Sonata n. 5 in fa minore per violino e clavicembalo, BWV 1018


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Largo
  2. Allegro
  3. Adagio (do minore)
  4. Vivace
Organico: violino, clavicembalo
Composizione: 1720
Edizione: Nägeli, Zurigo, 1802
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Sonata in fa minore (BWV 1018) è caratterizzata in apertura da un Largo polifonico (indicato nel secondo dei due manoscritti da noi citati come Lamento) che si snoda secondo una scrittura a quattro parti (è l'unico caso nell'ambito dell'intera raccolta); è evidente la derivazione da più arcaici modelli sonatistici, quali le sonate a quattro del primo periodo barocco.

L'ampia pagina, intessuta di preziose trame polifoniche fra le quali si possono distinguere quattro sezioni fondamentali, si basa su un tema assai simile a quello del mottetto Komm, Jesu komm (BWV 229) che Bach scriverà poi a Lipsia. L'Allegro seguente è bipartito (solitamente il secondo tempo è tripartito) e si svolge secondo la consueta formula fugata. Pagina estremamente interessante è l'Adagio che presenta perennemente dei bicordi nella parte del violino, mentre quella del cembalo è un continuo arpeggio (sul tipo di certi preludi tipicamente bachiani, in cui tutto l'interesse del discorso è concentrato sulle continue mutazioni armoniche). Della pagina si conosce anche un'altra versione, in cui la scrittura cembalistica è semplificata e ridotta nei valori di tempo. Il Vivace conolusivo è, come nella Terza Sonata, tripartito.

Alberto Basso

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nulla si sa sulle circostanze che indussero Johann Sebastian Bach a comporre le Sei Suonate a cembalo concertato e violino solo BWV 1014-1019; tuttavia è generalmente accettata l'ipotesi che risalgano anch'esse, come buona parte della produzione strumentale bachiana, agli anni trascorsi dal musicista al servizio del principe Leopold di Anhalt-Köthen (1717-23). Da notare è che le sei Suonate furono verosimilmente composte, o quanto meno assemblate, dall'autore come raccolta, forse in origine destinata alla pubblicazione; a testimoniare l'organicità del ciclo concorre, oltre alla tradizione testuale, la concezione unitaria, riscontrabile soprattutto nelle prime cinque sonate. Per ciò che riguarda lo stile, la particolare novità della raccolta è posta in evidenza già dal titolo: Sei Suonate a cembalo concertato e violino solo, col basso per viola da gamba accompagnata se piace. L'indicazione del cembalo prima dello strumento melodico, il violino, contraddice la consuetudine dell'epoca e sottolinea il ruolo obbligato e concertante dello strumento a tastiera, mentre il raddoppio di rinforzo del basso con una viola da gamba è opzionale («se piace»). In altri termini, si tratta di autentiche sonate a tre in cui la mano destra del cembalo interagisce con il violino come parte melodica di pari dignità e importanza (o addirittura preponderante), in un costante intreccio dialogico; se si considera inoltre che il basso (cioè la mano sinistra del cembalo) tende spesso ad assumere un'attiva rilevanza contrappuntistica nell'insieme si comprende la complessità e l'integrazione dell'ordito compositivo che caratterizza queste composizioni. Complessità e integrazione che, tra l'altro, rendono irrilevante il fatto che le Sonate, o per lo meno alcuni loro movimenti, possano essere trascrizioni di più antiche sonate a tre per due strumenti melodici e basso.

Dal punto di vista formale, le prime cinque sonate della raccolta sono improntate al modello della sonata da chiesa in quattro movimenti (Adagio - Allegro - Adagio - Allegro) mentre la sesta, che fa corpo a sé per diverse ragioni, è riconducibile piuttosto all'archetipo della sonata da camera e conta cinque movimenti. In tutte le Sonate appare comunque decisivo, sul piano tanto della forma quanto della scrittura, il ricorso alle opzioni offerte dallo stile concertante. A tale proposito si nota che, al di là delle diverse configurazioni formali assunte, i movimenti mossi sono autentiche fughe o fugati, dove l'articolazione strutturale tra le sezioni con funzione di esposizione tematica (ritornelli) e quelle che valgono come divertimenti (episodi) è sottolineata da differenze tematiche, di tessitura e sonorità. E un ulteriore aspetto della raccolta si coglie nel riferimento, tanto formale quanto espressivo, ai tempi di danza stilizzata propri della suite e della partita. Con l'eccezione della Siciliana con cui s'apre la Sonata n. 4, i movimenti lenti denotano una forma unitaria, ma di volta in volta realizzata da Bach con fantasia tale da delineare variazioni su basso ostinato, canoni e altre soluzioni compositive nel segno di una straordinaria intensità espressiva. Oltre alla molteplicità delle risorse offerte dalla fuga e dal canone, nonché dalle tecniche concertanti, il rapporto tra i due strumenti prospetta due ulteriori essenziali modalità d'interazione: il cembalo suona una realizzazione obbligata, e per così formalizzata, del basso continuo oppure si propone rispetto al violino come controparte indipendente a tutti gli effetti.

L'esteso movimento lento con cui incomincia la Sonata n. 5 in fa minore BWV 1018 è uno dei vertici della raccolta, dove la maestria assoluta di Bach nella scrittura contrappuntistica sortisce esiti di folgorante forza espressiva. Si tratta di un Lamento (e in effetti il brano è così denominato in una delle fonti), profondamente interiorizzato, che si dispiega come libera serie di variazioni sul modulo discendente di una battuta esposto dal cembalo per cinque volte, all'inizio del pezzo, prima dell'entrata del violino. Se poi nel corso del movimento la linea dello strumento ad arco tende occasionalmente ad assumere la condotta melodica, questo avviene nella continuità di un tessuto polifonico estremamente complesso ed elaborato. In tale continuità sono le scansioni del tragitto armonico ad articolare la forma del brano, così che vi si riconoscono quattro arcate; la conclusione resta sospesa sulla dominante, preparando l'attacco dell'Allegro seguente. Questo è un'austera fuga compresa entro una forma binaria, le cui parti sono replicate. La prima parte racchiude l'esposizione e un episodio; la seconda incornicia un episodio modulante basato sul soggetto dell'esposizione e un ritorno conclusivo del soggetto stesso. Nell'Adagio successivo la netta diversificazione delle parti strumentali genera un movimento in cui il conio contrappuntistico della scrittura arretra a un livello latente in funzione dell'armonia e del timbro, senza che si possa parlare di una distinzione tra melodia e accompagnamento; tanto che il pezzo si configura come una sorta di divagazione modulante fondata sulla ripetizione di un duplice modulo di ostinato: corde doppie al violino, disegni figurali e di arpeggio al cembalo. Il soggetto della fuga finale, in tempo Vivace, è breve e tortuosamente cromatico. All'esposizione iniziale seguono un episodio modulante basato su materiale proprio, una nuova esposizione inframmezzata da un episodio che si basa sul soggetto, un episodio che riprende i motivi precedenti. Lo stretto del soggetto conduce all'epilogo, dove sono riutilizzati i motivi degli episodi precedenti.

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 5 aprile 1974
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 185 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 29 aprile 2017