Négy szlovak nèpalok (4 Canti popolari slovacchi), BB 78, SZ 70

per coro a 4 voci e pianoforte

Musica: Béla Bartók (1881 - 1945)
  1. Zadala mamka (Così mandò a dire la madre)
  2. Naholi, naholi (Sulle montagne)
  3. Rada pila, rada jedla (Mangiare e bere che piacere)
  4. Gajdujte, gajdence (Suonino le cornamuse)
Organico: coro misto, pianoforte
Composizione: 1917
Prima esecuzione: Budapest, Accademia di Musica, 5 gennaio 1917
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1924
Guida all'ascolto (nota 1)

L'interesse di Bela Bartòk per la musica popolare - e non soltanto di quella ungherese - è più che noto. Le ricerche etnomusicologiche del musicista sono documentate da numerosi sàggi e raccolte di canti popolari originali: i «20 canti popolari ungheresi» trascritti per violino e pianoforte in collaborazione con, Kodàly; le 371 melodie romene del dipartimento Bihor; le 150 melodie transilvane (in collaborazione con Kodàly); le 320 melodie ungheresi pubblicate a Budapest nel 1924; una raccolta di Scritti sulla musica popolare pubblicata a Budapest nel 1948 e tradotta in italiano, a cura di Diego Carpitella, nel 1955, e via dicendo.

Ma anche la produzione musicale autonoma del compositore fu spesso direttamente ispirata alla musica popolare. Ne danno testimonianza, anche limitandosi al solo genere vocale, i 4 Vecchi canti popolari ungheresi del 1912; i 4 Canti popolari slovacchi del 1917; i 5 Canti popolari slovacchi sempre del 1917; i 4 Canti popolari ungheresi del 1930; i Canti popolari ungheresi del 1935.

Testo

I. Canto nuziale (da Poniky)
Zadala mamka, zadala dcéru Daleko od sebe,
Zakàzala jej, prikazala jej: Nechod' dcero kumne!
Ja sa udelàm ptàckom jarabym, Poletìm kmamicke,
A sadnem si tam na zahradecku, Na bielu laliju.
Vjide mamcka: - Co to za ptàcka, co tak smutne spieva?
Ej, hesu, ptacku jaraby, Nelamaj laliju
Ta daly stemna za chiapa zlého Do kraja cudzieho;
Veru mne je zie, mamicka mila, so zlym muzom byti.
Una sposa infelice torna da sua madre sotto forma di un merlo, ma la madre non la riconosce e la caccia via. L'infelice lamenta la sua sorte.
II. Canto dei mietitori di fieno (da Hiadel)
Na holi, na tej sirocine Ved'som sa vyspala,
Ako na perine. Uz sme pohrabaly, Co budeme robit'?
Svrsku do doliny Budeme sa vodit'.
I mietitori, stanchi dopo la giornata di lavoro, sognano
le semplici gioie e il riposo delle loro case.
III. Ballo (da Medzibrod)
Rada pila rada jedla Rada tancovala,
Ani si len tù kytlicku Neobrancovala.
Nedala si styri grose Ako som ja dala,
Zeby si ty tancovala, A ja zebystàla.
Tu non ami che ballare, non pensi mai al lavoro, al cucito! Io ho pagato i suonatori, ma tu balli con gli altri e mi lasci solo.
IV. Ballo (da Poniky)
Gajdujte, gajdence Poideme kfrajerce!
Ei, gajdujte vesele, Ej, ze pojdeme smele!
Zagajduj gajdose! Este Màm dva grose:
Ej, jedon gajdosovi, A druhy krcmarovi.
To boia kozicka, Co predok vodila,
Ej, ale uz nebude, Ej, nozky si zlomila.
Suonate pifferai, venite a ballare, giovani! Spenderemo il nostro ultimo soldo per pagare i suonatori, e balleremo al suono della cornamusa.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 17 novembre 1967


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Ultimo aggiornamento 18 agosto 2013