Ouverture n. 2 in si minore per flauto e orchestra, BWV 1067


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Ouverture
  2. Rondeau
  3. Sarabande
  4. Bourrées I e II
  5. Polonaise & Double
  6. Menuett
  7. Badinerie
Organico: flauto traverso, 2 violini, viola, continuo
Composizione: 1735 circa
Edizione: Peters, Lipsia, 1853
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nessuno potrà mai dire a quale ritmo e con quale intensità Johann Sebastian Bacii s'impegnò a Köthen nella produzione di musiche per la camera del principe e per il locale Collegium musicum. Il fascicolo dei cosiddetti Concerti Brandeburghesi (in realtà, Six Concerts avec plusieurs instruments alla francese) è accompagnato da un manipolo disperato di superstiti concerti nello stile italiano e dal gruppo, forse, delle quattro Suites o Ouverture sulla cui collocazione cronologica sussistono per altro non poche perplessità. Fra i concerti solistici solamente tre sono giunti sino a noi nella loro versione originale per violino (i concerti BWV 1041 e 1042) o per due violini (BWV 1043), mentre di altri concerti noi conosciamo solamente le versioni per uno o più cembali realizzate per il Collegium musicum di Lipsia che Bach diresse negli anni 1729-1737 e poi nuovamente fra il 1739 e il 1744.

Fra le Ouvertures, un posto singolare occupa sicuramente la Seconda, in si minore (BWV 1067) a motivo della presenza di uno strumento solista, il flauto traverso. Composta forse negli ultimi tempi del soggiorno a Köthen in qualità di Kapellmeister al servizio del principe Leopold di Anhalt-Köthen, e dunque intorno al 1722-23 (il trasferimento a Lipsia avvenne nel maggio del 1723), l'opera rappresenta la conferma dell'attenzione che Bach prestava non solo alle maniere italiane, ma anche al gusto francese allora dilagante in tutta la cultura germanica. Ogni corte, grande o piccola che fosse, intendeva dimostrare di volersi correttamente adeguare al fastoso modello francese di Versailles anche sul fronte della musica. Ai musicisti tedeschi e a quelli che le corti tedesche chiamavano dalla Francia era fatto obbligo, vero e proprio onere professionale, di adeguarsi ai modelli strumentali forniti da Lully: lo imponeva la moda, e lo spirito della danza - che di quella moda era il riflesso più immediato e spontaneo - era divenuto un punto obbligato del discorso musicale, tanto da contaminare anche l'incipiente forma del concerto e indurre Bach col primo dei Brandeburghesi a creare una «ingeniosa mescolanza», uno «stile mischiato», come avrebbe potuto dire Georg Muffat, che del goût francese era stato conoscitore profondo. Tracce di quella curiosa combinazione di stili si possono rinvenire anche nella Seconda Ouverture che in qualche momento tratta le danze francesi sovrapponendo alle maniere a loro congeniali (per un compatto insieme strumentale) passaggi solistici italianeggianti.

È caratteristico delle Ouvertures in senso proprio (vale a dire del primo movimento, che dà il nome anche all'intera composizione) l'essere state tutte concepite nello stile "sublime", con aulica pompa e incedere solenne; la tentazione per una parata musicale di gusto esteriore e decorativa, tuttavia, viene temperata dall'inserimento di episodi concertanti all'interno della sezione "fugata" (quella centrale) per la cui realizzazione Bach prescrive di volta in volta organici diversi. Nella Seconda di queste ouvertures la funzione concertante non viene affidata ad un gruppo di strumenti, come accade.nella Prima (2 oboi e fagotto), nella Terza (2 violini e viola) o nella Quarta (3 oboi e fagotto prima, 2 violini e viola poi), bensì ad un unico strumento, il flauto traverso, che poi si renderà protagonista, nel corso della composizione, di altri interventi solistici, sicché l'opera si presenta sotto il segno del virtuosismo, talvolta in maniera anche vistosa, considerando la funambolica velocità di base che in taluni momenti viene impressa.

Fra gli altri movimenti della Suite, quello in seconda posizione, il Rondeau, non è propriamente una danza, ma il tempo è quello di una danza dal ritmo ben marcato e vigoroso. Seguono una Sarabande (è da notare che l'Allemande non figura in nessuna delle quattro Suites), una Bourrée I e II (tale danza è invece l'unica ad essere presente in tutte le quattro Ouvertures), una Polonaise con il suo double (e cioè la versione abbellita), un Menuet e, in chiusura, una Badinerie, forma di danza a carattere scherzoso, in 2/4, di raro impiego al di fuori del repertorio ballettistico seicentesco.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La produzione di musica profana, strumentale e da camera, occupò una larga parte dell'attività di Bach, specie durante i suoi primi anni di lavoro, quando prestava servizio in piccole corti tedesche come quella di Anhalt-Köthen. Essa tornò inoltre a rappresentare un capitolo consistente della sua opera negli ultimi tempi del lungo soggiorno a Lipsia, quando destinò brani già composti o ne scrisse di nuovi per il Collegium Musicum, uno di quei complessi orchestrali tipicamente tedeschi, formati per lo più da studenti e da buoni dilettanti, ai quali era delegata l'esecuzione di musica strumentale al di fuori delle chiese e delle corti, dunque nelle sale o nei giardini dei caffè. Bach diresse il principale Collegium Musicum di Lipsia dal 1729 al 1740, sembra dedicando a questa occupazione anche più impegno di quanto non ne profondesse per la direzione della cantoria di San Tommaso.

La serie delle Suites per orchestra BWV 1066-1069 è da questo punto di vista esemplare: scritte fra il 1717 e il 1723 presso la corte di Anhalt-Köthen, esse furono poi riadattate per il Collegium Musicum di Lipsia. Poiché questa operazione venne condotta direttamente sui vecchi manoscritti, oggi risulta pressoché impossibile tornare a distinguere le versioni originarie, tanto che comunemente si eseguono le partiture di Lipsia, talvolta segnalando le possibili differenze di organico tra le due versioni.

La Suite n. 2 assegna al flauto traverso una chiara funzione concertante che non è perfettamente in linea con la tradizione della suite, ma che invece è coerente con l'idea di quella sintesi fra i diversi generi di musica strumentale che per Bach rappresentava un obiettivo fin dai primi anni di lavoro. L'inizio è una tipica ouverture alla francese, in stile solenne, o come si diceva all'epoca "sublime", riferendo questo termine alla pratica di eseguire simili introduzioni in rapporto all'allestimento di uno spettacolo teatrale. Bach rispetta l'articolazione in tre sezioni del modello derivato da Lully, anche se nell'ultima, che dovrebbe limitarsi a riprendere l'esposizione di apertura, introduce una sensibile modifica del ritmo. La condotta delle parti, l'orchestrazione pur sempre di dimensioni cameristiche, oltretutto tenuta compatta da Bach lungo tutta la composizione (con l'unica eccezione della Polonaise e del Double), infine la presenza dello strumento concertante, testimoniano non solo l'immissione di elementi stilistici estranei alla tradizione francese e che accennano piuttosto alle novità dello stile italiano, ma danno all'intera opera un'espressione di carattere intimista che poco si adatta, in linea di principio, con l'esuberanza mondana che sarebbe tipica della "galleria" di danze rappresentata dalla suite. Dopo l'ouverture, la Suite n. 2 prosegue con un Rondeau in tempo di gavotta, una danza molto marcata nella quale Bach mantiene saldo il riferimento allo stile francese, quindi con una vivace Sarabande alla quale egli sottrae un poco della solennità che essa era venuta acquisendo in teatro, poi con due brillanti Bourrées la cui accoppiata serve anzitutto a dare un effetto di contrasto, lasciando libero corso alle invenzioni timbriche o alle asimmetrie con le quali Bach muta continuamente la distribuzione degli elementi tematici. La Polonaise con variazone (Double) era giudicata dai contemporanei una danza di carattere caloroso e di andamento quasi improvvisativo: Bach regge il gioco di questa impostazione modificando nel Double la base orchestrale, ridotta ormai a un puro sostegno del flauto che esalta il suo ruolo solistico eseguendo liberi arabeschi. Basterebbe ascoltare anche il solo Menuet, con la sua astrazione e la sua perfetta condotta formale, per capire quanto ormai la trama della suite si sia allontanata dal mondo della danza e abbia raggiunto un diverso grado di autonomia formale. Ma Bach sigilla il trionfo virtuosistico di questa composizione con la Badinerie finale, grande pezzo di bravura in cui la ribalta spetta solo al solista.

Stefano Catucci

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

L'Ouverture n. 2 BWV 1067, celebre pagina per flauto concertante e orchestra, avrebbe probabilmente visto la luce in una prima forma in la minore con violino solista composta da Bach alla corte di Köthen, entro il 1722, e fu rielaborata nella versione in si minore col «traversiere», a Lipsia nel 1738/39, epoca alla quale possediamo delle fonti in parte autografe. La presenza dello strumento solista suggerisce a Bach un'interessante commistione tra la forma francese dell'Ouverture e quella italiana del concerto, il cui influsso è percepibile sin dalla pagina d'esordio. Aperta con la tradizionale gestualità solenne del movimento lento introduttivo, l'Ouverture prosegue infatti sul passo leggero di un contrappunto giocoso, una sorta di Allegro di concerto, proponendo una successione di ben cinque Soli del flauto e altrettanti Tutti dell'orchestra in regolare alternanza, finché, con uno scarto rispetto alla tradizione, la sezione conclusiva (Lentement) rifiuta di riprendere con esatta simmetria il primo movimento. Apre le danze un Rondeau in punta di piedi, a ritmo di gavotta, seguito da una severa Sarabande, originale per invenzione ritmica e scrittura polifonica. Un vigoroso salto di quarta ascendente genera la Bourrée su un basso ostinato popolareggiante, cui si opporrà in funzione di trio una seconda Bourrée, guidata dal flauto sulle sincopi dei violini. Anche l'affascinante Polonaise presenta un movimento contrastante prima della sua ripresa: denominato Double, è una pagina per flauto e basso continuo, in cui il tema della Polonaise (già proposto nei modi maggiore e minore) passa suggestivamente all'accompagnamento. In tempo comodo e di grande intensità espressiva, l'unico Menuet precede il memorabile movimento conclusivo: la Badinerie, in cui il flauto è protagonista assoluto di un brillante gioco virtuosistico che corre leggero sul sostegno dinamico degli archi.

Raffaele Mellace


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 1 novembre 1996
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 5 marzo 2000
(3) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 161 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 7 gennaio 2015