Gli abbozzi di questo Elegischer Gesang si trovano nei quaderni in cui Beethoven accudiva nel 1814 alla nuova versione del Fidelio; il brano deve essere stato completato e inviato al barone Johann Pasqualati prima del 5 agosto; quando questo amante della musica, proprietario del palazzo in cui Beethoven abitò a Vienna tra il 1804 e il '15, ricordava la scomparsa della moglie adorata, rapita alla vita in età di ventiquattro anni.
L'autore del testo è ignoto, ma si è fatto il nome di Ignazio Franz Castelli; l'"elegia" è tutta intimità e raccoglimento, scritta, si direbbe, per una persona già per suo conto esperta del patire, e alla quale pertanto basta proporre la situazione senza calcare la mano, in compartecipazione fraterna, in dialogo a tu per tu. La tenera introduzione strumentale è vicina, nella tonalità di mi maggiore, all'affettuosità esplicitata nel finale della contemporanea Sonata op. 90; il coro esordisce sommesso e religioso e appena la sortita dei tenori, in "forte", sulle parole "für den Schmerz!", s'incide con evidenza; dai bassi viene quindi la proposta di un episodio fugato ("Kein Auge wein'"), raccolta dalle altre voci con dissonanze sfumate nella delicatezza dei contorni; con la ripetizione delle prime parole, la pagina si chiude riprendendo il calmo tema d'apertura.
Arrigo Quattrocchi
Elegischer Gesang Sanft wie du lebtest hast du vollendet, zu heilig, su heilig für den Schmerz! Kein Auge wein' ob des himmlischen, himmlischen Geistes Heimkehr. Sanft sanft wie du lebtest hast du, ja, hast du vollendet. |
Canto
elegiaco Dolcemente come hai vissuto così hai concluso, troppo santa per soffrire! Nessun occhio piange per il ritorno a casa dello spirito celeste. Dolcemente come hai vissuto, così hai concluso, sì hai concluso. |