Partita n. 3 in la minore, BWV 827


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Fantasia
  2. Allemande
  3. Courante
  4. Sarabande
  5. Burlesca
  6. Scherzo
  7. Gigue
Organico: clavicembalo
Composizione: 1725 - 1727
Edizione: presso l'Autore, Lipsia, 1731
Guida all'ascolto (nota 1)

La prima biografia di Bach, pubblicata nel 1802 dall'organista e docente di teoria musicale all'Università di Göttingen Johann Nikolaus Forkel, dedica un intero capitolo, il settimo, al rapporto di Johann Sebastian con l'insegnamento. In tutto il libro, costruito sulla scorta delle memorie di Carl Philipp Emanuel, secondo figlio maschio di Bach, l'autore tende ad accreditare l'immagine del genio autodidatta che è riuscito ad andare oltre i limiti del suo tempo solo grazie alle proprie forze e disposizioni naturali. Quando descrive la sua passione per la didattica, Forkel estremizza questo punto di vista sostenendo addirittura che, per diventare buoni maestri, la cosa migliore è non averne avuto nessuno. "Ci sono molti bravissimi compositori", scriveva Forkel, "che pur essendo virtuosi esecutori di ogni genere di strumenti sono incapaci di trasmettere agli altri quello che sanno". Il più delle volte, proseguiva, questo dipende dal fatto che durante l'apprendistato si sono troppo appoggiati agli altri, delegando agli insegnanti il compito di correggerli, guidarli, insomma di pensare al posto loro. Bach ha scelto invece un'altra via, meno facile, più accidentata, nel percorrere la quale l'apprendista rischia di smarrirsi, ma che attraverso tentativi ed errori conduce infine a una conoscenza completa dell'arte e al bisogno, non solo alla capacità, di trasmettere l'esperienza acquisita.

La maggior parte delle composizioni di Bach per strumento a tastiera è nata proprio nell'ambito di un'attività didattica non limitata ai suoi incarichi ufficiali. In alcune delle sedi in cui lavorò, Bach ebbe compiti di insegnante: alla Corte di Weimar, quando aveva appena compiuto trent'anni, e poi a Lipsia, dove visse per gli ultimi 27 anni della sua vita. Anche in altri periodi, però, l'insegnamento era stato per lui una forma di disciplina quotidiana e un mezzo per rifugiarsi nel mondo degli affetti familiari. Per il figlio maggiore, Wilhelm Friedemann, aveva preparato intorno al 1720 un libriccino didattico, un Clavier-Büchlein, che conteneva, fra l'altro, le Invenzioni a due e a tre voci e molti dei materiali da cui sarebbe nato Il clavicembalo ben temperato.

Per la seconda moglie, Anna Magdalena, cantante alla Corte del Principe di Anhalt-Köthen e dunque già musicista provetta, Bach realizzò in seguito altri due quaderni per migliorare la sua pratica dello strumento a tastiera e comporre anche una sorta di piccolo ritratto di famiglia. In quei due quaderni, che risalgono rispettivamente al 1722 e al 1725, vennero incluse piccole composizioni dei figli, opere di compositori contemporanei e del recente passato, tedeschi e non, il tutto accanto a una serie di opere originali che a stento, oggi, potremmo ricondurre a un'attività di scrittura rivolta alla sfera privata. Solo nel primo quaderno si trovano tre delle cinque Suites Francesi, un'ampia serie di Minuetti e pezzi brevi, Corali e Arie, compresa quella intorno a cui avrebbe costruito in seguito le Variazioni Coldberg. Nel secondo si trovano invece altre due Suites Francesi, due Partite e altri pezzi minori. Con la denominazione Clavier-Übung, cioè "esercizio" o "esercitazione" per la tastiera, Bach compose e pubblicò successivamente tre raccolte di pezzi scelti che comprendono le Sei Partite BWV 825-830 (Clavier-Übung I), il Concerto in stile italiano e l'Ouverture alla maniera francese (Clavier-Übung II), quattro Invenzioni a due voci, il Preludio e Fuga in mi bemolle per organo BWV 522 e i Ventuno Preludi su Corale BWV 669-689 (Clavier-Übung III), infine proprio le Variazioni Goldberg (Clavier-Übung IV).

Per quanto il grande pianismo ottocentesco ci abbia abituato a una tipologia di Studi concepiti come letteratura da concerto, non risulta per noi immediatamente comprensibile il fatto che quasi tutta la maggiore produzione di Bach per strumento a tastiera non destinata alla chiesa abbia avuto, in origine, anche uno scopo pratico, didattico. Può essere utile, allora, rivolgerci ancora alla biografia di Forkel per seguire il racconto vivo dell'insegnamento bachiano e tentare di avvicinare meglio il senso di questa connessione.

Volendo "parlare anzitutto delle sue lezioni alla tastiera", Forkel ricordava come Bach insegnasse anzitutto il modo di mettere le mani sulla tastiera: "per mesi faceva studiare ai suoi allievi esercizi differenziati per ogni singolo dito delle due mani" e cercava di far ottenere loro un suono omogeneo, con un volume costante, nitido e pulito. "Nessun allievo poteva evitare questo tipo di esercizio" che Forkel definiva "muscolare", più che musicale, ma che secondo Bach doveva durare almeno sei mesi o un anno, prima di passare ad altro. Quando però vedeva segni di scoraggiamento negli allievi, Bach scriveva di getto qualche piccolo pezzo da associare agli esercizi per dare spazio anche alla linfa dell'invenzione musicale. Spesso li scriveva di getto, "anche durante le lezioni, tenendo conto delle esigenze momentanee degli allievi", ma più tardi poi vi tornava "per perfezionare la composizione e trasformare questi piccoli pezzi in opere compiute, belle ed espressive". La dimensione artistica di quelle opere, stando a Forkel, si collocherebbe dunque su un livello centrale dì elaborazione, a monte e a valle del quale, come origine e come destinazione ultima, si troverebbe però la natura dell'esercizio, con tutta la sua vocazione pedagogica.

L'elemento che tiene unite queste diverse dimensioni può essere rintracciato in un concetto chiave della religione luterana, il "perfezionamento", la cui diffusione nelle pratiche quotidiane della fede è testimoniata, fra l'altro, anche dalla sua frequente comparsa nei testi delle Cantate di Bach. Per Lutero il "perfezionamento" è un esercizio insieme pratico ed etico, che consiste nell'affinare una certa capacità e di sviluppare, su questa base, una forma di vita. Lutero aveva ereditato questo tema da una teologia medievale che risaliva ad Aristotele, ma l'aveva sviluppato in rapporto all'importanza da lui assegnata all'etica del lavoro. Perfezionando i propri prodotti, per esempio una composizione musicale, si perfezionava anche la propria capacità di fare musica e si consolidava la costruzione della propria forma di vita in qualità di musicista. Il "perfezionamento", d'altra parte, era per Lutero il mezzo eminente attraverso cui gli uomini possono mantenere o riottenere un contatto con la grazia. Perciò ogni opera e ogni facoltà perfezionata è, come tale, un inno alla gloria di Dio, un tentativo di accedere alla grazia e una preghiera per ottenere la salvezza.

Bach aveva l'abitudine di apporre sui suoi manoscritti musicali la sigla S.D.C., cioè Soli Deo Gloria, intendendo con questo non tanto che le singole opere da lui composte fossero dedicate specificamente a Dio, ma che ogni opera da lui prodotta aveva il senso di un esercizio di perfezionamento il cui scopo ultimo era, appunto, la sola gloria di Dio. I piccoli pezzi improvvisati per i suoi familiari o per gli allievi venivano lavorati e cesellati dal compositore non perché diventassero opere d'arte slegate, ormai, dall'ambito didattico, ma perché fossero esercizi di perfezionamento tramite i quali egli costruiva o completava la sua figura di Musicus, di Pater e di Magìster.

Come esercizi in questo duplice senso, pratico e spirituale, furono concepite anche le Sei Partite che Bach fece uscire singolarmente fra il 1726 e il 1730 e poi raccolse in un'unica raccolta, la prima Clavier-Übung, nel 1731. Bach le aveva definite opere per "dilettanti", adatte alla "ricreazione dello spirito" e piene di "Galanterie". Di fatto, i pochi commenti dei contemporanei di cui siamo a conoscenza insistono, e non a torto, sulla difficoltà di quelle composizioni, dalle quali né un dilettante né un musicista esperto potevano cavare subito buoni risultati.

La parola "esercizio", oltretutto, non va intesa nelle Sei Partite soltanto nel modo che abbiamo descritto, ma anche come una forma di ricerca sulle modalità della composizione. Parlare di "galanterie" era stato un atto di modestia eccessiva, giacché la sostanza musicale delle Partite ha tutto fuorché il carattere della musica da salotto o di costume. Queste composizioni sono, come spesso accade nelle opere della maturità bachiana, esercizi speculativi e pratici con i quali l'autore cerca di fondere linguaggi e forme differenti facendo leva su un fattore in grado di assicurare la sintesi: in questo caso semplicemente la presenza dello strumento a tastiera. Sarebbe sufficiente isolare i movimenti iniziali delle Sei Partite, che portano tutti titoli differenti, per avere l'immagine dell'esplorazione di un territorio musicale che Bach intendeva percorrere trovando un legame con la tradizione, cioè con la stilizzazione delle danze propria della Suite, ma sviluppando molto liberamente i suoi esperimenti di scrittura.

La Partita III, in la minore, è quella che apriva il secondo Clavier-Bücnlein per Anna Magdalena e risale perciò al 1725 o a un periodo immediatamente precedente. Il carattere privato, domestico di questa musica si riflette, paradossalmente, nell'estrema audacia intellettuale che caratterizza non solo la Fantasia d'apertura, ma tutti gli altri movimenti, molto brevi ma altrettanto incisivi e originali. Nel primo manoscritto due danze riportavano intitolazioni diverse: Fantasia è infatti un'esplicitazione del senso compositivo di ciò che, nel quaderno, era indicato semplicemente Prélude mentre la Burlesca, in stile francese, era chiamata Menuet. Lo Scherzo, con il suo andamento teatrale e vagamente pomposo di marcia, rinvia ancora allo stile italiano.

Stefano Catucci


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 10 febbraio 1912


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Ultimo aggiornamento 27 marzo 2015