Partita in la minore per flauto traverso solo, BWV 1013


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Allemande
  2. Courante
  3. Sarabande
  4. Bourrée anglaise
Organico: flauto traverso
Composizione: 1722 - 1723
Edizione: Peters, Lipsia, 1917
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Le composizioni cameristiche bachiane con flauto (solo, con basso continuo oppure con cembalo obbligato) nascono negli anni che vedono il rapido declino del secolare flauto diritto - «flauto» tout court in Italia, «flute à bec» in Francia, «Blockflöte» nei Paesi tedeschi, «recorder» in Inghilterra - rintuzzato dal fratello più giovane e di più promettente avvenire: il flauto traverso - o «traversiere», o «Querflöte», o «german flute» -, il quale si sta conquistando il posto che gli sarà definitivo nella compagine orchestrale dei legni e nella letteratura cameristica, grazie a prerogative di sicura affermazione quali la maggiore estensione ed eguaglianza di registri, l'intonazione più esatta e il suono più consistente, la maggior agilità e perfezione meccanica. Pur senza gettare in soffitta il vecchio flauto diritto dall'inconfondibile timbro vitreo e soave (lo impiegherà nel secondo e nel quarto Concerto Brandeburghese e in alcune Cantate) le preferenze di Bach, in questo periodo che sta, a un dipresso, tra il 1720 e il 1740-45, vanno evidentemente al più «moderno» traversiere, per il quale sono senza possibilità di dubbio concepite tanto la Partita in la minore per strumento solo, come quella per flauto e basso continuo e per flauto e clavicembalo obbligato, le quali, considerate nell'insieme e sotto tutti e tre gli aspetti, suonano un po' come un'eco aggraziata e leggiadramente disimpegnata delle corrispettive Sonate e Partite per violino o per viola da gamba. Siffatta definizione non dovrà ovviamente venire interpretata nel senso, assolutamente non applicabile alla musica barocca in generale e a quella baehiana in particolare, di una lectio facilior accomodata al gusto e alle capacità di mediocri dilettanti. Se, infatti, meno grandioso di quanto non sia in quelle per violino, appare in queste composizioni l'impegno strutturale a riguardo delle architetture formali - qui più snelle e concise -, della elaborazione tematica e polifonica e dell'escavo armonistico, altrettanto mirabile, sotto apparenze semplici, appare la ratio compositiva che guida il discorso bachiano attraverso un tracciato di una trasparenza e di una semplicità talora disarmanti, nella sottile speculazione di premesse tematiche o contrappuntistiche e nel sagacissimo sfruttamento delle ancora sostanzialmente inesplorate peculiarità dello strumento.

La Partita in la minore per flauto solo rappresenta, almeno allo stato attuale delle ricerche e delle identificazioni, un unicum nell'opera bachiana. Benché per la forma essa sia accostabile alle coeve Suites per flauto solo di Telemann, assai diverso è l'impegno costruttivo ed espressivo che le dà vita. Nell'arco degli usuali movimenti di danza, resi vieppiù stilizzati ed astratti dal solitario disegno sonoro del flauto, è infatti riscontrabile un'acuta, pervicace e assolutamente bachiana capacità di analisi e di estrinsecazione delle risorsa dello strumento, capacità che investe il «nuovo» suono in tutti i suoi parametri e che dà modo alla forma mentis polifonica del musicista di esercitarsi talora in una sorta di «contrappunto immaginario» a due voci, illusoriamente evocate dalla sagace contrapposizione dei registri estremi dello strumento.

Giovanni Carli Ballola

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Facciamo appena un passo indietro, ai primi anni Venti in cui plausibilmente, alla Corte di Cöthen, vide la luce la Partita in la minore BWV 1013 per flauto traverso, conservata anche in una versione, probabilmente precedente, in sol, destinata ad altro strumento. Compongono l'unica pagina per strumento a fiato solo (senza il sostegno del continuo) del catalogo bachiano, sorta di esperimento per uno strumento appena scoperto, quattro danze, sapientemente alternate, secondo le norme della suite francese, nel carattere e nell'agogica, tra i meccanismi motori per semicrome di Allemande e Corrente e le plaghe contemplative della Sarabande, coronati, piuttosto che dalla canonica giga, da una popolaresca, ritmicamente acuminata Bourrée angloise.

Raffaele Mellace

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Nel novembre 1717 Bach accolse l'invito del principe Leopoldo di Anhalt-Cöthen e divenne maestro della sua cappella. A Cöthen Bach trascorse i sette anni più felici della sua vita. Il principe era un musicista di talento, la cappella era formata da 18 solisti di valore, e tutto il tempo libero della corte era dedicato allo studio dell'arte. Bach visse a Cöthen ammirato e stimolato dal gusto e dalla frequenza di un intenditore, e trasferitosi a Lipsia si rammenterà con nostalgia delle ore trascorse col principe Leopoldo. Cöthen osservava un rito luterano severo, la musica aveva poco spazio nella chiesa, ed i compiti di Bach erano limitati alla musica da camera. Gran parte della sua produzione strumentale vide la luce in quegli anni, e il suo carattere, sovente rivoluzionario rispetto alle forme del tempo, dipende dalla destinazione domestica e colta ad un tempo per cui fu composta.

L'infatuazione per il flauto traverso si diffuse in Germania all'inizio del Settecento. Fino al 1717 è probabile che Bach abbia adoprato soltanto il flauto diritto. Nel settembre 1717, recatosi a Dresda, egli ascoltò il flautista di quella orchestra e ne rimase colpito. Le risorse dello strumento vengono assimilate nel ritiro di Cöthen e ne sortiranno due serie di sonate: l'una per flauto e cembalo concertante, l'altra per flauto e basso continuo. Inoltre ci sono pervenute una sonata per flauto solo ed una per flauto e cembalo, meno elaborate dal punto di vista contrappuntistico e più legate allo stile violinistico. Tutte queste opere ci pervengono da autografi o copie in possesso di C. Ph. E. Bach, il cembalista di Federico il Grande, che dovette utilizzarle per lusingare la flautomania del sovrano.

La Sonata in la minore per flauto solo è in verità una suite. Lo stile è violinistico, in particolare nella Allemande, che nel suo fluire di semicrome non lascia al flautista un attimo di respiro.

Gioacchino Lanza Tomasi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 12 novembre 1971
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 268 della rivista Amadeus
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 27 novembre 1974


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Ultimo aggiornamento 29 febbraio 2016