Notturno in re maggiore per viola e pianoforte, op. 42

Trascrizione della Serenata in re maggiore Op. 8

Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
  1. Marcia: Allegro
  2. Adagio
  3. Minuetto: Allegretto
  4. Adagio (re minore)
  5. Allegretto alla Polacca (fa maggiore)
  6. Tema con variazioni: Andante quasi Allegretto. Marcia
Organico: viola, pianoforte
Composizione: 1803
Edizione: Hoffmeister & Kühnel, Lipsia 1804
Guida all'ascolto (nota 1)

Ricorrenti molto frequentemente nell'epoca di Haydn e Mozart, le composizioni intitolate «Divertimento», «Serenata», «Notturno», «Cassazione» - derivate dalla «Suite» barocca; musiche di trattenimento, di relativamente facile eseguibilità e di amabile quanto brillante comunicativa; articolate in numerosi movimenti, con l'inclusione di marce e di forme di danza - in Beethoven sono già estremamente rare, e rientrano nel suo periodo giovanile, datate comunque entro il 1700. Opere appartenenti al genere da camera: trii affidati alla compagine dei soli archi, oppure con l'immissione di qualcuno di quegli strumenti a fiato che Beethoven pure praticò nella sua cameristica per lo più giovanile. Ma tali opere preparano, in giro stretto di calendario, la stupenda fioritura dei Quartetti per archi che avrebbero accompagnato tutta la vita creativa del musicista e ne avrebbero sottolineato le salienze artistiche.

Due sono le Serenate per trio di Beethoven; entrambe in re maggiore; l'op. 8 per violino, viola e violoncello; l'op. 25 per flauto, violino e viola. Ed entrambe sono mirabili esponenti del Beethoven «settecentesco». Ma qui interessa la Serenata op. 8, per archi. Composta nel 1896-97, la data certa relativa ad essa è quella dell'annuncio della sua pubblicazione presso l'editore Artaria, apparso in « Wiener Zeitung » del 7 ottobre 1797. Destinata a quella formazione di trio che era molto comune anche nella pratica musicale dilettantistica della capitale viennese, la deliziosa opera divenne ben presto tra le più popolari di Beethoven; rendendosi anche disponibile a varie e diverse pratiche di esecuzione. Entro il primo decennio dell'800 se ne sono indicate trascrizioni varie: per due violini, per violino e chitarra, per orchestra; o l'arrangiamento vocale della melodia del suo Andante. Ma l'unico arrangiamento che compare nei cataloghi beethoveniani, sebbene esso non sia di mano integrale di Beethoven, è quello per viola e pianoforte con il titolo di Notturno in re maggiore op. 42. Il Thayer, appunto nel suo Catalogo, asserisce che Beethoven autorizzò la pubblicazione di tale trascrizione - d'altra mano, rimasta anonima - da lui stesso però riveduta in alcuni passi. Si cita anche in proposito uno scritto di Beethoven all'editore Hoffmeister (il quale pubblicò il Notturno nel 1804) in cui, con l'autorizzazione, Beethoven diceva che, per tali trascrizioni, egli stesso non avrebbe trovato nè il tempo nè la pazienza. Nelle edizioni moderne, il Notturno op. 42 ha avuto la revisione di Primrose e quella di Sidney Beck. La nuova formazione duistica articola fra viola e pianoforte quel discorso originalmente distribuito al trio d'archi nella Serenata op. 8: in cui, come forma derivata dalla classica «Sonata a tre», la struttura di melodia accompagnata dà un certa preminenza al violino sugli altri archi; ma in cui pure gli altri strumenti talora si arrogano il protagonismo melodico, via via entrando nel tessuto discorsivo e scambiandosene le competenze conduttrici.

Il Notturno op. 42 conserva la stessa conformazione della Serenata op. 8, nei suoi otto movimenti, praticamente sei: con la funzionale Marcia introduttiva ripresa nella Marcia finale, e con il penultimo tempo, Allegro, che in sostanza è una ulteriore e ben collegata «Variazione» - e questa in 6/8 - del terzultimo tempo, l'Andante quasi Allegretto con quattro «Variazioni», tutte in 2/4, elegantemente cangianti tra il modo maggiore e il minore. Dopo la disinvolta Marcia di inizio, il primo Adagio è una pagina mirabile del primo Beethoven, nell'espansione melodica ricca di fioriture, in cui l'immissione del modo minore gioca un ruolo molto patetico. Il Minuetto, con «Trio» e «Coda», risponde ai canoni tradizionali. Quindi la più stupefacente, e storica, qualità inventiva dell'opera appare nel quarto movimento: il bellissimo Adagio, d'una declamatorietà miracolosamente frenata in pudore espressivo, alle cui riprese si alterna e contrappone un pungente Allegro molto denominato Scherzo. Il tributo alle caratterizzazioni volute dall'epoca e da questo genere di composizioni, per l'interesse sempre vivace dell'ascolto e per il divertimento dell'esecuzione stessa, è costituito dal seguente Allegretto alla polacca, che sprizza sane quanto anche scaltre gioie ritmiche e melodiche; con una imprevedibile chiusa a suspence, per passare all' Andante con variazioni, di cui si diceva sopra.

Angiola Maria Bonisconti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 25 novembre 1971

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Ultimo aggiornamento 14 maggio 2016