizione, che non da una rigida regola di comportamento.

Der Geist Hilft unserer Schwachheit BWV 226 è un mottetto ad otto voci divise in due cori ed è l'unico che preveda espressamente l'impiego di un gruppo di legni (2 oboi, taille e fagotto) in raddoppio del primo coro. E' stato composto in occasione del servizio funebre per il rettore della scuola di San Tommaso Johann Heinrich Ernesti ed eseguito pochi giorni dopo la sua morte, nell'ottobre del 1729. Il testo è basato su due versetti della Lettera ai Romani (8, 26-27) e su un corale di Lutero, Komm, Heilinger Geist, Herre Gott. L'inizio ha un carattere concertistico e riproduce la tipica spezzatura delle frasi di un doppio coro, mentre la parte successiva - corrispondente al secondo versetto - prevede la riunione dei cori in un passaggio di tipico gusto tardo rinascimentale. Il finale è basato semplicemente sull'armonizzazione del corale.

Stefano Catucci

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Un'annotazione sulla coperta che racchiude le parti autografe, ci informa che il Mottetto Der Geist hilft unsrer Schwachheit auf (Lo Spirito soccorre la nostra debolezza) fu composto «per il servizio funebre del defunto Professore e Rettore Ernesti». Oltre che rettore della scuola di San Tommaso (e in questa veste si era trovato a dare a Bach parecchie noie, per la verità), Johann Heinrich Ernesti era stato professore di poesia all'Università di Lipsia, che volle commemorarlo il 24 ottobre 1729 con solenni funerali accademici: come Kantor di San Tommaso Bach era tenuto a provvedere anche alle funzioni religiose dell'Università, e fu dunque incaricato di comporre un Mottetto adatto alla circostanza. Come abbiamo già detto, ci sono rimaste le parti dell'accompagnamento strumentale di questo Mottetto, che ebbe un'esecuzione particolarmente grandiosa: al coro dei «Thomaner» si unirono nella Paulinerkirche, annessa all'Università, i musici del senato accademico. Le parti strumentali hanno lo scopo di rinforzare e arricchire timbricamente quelle dei due cori: gli archi accompagnando il primo di essi, i legni (due oboi, oboe da caccia e fagotto) il secondo, mentre un basso numerato affidato all'organo funge da sostegno al tutto, realizzando un compromesso fra i bassi del primo e del secondo coro. I successori di Bach peraltro lo eseguirono sempre con le sole voci. La prima parte del Mottetto è un doppio coro, basato sul versetto 26 dell'ottavo capitolo dell'Epistola ai Romani; il versetto successivo è viceversa realizzato in una rigorosa fuga a quattro voci. Il Mottetto, che Albert Schweitzer considerò «l'espressione più pura e completa del misticismo del maestro» si conclude con un corale: la melodia è quella Komm, heiliger Geist, Herre Gott, il testo è dato dalla terza strofa dell'inno di Pentecoste scritto da Lutero nel 1524.

Daniele Spini

Testo

Der Geist hilft unsrer Schwachheit auf,
denn wir wissen nicht, was wir beten sollen,
wie sich's gebühret; sondern der Geist selbst
vertritt uns aufs beste mit unaussprechlichem
Seufzen.
Der aber die Herzen forschet, der weiss,
was des Geistes Sinn sei,
denn er vertritt die Heiligen nach dem,
das Gott gefället.

Du heilige Brunst, süsser Trost,
nun hilf uns frölich und getrost
in dein'm Dienst veständig bleiben,
Die Trübsal uns nicht abtreiben.
O Herr, durch dein Kraft uns bereit
und stärk des Fleisches Blödigkeit,
dass wir hier ritterlich ringen,
durch Tod und Leben zu dir dringen,
Halleluja, halleluja.
Lo spirito viene in aiuto alla nostra debolezza,
perché noi non sappiamo cosa dobbiamo chiedere
nelle nostre preghiere; ma lo Spirito stesso
intercede al meglio per noi con ineffabile
sospiro.
Ma colui che sa scrutare nei cuori, sa
qual'è il pensiero dello Spirito,
poiché intercede per i Santi, secondo
il volere di Dio.

O santo fervore, dolce conforto,
aiutaci ora a restare con gioia e fiducia
sempre, costantemente al tuo servizio,
per non deflettere per la tristezza.
0 Signore, con la forza tua preparaci
e rinvigorisci la debolezza della nostra carne,
affinché si possa su questa terra validamente lottare,
per raggiungere te attraverso la morte e la vita.
Alleluia, alleluia.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 13 maggio 1992
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 10 dicembre 1992
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 5 novembre 1980


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Ultimo aggiornamento 17 novembre 2017