Sonata n. 4 in do minore per violino e clavicembalo, BWV 1017


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Siciliano. Largo
  2. Allegro
  3. Adagio (mi bemolle maggiore)
  4. Allegro
Organico: violino, clavicembalo
Composizione: 1720
Edizione: Nägeli, Zurigo, 1802
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Sonata in do minore (BWV 1017) inizia con un Largo in movimento di siciliana e, come ogni forma di danza dell'epoca, è bipartito. La malinconica atmosfera di questa prima pagina viene subito riscattata dallo slancio del successivo Allegro, ampio e maestoso, ricco di idee nello sviluppo del motivo tematico iniziale. Lo splendido Adagio che affida il canto esclusivamente al violino mentre il cembalo si limita ad accompagnare in terzine, apre la strada all'Allegro conclusivo, nuovamente bipartito e in stile fugato.

Alberto Basso

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nulla si sa sulle circostanze che indussero Johann Sebastian Bach a comporre le Sei Suonate a cembalo concertato e violino solo BWV 1014-1019; tuttavia è generalmente accettata l'ipotesi che risalgano anch'esse, come buona parte della produzione strumentale bachiana, agli anni trascorsi dal musicista al servizio del principe Leopold di Anhalt-Köthen (1717-23). Da notare è che le sei Suonate furono verosimilmente composte, o quanto meno assemblate, dall'autore come raccolta, forse in origine destinata alla pubblicazione; a testimoniare l'organicità del ciclo concorre, oltre alla tradizione testuale, la concezione unitaria, riscontrabile soprattutto nelle prime cinque sonate. Per ciò che riguarda lo stile, la particolare novità della raccolta è posta in evidenza già dal titolo: Sei Suonate a cembalo concertato e violino solo, col basso per viola da gamba accompagnata se piace. L'indicazione del cembalo prima dello strumento melodico, il violino, contraddice la consuetudine dell'epoca e sottolinea il ruolo obbligato e concertante dello strumento a tastiera, mentre il raddoppio di rinforzo del basso con una viola da gamba è opzionale («se piace»). In altri termini, si tratta di autentiche sonate a tre in cui la mano destra del cembalo interagisce con il violino come parte melodica di pari dignità e importanza (o addirittura preponderante), in un costante intreccio dialogico; se si considera inoltre che il basso (cioè la mano sinistra del cembalo) tende spesso ad assumere un'attiva rilevanza contrappuntistica nell'insieme si comprende la complessità e l'integrazione dell'ordito compositivo che caratterizza queste composizioni. Complessità e integrazione che, tra l'altro, rendono irrilevante il fatto che le Sonate, o per lo meno alcuni loro movimenti, possano essere trascrizioni di più antiche sonate a tre per due strumenti melodici e basso.

Dal punto di vista formale, le prime cinque sonate della raccolta sono improntate al modello della sonata da chiesa in quattro movimenti (Adagio - Allegro - Adagio - Allegro) mentre la sesta, che fa corpo a sé per diverse ragioni, è riconducibile piuttosto all'archetipo della sonata da camera e conta cinque movimenti. In tutte le Sonate appare comunque decisivo, sul piano tanto della forma quanto della scrittura, il ricorso alle opzioni offerte dallo stile concertante. A tale proposito si nota che, al di là delle diverse configurazioni formali assunte, i movimenti mossi sono autentiche fughe o fugati, dove l'articolazione strutturale tra le sezioni con funzione di esposizione tematica (ritornelli) e quelle che valgono come divertimenti (episodi) è sottolineata da differenze tematiche, di tessitura e sonorità. E un ulteriore aspetto della raccolta si coglie nel riferimento, tanto formale quanto espressivo, ai tempi di danza stilizzata propri della suite e della partita. Con l'eccezione della Siciliana con cui s'apre la Sonata n. 4, i movimenti lenti denotano una forma unitaria, ma di volta in volta realizzata da Bach con fantasia tale da delineare variazioni su basso ostinato, canoni e altre soluzioni compositive nel segno di una straordinaria intensità espressiva. Oltre alla molteplicità delle risorse offerte dalla fuga e dal canone, nonché dalle tecniche concertanti, il rapporto tra i due strumenti prospetta due ulteriori essenziali modalità d'interazione: il cembalo suona una realizzazione obbligata, e per così formalizzata, del basso continuo oppure si propone rispetto al violino come controparte indipendente a tutti gli effetti.

Il movimento di testa della Sonata n. 4 in do minore BWV 1017 è una Siciliana in tempo Largo,che ricorda certe arie delle cantate e delle passioni bachiane; il cembalo sostiene l'effusione cantabile del violino, contraddistinta da inflessioni malinconiche e dolenti, con un accompagnamento obbligato in arpeggi. La forma è binaria e ciascuna delle due parti è puntualmente replicata. Nella severa fuga del secondo movimento, Allegro, dall'articolata struttura interna, torna a manifestarsi lo stile del concerto. All'esposizione si connette un episodio, basato su motivi del soggetto e su materiale proprio. Da questo punto in avanti le nuove esposizioni si avvicendano a episodi, in un percorso modulante di ampio respiro. Da notare che gli episodi sono tra loro organicamente interrelati: l'episodio riprende i motivi del primo episodio, mentre l'episodio successivo riutilizza quelli precedenti. L'ultimo episodio recupera a sua volta gli elementi di un'altro episodio, culminando in un pedale di dominante che introduce l'esposizione conclusiva. Quanto al terzo movimento, Adagio, esso si riallaccia a quello d'apertura per il tipo di rapporto tra gli strumenti, con la melodia cantabile del violino sostenuta da un accompagnamento obbligato, in arpeggi, del cembalo. Diverso è peraltro il registro espressivo, e differente la struttura formale. Il violino incomincia suonando frasi di quattro battute, separate da pause, con figure in ritmo puntato, mentre il cembalo accompagna in terzine: lo stile melodico è di semplice, nobile eloquenza. Questo modello procede senza variazioni sino a quando il violino espande l'arco della sua melodia a frasi di otto battute e il movimento si conclude inopinatamente con una sospensione sulla dominante di do minore. Come accade nelle Sonate n. 1 e 2, l'Allegro finale è una fuga compresa entro una forma binaria, le cui parti sono replicate; il pulsante soggetto fa pensare ancora una volta allo stile del concerto. La prima parte corrisponde all'esposizione e comprende un episodio; la seconda trae avvio da un episodio basato su proprio materiale tematico e si conclude con il ritorno conclusivo del soggetto.

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 9 aprile 1974
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 185 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 29 aprile 2017