Il corpus delle opere di Johann Sebastian Bach (Eisenach, 1685 - Lipsia, 1750) dedicate al flauto a noi giunte, venne composto in gran parte per Johann Heinrich Freytag, primo flauto presso la corte di Köthen fra il 1716 e il 1728, e risale dunque al soggiorno del musicista presso quella corte (1717-1723). La Sonata in do maggiore per flauto e basso continuo, tuttavia, ci è pervenuta attraverso sei manoscritti, uno dei quali risulta di mano del secondo figlio di Bach, Carl Philipp Emanuel; scritto in parti staccate, il manoscritto reca l'indicazione "Sonata a Traversa e Continuo da Joh. Seb. Bach", e fu compilato intorno al 1730, almeno a giudicare dalla scrittura e dalle filigrane della carta impiegata: circostanze queste che ne fanno di gran lunga la fonte più autorevole. Al di là dei problemi filologici, almeno a partire da Friedrich Blume (uno dei più importanti studiosi di Bach nel nostro secolo, fra le due guerre), la paternità bachiana della Sonata è stata messa più volte in discussione, sulla base delle sue intrinseche caratteristiche stilistiche. Studi musicologici più recenti, tuttavia, inclinano a ritenere la Sonata una sorta di rielaborazione, commissionata da Bach stesso al figlio, di una originaria composizione per flauto solista, quasi un esercizio d'armonizzazione (a Carl Philipp Emanuel andrebbe ascritta, infatti, l'aggiunta del basso continuo). Quale che sia la considerazione per questa teoria, il carattere didattico del brano risulta comunque evidente, anche al semplice ascolto: accanto ad elementi sperimentali (ad esempio, l'intervento "concertante" del cembalo nel menuet), non mancano caratteristiche riconducibili ad uno stile più arcaico di quello delle altre sonate per flauto di Bach, che rivelano, come la coppia conclusiva di minuetti, la discendenza della composizione dalla suite.
Carlo Brioschi
È una sonata per flauto e basso continuo realizzato dal clavicembalo, e sostanzialmente virtuosistica. Dopo un breve Adagio che serve da introduzione, il Presto e l'Allegro seguente danno modo al flauto dì mostrare tutte le sue possibilità virtuosistiche; addirittura l'Allegro sembra parafrasare il virtuosismo violinistico. Il valore musicale della composizione sembra più comparire nel breve ma intenso Adagio e nei due Minuetti finali che, pur dando agio al flauto di mostrare le sue possibilità, sono costruiti con eleganza e il primo con una cantabilità che potrebbe costituire una sigla per un'epoca e una società.
Fabio Bisogni