Partita n. 2 in re minore per violino solo, BWV 1004


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Allemande
  2. Courante
  3. Sarabande
  4. Gigue
  5. Chaconne
Organico: violino
Composizione: 1720
Edizione: Simrock, Bonn, 1802
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Bach (è noto anche questo aspetto della sua poliedrica personalità) aveva studiato il violino sin da giovane e prima di diventare clavicembalista e organista fu un ottimo e apprezzato violinista. Fra gli strumenti ad arco quello che prediligeva era la viola che nelle esecuzioni cameristiche egli amava suonare perché si sentiva «quasi al centro dell'esecuzione e, percependo tutte le altre parti sopra e sotto la sua, gustava meglio il fascino della polifonia» (Schweitzer). Non era soltanto un abile esecutore, ma anche un perfetto teorico di tutte le risorse tecniche di questi strumenti sui quali trasferì quello stile polifonico che egli usava per le sue composizioni vocali e orchestrali. Né va dimenticato che la tradizione della musica per violino solo era radicata nella cultura tedesca dalla fine del XVII secolo. Mattheson riferisce che Nikolaus Bruhns sedeva a volte con il violino sulla panca dell'organo e con i piedi premeva il pedale, realizzando le successioni armoniche ch'egli otteneva con il suo violino. Nikolaus Strungk avrebbe destato !'ammirazione di Corelli con il suo elegante stile violinistico e inoltre Johann Jakob Walther era divenuto famoso per il suo "Hortulus Chelicus", una raccolta di composizioni per violino pubblicata nel 1694. Naturalmente Bach nello scrivere le Sonate e Partite per violino solo (il titolo autografo suona così: "Sei Solo a violino senza Basso accompagnato. Libro primo da Joh. Seb. Bach. an. 1720") ha tenuto presente la tecnica usata dai suoi predecessori e non è escluso che abbia immaginato un modello ideale di strumentista che, secondo alcuni studiosi dell'opera del musicista di Eisenach, potrebbe essere Johann Georg Pisendel oppure Josephus Spiess. Il primo, allievo di Torelli ad Ansbach e di Vivaldi a Venezia, fu Konzertmeister alla corte di Dresda dal 1712 sino alla morte avvenuta nel 1755: per lui scrissero concerti e sonate diversi autori di valore, fra cui Vivaldi, Albinoni e Telemann. Il secondo, Spiess fu membro della cappella di Federico Guglielmo I a Berlino e stimato Kammermusicus della corte di Köthen. Proprio in quest'ultima città Bach avrebbe composto o finito di comporre nel 1720 le sei composizioni per violino solo, il cui autografo passò per molte mani, rischiando di finire anche come carta da macero. I sei brani furono stampati per la prima volta nel 1802 da Simrock a Bonn e poi nuovamente nel 1854 da Breitkopf a cura di Robert Schumann, che volle arricchirli aggiungendovi un accompagnamento di pianoforte. Il titolo di Sonaten und Partiten, destinato poi a rimanere in tutte le catalogazioni delle opere bachiane, comparve solo nel 1908 nell'edizione curata da Joseph Joachim e Andreas Moser per Bote & Bock di Berlino.

Capolavori indiscussi di cui i più grandi virtuosi dell'archetto si sono impadroniti saggiando su tali lavori le proprie forze e confrontandosi l'un l'altro, le Sonate bachiane (ma il discorso vale anche per le Partite) hanno suscitato sempre diverse riflessioni e considerazioni da parte degli esecutori e dei musicologi. Infatti, come afferma Alberto Basso nel suo monumentale studio sull'opera di Bach, si è molto dissertato sulla singolarità della tecnica virtuosistica usata da Bach in queste pagine per scavare dentro il suono e conferirgli una continuità e unitarietà di discorso musicale. La verità è che «la interpretazione di questi pezzi, che sarebbe incosciente o sciocco considerare come fatti musicali puri e astratti, oggetti da contemplare e venerare senza trame il suono - osserva Basso - è più di tante altre condizionata da questioni di ritmo, di dinamica, di tempo, di ornamentazione, diteggiatura, intonazione, legatura, colpi d'arco, di "scioglimento" delle polifonie, di forma infine. E dove vi è problema è facile che severità e austerità, sacralità persino, prevalgano sui reali contenuti musicali. Non per un esercizio cerebrale, non per una manifestazione di abilità strumentale e compositiva furono create queste pagine prive di quel basso che anche Tartini spesso scriveva solo "per cerimonia", per obbedire ad una convenzione pur desiderando che fossero eseguite senza di quello; il loro scopo era di rinchiudere in un "unicum vasum electionis" due manifestazioni del gusto contemporaneo: la sonata da chiesa, severa e ornata di giuochi contrappuntistici, e la partita o suite di danze, spogliando il primo attore, il violino, di tutti i comprimari e avviandolo al monologo. Ciò che nella prassi era concesso ad un gruppo di strumenti, qui è riservato ad un solo strumento e, di conseguenza, a questo si affida una funzione riassuntiva e riepilogativa». In sintesi, si può dire che ciò che conta in queste come in altre opere bachiane è il risultato musicale raggiunto con un senso speculativo e una capacità inventiva senza confronti, tali da suscitare la massima concentrazione non solo nell'esecutore, ma anche nell'ascoltatore.

Bisogna aggiungere che sotto il profilo formale le tre Sonate per violino sono costruite sui quattro movimenti della Sonata da chiesa (lento, veloce, lento, veloce), con una fuga come un secondo numero e il movimento lento interno come solo pezzo in una tonalità diversa. Le Partite, invece, seguono nella struttura il classico schema della Suite: allemanda, corrente, sarabanda, giga (con occasionali inserzioni di altri pezzi dopo la sarabanda).

* * *

La Partita n. 2 in re minore BWV 1004 si apre con una Allemanda, danza di origine tedesca e dal ritmo moderato. Segue la Corrente, che, invece, è una danza di origine francese e trae il nome dalla vivacità del suo movimento. Viene poi la Sarabanda, di origine arabo-moresca o turco-iraniana, anche se la leggenda vuole che abbia avuto il nome da una donna sivigliana chiamata Sara, mentre è più probabile che si richiami alla parola Saras, che significa appunto danza, di tono grave e solenne, ballata nel XVI secolo dalle donne fastosamente vestite. Ed eccoci alla celeberrima Ciaccona che chiude la Partita in re minore. Si ritiene che la ciaccona sia di provenienza spagnola, ma in effetti è ritenuta una danza di meticci importata dall'America centrale verso la fine del Cinquecento. La Ciaccona bachiana prende avvìo da un tema di otto battute e prosegue con un corale di trentadue variazioni, in una entusiasmante progressione ritmica. È una delle pagine più universalmente esaltate della musica strumentale, ricca delle più ardite figurazioni del virtuosismo violinistico. Va ricordato che della Ciaccona per violino solo esistono trascrizioni per pianoforte fatte da Brahms e da Busoni, il quale impresse alla sua rivisitazione bachiana un respiro possente e di grande tensione trascendentale.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Le sei Sonate e Partite per violino solo furono scritte da Giovanni Sebastiano Bach nel periodo di Köthen (1717-1723). Videro la stampa soltanto nel 1802 presso Simrock di Bonn, presumibilmente basata su una copia lasciata da Anna Maddalena; una nuova edizione fu curata nel 1854 da Schumann che vi aggiunse un accompagnamento per pianoforte. Il curioso è che il manoscritto originale di queste Sonate sarebbe andato incontro a una sorte ben prosaica - quella di involgere il burro - se ai primi dell'Ottocento un grande collezionista di autografi bachiani non avesse scovato le preziose pagine in uno stock di vecchie carte cedute a un piccolo droghiere.

Se i violinisti tedeschi non eguagliavano per tecnica e virtuosismo quelli italiani, coltivavano però con particolare predilezione il gioco polifonico. Soprattutto nella Germania del Nord non era raro il caso di organisti che, seduti davanti al loro strumento, traevano dal violino le parti melodiche, al tempo stesso eseguendo il basso sulla pedaliera dell'organo.

Su questa tradizione e da questo gusto prese avvio l'arte bachiana di moltipllcare polifonicamente, espandendole fino ai limiti di uno strumentalismo quasi astratto, le possibilità «monodiche» del violino come della viola da gamba o del violoncello.

La Partita in re minore si apre con una Allemanda, forma di musica strumentale già entrata nella suite fin dal '600, perdendovi, insieme al carattere di danza vera e pr»pria, alcuni lineamenti metrici e agogici. In tempo pari e di movimento moderato, essa inizia con un caratteristico «in levare». Alla Allemanda, sempre nella suite strumentale, seguiva di norma la più vivace Corrente, di origine franco-italiana, sostituita in tempi posteriori dalla Gavotta o anche dalla Sarabanda che invece nella presente Partita, segue la Corrente come terzo movimento, anch'esso ternario e, contrariamente alla sua origine di danza sfrenata (donde l'uso, anche oggi, di indicare un gran rumore e una gran confusione con il termine di «sarabanda»), si trasformò in un pezzo dall'andamento grave e solenne. Anche la successiva Giga è un esempio di danza popolare, di origine probabilmente inglese, passata a musica d'arte già alla fine del secolo XVI; è di movimento veloce, in 6/8, 6/4 o, come questa, in 12/8.

A coronamento della Partita in re minore, sta la famosa Ciaccona, una delle vette di tutta l'arte strumentale di Giovanni Sebastiano Bach. Tralasciando le numerose questioni riguardanti l'antichissima forma musicale della Ciaccona (a cominciare dall'origine incertissima del nome per finire alle sottili differenze che si è cercato di addurre per distinguerla dalla Passacaglia), a intendere meglio la presente pagina bachiana basti ricordare che tutta la composizione si rinnova di continuo ora nella linea melodico-polifonica, ora in quella armonica, ora nelle figure ritmiche, ora in più d'una insieme di queste componenti; ciò pur non derogando una sola volta dallo schema d'impianto iniziale di otto battute, che obbliga lo strumento a rientrare nella tonalità di re all'inizio di ogni variazione, con l'assoluta regolarità imposta dalla forma di «ostinato» tipica della ciaccona. A chi ama le statistiche del pentagramma riferiamo che tali variazioni di otto battute ciascuna sono 15 e mezza nella prima parte (re minore), 9 e mezza nella parte centrale in re maggiore, mentre 6 sono le variazioni nella ripresa in minore, più una battuta di chiusa.

S'è vero che l'arte risulta dal conseguimento di una perfetta compenetrazione reciproca di limiti e di libertà, se è vero che, in essa, con grande forza «morale» e con puntiglio si debbono rispettare certi obblighi ma che con non minori forza e puntiglio s'ha da mettere in moto la fantasia inventiva per tramutare quegli obblighi e quei limiti in elementi costruttivi e in fattori di ordine, di equilibrio, di armonia, s'è vero questo, la Ciaccona di Bach per violino solo costituisce di tale estetico concetto una esemplare incarnazione.

Giorgio Graziosi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 6 maggio 1987
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 1 novembre 2014


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 14 febbraio 2014