Sonata n. 6 in sol maggiore per violino e clavicembalo, BWV 1019


Musica: Johann Sebastian Bach (1685 - 1750)
  1. Allegro
  2. Largo (mi minore)
  3. Allegro (mi minore)
  4. Adagio (si minore)
  5. Allegro
    Basato sull'Aria n. 3 della Cantata BWV 202
Organico: violino, clavicembalo
Composizione: 1720
Edizione: Nägeli, Zurigo, 1802
Guida all'ascolto (nota 1)

Il titolo esatto delle sei sonate violinistiche di Bach suona così: «Sonate per clavicembalo obbligato con accompagnamento di violino». Esse risalgono all'epoca in cui il musicista risiedeva a Coethen, quale direttore della musica da camera del Principe Leopoldo, e furono scritte tra il 1717 e il 1723. In questo periodo i liutai italiani andavano rapidamente perfezionando il violino (ricordiamo che Stradivario morirà nel 1737): sicché Bach si volge con interesse a questo strumento per ricercarne e sfruttarne le risorse espressive e tecniche, ed anche per creare, sull'esempio dei maestri italiani e francesi, un vero stile violinistico solistico, che in quell'epoca non esisteva ancora in Germania. D'altra parte, sempre dal punto di vista strumentale, egli assegna al clavicembalo un ruolo importante che prima d'allora non aveva avuto, essendo stato limitato ad una funzione di semplice sostegno armonico, espresso in modo abbreviato, col basso numerato. Il fatto che Bach abbia qui eliminato tale scrittura abbreviata e realizzato la parte del clavicembalo, mostra a qual punto il compositore abbia voluto far partecipare lo strumento a tastiera al discorso d'insieme, al gioco polifonico, al dialogo delle parti. Il titolo citato sopra non fa che confermare questa osservazione.

La sesta Sonata è la sola del gruppo che comprenda cinque movimenti. L'Allegro iniziale è chiaro, gioioso, ottimista, e nello stile del concerto italiano. Un breve Largo, nel carattere del recitativo drammatico, e la cui ampia declamazione fa pensare al Bach delle Passioni, precede un Allegro per clavicembalo solo nello stile delle bachiane Suites inglesi. L'Adagio è un'Aria ornata, dal sentimento patetico, e che nella conclusione sembra abbuiarsi in un cromatismo desolato. L'opera termina con un Allegro robusto, in cui Bach, dopo le nubi che offuscavano la conclusione del brano precedente, cerca di far tornare il sereno, ma non riesce tuttavia a ritrovare il sorriso del primo movimento.

Nicola Costarelli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 15 aprile 1960


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Ultimo aggiornamento 13 dicembre 2014