Rondò per fiati in mi bemolle maggiore "Rondino", WoO 25


Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Organico: oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni
Composizione: 1793
Edizione: Diabelli, Vienna 1829
Guida all'ascolto (nota 1)

Non è facilissimo, per la mentalità e le abitudini musicali del nostro tempo, immaginare all'istante quale fosse la musica d'evasione e d'intrattenimento diffusa nella società settecentesca. Tolto il repertorio autenticamente popolare circolante nei ceti subalterni, nelle classi dominanti del Settecento e del primo Ottocento - accanto alle manifestazioni implicitamente alte, di musica teatrale o religiosa o strumentale e via continuando - aveva preso piede anche un consumo disimpegnato di forme quali serenate, divertimenti, cassazioni, notturni, "musica da tavola" per allietare banchetti d'alto rango, e insomma musica per occasioni mondane o festose.

Musica leggera dell'epoca? Può darsi. Veicoli esecutivi di tale letteratura erano vari organici. Archi soli. Archi e fiati. Insiemi di fiati. Questi ultimi, per lo più da sei a otto, in coppie, di solito i cosiddetti legni: due oboi o due clarinetti (molto spesso entrambe le coppie), due fagotti e poi, dalla famiglia degli ottoni, due corni a completare le gradazioni timbriche. Una formazione, questa del gruppo di fiati, alla quale per tutto un primo periodo, nel panorama della musica d'intrattenimento, sarà attribuito un ruolo subordinato. Perché in origine, fatte le dovute eccezioni, i praticanti dell'Harmoniemusik (musica da banda, da cui l'etichetta di "musicanti di armonia") in genere non possedevano che un sommario bagaglio di conoscenze strumentali e musicali, provenienti com'erano da bande militari o dai ranghi della servitù di palazzo.

Occorrerà aggiungere che, alla fine del secolo XVIII, la grande stagione di questa musica d'intrattenimento si avvierà poco per volta al declino, in conseguenza delle epocali trasformazioni cui volgeva allora il quadro storico-sociale d'Europa. Dopo una stagione di decadenza, l'ottetto per fiati e le pagine analoghe dovranno attendere, verso fine Ottocento, il revival alimentato in questo campo da un Dvoràk e poi da un Richard Strauss, con lavori di sapore neoclassico e addirittura neobarocco, per quindi conoscere i contributi novecenteschi.

Non a caso il Rondino di Beethoven è tra le ultime fatiche da lui create a Bonn in anni giovanili, nel 1792, per gli strumentisti a fiato alle dipendenze del principe elettore Maximilian Franz, fratello dell'imperatore Giuseppe II. Il brano è in un solo tempo, anche se diviso in varie sezioni (AB-AC-ADA) come un rondò di piccole proporzioni. È importante sottolineare il rilievo che Beethoven conferisce ai corni, che espongono il tema iniziale e chiudono la composizione con una piacevole e suggestiva coda. Il tema principale ha in sostanza un carattere di marcia e la sua rigida simmetria fa pensare ad una frase di derivazione popolare. Oltre ai corni, anche il clarinetto, cui è affidato un intero episodio, assume un ruolo di primo piano, fungendo quasi da strumento guida di tutto il componimento. Il resto dell'organico (è per due oboi, due clarinetti, due fagotti, due corni) arricchisce con nuove uscite il tema principale, il quale assume man mano un tono sempre più galante, in considerazione del carattere di divertimento su cui è impiantato il pezzo.

Francesco A. Saponaro

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Probabilmente il Rondino WoO 25 era stato concepito in origine come finale dell'Ottetto op. 103; certo si tratta di un brano nello stile del tutto simile a questo, in cui il giovane Beethoven dimostra una notevole inventiva e sensibilità timbrica nel trattamento dei fiati. «Rondino» è diminutivo di rondò e la logica formale del pezzo, in tempo Andante, si fonda sui ritorni di un tema principale (A), di volta in volta variato nella strumentazione, inframmezzato da due episodi concertanti in minore (B, C). Nell'esposizione il tema principale (A) coinvolge gradualmente gli strumenti dell'ottetto, dai comi agli oboi sino al pieno organico. Il primo episodio (B) vede protagoniste le morbide linee del clarinetto I, dell'oboe I poi ancora del clarinetto, mentre nel successivo ritorno del tema principale (A) si percepiscono le nuove figure in staccato dell'oboe I e del fagotto I sulla melodia del clarinetto. Il secondo episodio (C) ha un colore cupo: è condotto dai corni accompagnati dal fagotto I, laddove nella ripresa del tema principale (A) si segnalano gli incisi taglienti degli oboi e i disegni del clarinetto I sulla melodia del corno I. La sezione iniziale della coda, percorsa da arpeggi, sembra condurre il pezzo a compimento, ma Beethoven introduce a questo punto un autentico tocco da maestro: nella sezione conclusiva i corni accennano delle reminiscenze del tema, senza tempo e in un gioco di echi ottenuto grazie all'applicazione della sordina alternata al suono naturale, sino a che la musica si spegne con effetto di dissolvenza sonora, come in lontananza.

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Villa Giulia, 18 luglio 1995
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 191 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 6 maggio 2017