La partitura venne composta dal febbraio al giugno 1790 e venne pubblicata per la prima volta nel supplemento della «Ludwig van Beethovens, Werke, vollstandige kritish durchgesehene ueberall berechtigte Ausgabe (Gesamtausgabe)» di Lipsia (Breitkopf und Haertel) nel 1888. Nota Giovanni Biamonti: «La notizia della morte dell'imperatore Giuseppe II (il sovrano illuminista), avvenuta a Vienna il 20 febbraio 1790, giunse a Bonn il 24 e la società di lettura «Lesegesellschaft» stabilì di commemorarla in una sua tornata con discorsi e musica adatti alla cerimonia. Nacque così l'idea di questa Cantata, di cui Severin Anton Averdonk - canonico del capitolo di Ehrenstein, candidato alla «Hohe Schule» di Bonn e fratello di una cantante allieva già del padre di Beethoven - scrisse il testo (alquanto retorico) e il ventenne Ludwig, che aveva molti amici ed estimatori fra i membri della società, fu incaricato di comporre la musica».
La commemorazione era stata fissata per il 19 marzo, ma la Cantata non venne eseguita sia perché non era ancora a punto, sia perché si incontrarono serie difficoltà nella ricerca degli esecutori. Il manoscritto andò perduto e per molti anni il lavoro non venne presentato al pubblico. Fortunatamente una copia venne poi rintracciata nella biblioteca privata del signor Beine de Malchamp, copia che venne venduta all'asta nel 1813, a Vienna, e acquistata dal pianista Hummel. Dopo vari altri passaggi il manoscritto andò a far parte della Fideicommissbibliothek, più tardi incorporata dalla Nationalbibliothek. La prima esecuzione pubblica avvenne così cinquantasette anni dopo la morte del compositore, a Vienna, per essere ripresa l'anno dopo a Bonn.
I solisti sono, per la parte vocale, soprano, contralto, tenore e basso, mentre in orchestra sono presenti due flauti, due oboi, due clarinetti, due fagotti, due corni e archi. Gli accordi iniziali della prima parte fanno pensare al preludio dell'atto secondo del «Fidelio». La seconda parte si svolge tra basso e orchestra: prima un recitativo, poi un'aria («Allora venne Giuseppe»). La terza parte è per soprano solo («Allora gli uomini salirono alla luce») a cui si aggiunge il quartetto dei solisti e l'orchestra lievemente assottigliata rispetto alle altre parti. La melodia soddisfece talmente il compositore che la inserì, poi, con la stessa tonalità, nella scena conclusiva del «Fidelio».
La quarta parte comprende un recitativo in Largo e un'aria per soprano («Qui riposa», Adagio con affetto in 3/4) non lontana dallo spirito mozartiano. Nella parte finale, la quinta, si torna al testo e alla musica iniziali, per ottenere il necessario inquadramento della partitura, con una suggestiva conclusione in «do minore».
Come abbiamo fatto rilevare, varie sono le analogie con il «Fidelio», opera che, nella sua prima redazione, aparve soltanto nel 1804, cioè quattordici anni dopo la «Cantata»; ma ciò sta a dimostrare come certe idee, ben vive in Beethoven, andassero maturando con gli anni - qualche cosa di simile accadde con il tempo finale della «Nona» - per poi trovare la giusta collocazione nella produzione del compositore.
Mario Rinaldi