Sonata per pianoforte n. 26 in mi bemolle maggiore, op. 81a "Gli addii"


Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
  1. Das Lebewohl (L'addio) - Adagio, Allegro
  2. Die Abwesenheit (L'assenza) - Andante espressivo (do minore)
  3. Das Wiedersehn (Il ritorno) - Vivacissimamente
Organico: pianoforte
Composizione: Vienna, 30 Gennaio 1810
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia 1811
Dedica: arciduca Rodolfo
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

L'op. 81 (divenuta poi op. 81a perché inavvertitamente venne pubblicata come op. 81 anche un'altra composizione di Beethoven) può essere facilmente inserita in un contesto storico che vide fiorire, tra il 1790 e il 1815, una interminabile serie di pezzi programmatici per pianoforte, nei quali vennero passate in rassegna tutte le battaglie napoleoniche, tempeste di mare e disastri di montagna, partenze, viaggi, lontananze e ritorni. L'op. 81 appartiene quindi ad una tendenza a cui Beethoven si accostò per un momento e che, ben s'intende, distanziò di mille leghe.

La Sonata fu composta durante l'occupazione di Vienna da parte delle truppe francesi. Il 4 maggio 1809 la Corte lasciò la capitale e Beethoven annotò la data insieme con i primi abbozzi della Sonata, già completi delle parole Abschied, Abwesenheit, Ankunft (congedo, assenza, arrivo), e con il motto lebewohi (addio, ma letteralmente vivete bene) sui tre bicordi dell'inizio; nel manoscritto definitivo il primo tempo venne poi intitolato Das Lebewohl e l'ultimo Das Wiedersehen (il rivedersi). I francesi lasciarono Vienna il 20 novembre, e il 30 gennaio 1810 si ebbe il ritorno della Corte. La Sonata fu pubblicata nel gennaio del 1811 a Londra; nel luglio uscì l'edizione di Lipsia, con il numero d'opera 81 e la dedica all'Arciduca Rodolfo, allievo e protettore di Beethoven. Poiché l'editore lipsiense aveva pubblicato copie con il titolo in tedesco e copie con il titolo in francese, Beethoven protestò, il 9 ottobre 1811: "Vedo che ha fatto incidere altri esemplari col titolo francese. E perché? Lebewohl è tutt'altra cosa che: "Les Adieux": il primo non si dice di cuore che a una persona; l'altro a un'intera riunione, ad intere città".

Non accenneremo neppure a tutte le discussioni che il titolo ha suscitato: discussioni di prò e di contro, e, tra i prò, almeno tre grandi scuole: i pro-Arciduca, i pro-un-amico-indefinito (o pro-una-amica), i pro-Thérèse-Brunswick, supposta fidanzata segreta di Beethoven. Tra i contro ricordiamo solo una vecchia signora austriaca, che quasi con le lacrime agli occhi ci confessò la sua costernazione per il fallo della Program-musik beethoveniana.

Nel primo tempo della Sonata Beethoven attua l'intimo connubio tra l'introduzione in movimento lento ed il vero e proprio tempo. Il Lebewohl, per moto contrario, diventerà uno dei temi di collegamento e, per moto retto, diventerà il secondo tema. Ma anche il primo tema è una variante ritmica del Lebewohl: una variante ritmica nella quale noi non saremmo alieni dal vedere una imitazione stilizzata del galoppo dei cavalli (il Lebewohl, che è a due voci, sembra a sua volta imitare il suono dei corni di posta: le note del Lebewohl sono poste in un registro in cui il corno in mi bemolle ha bellissimi suoni "aperti"). Ed infine, anche la conclusione è basata sulla cellula tematica del Lebewohl, che circola così per tutta l'esposizione. Non sarà diffìcile per nessuno seguire le peripezie del Lebewohl e del galoppo dei cavalli nello svolgimento. La ripresa è tradizionale, ma viene seguita da una lunghissima Coda, che da sola pareggia esposizione e svolgimento. Nella Coda troviamo due canoni sul tema Lebewohl: uno limitato all'aspetto melodico, uno esteso anche all'aspetto armonico; quest'ultimo provoca incontri durissimi, che parvero inconcepibili ai contemporanei. E Ferdinand Ries, allievo di Beethoven, dovè pensare che il dolore per la partenza dell'Arciduca avesse fatto dar di volta il cervello al Maestro, tanto che semplicemente soppresse il canone incriminato.

Nel secondo tempo il tema è formato con la prima cellula del Lebewohl, variata per interversione. Il tema principale dell'ultimo tempo è invece del tutto nuovo, anche se, con un pò di buona volontà, si può imparentarlo con il tema del primo tempo; la cellula Lebewohl ricompare brevemente, trasformata in un gruppetto rapido e brillante. Il tema del Ritorno è splendidamente variato in una Coda in movimento rallentato.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sonata per pianoforte op. 81a è l'unica sonata pianistica e una fra le pochissime composizioni del catalogo beethoveniano per le quali l'autore abbia previsto una precisa e dichiarata idea programmatica. Proprio per questo la composizione è riuscita quasi del tutto a sfuggire a quella fantasiosa e deteriore aneddotica che costantemente ha accompagnato la maggior parte delle opere del maestro di Bonn. Ciò nonostante la critica idealistica, costantemente in caccia dei più intimi rapporti fra l'artista e la sua produzione, ha immaginato che protagonista della succinta traccia programmatica fosse la cosiddetta "immortale amata". Nessun ragionevole dubbio può sussistere invece che la Sonata sia stata pensata in diretto riferimento alla partenza e al ritorno da Vienna dell'Arciduca Rodolfo d'Austria, costretto ad allontanarsi dalla capitale per la guerra austro-francese dell'aprile-ottobre 1809.

Allievo e mecenate di Beethoven, l'Arciduca Rodolfo aveva sottoscritto, nel marzo 1809, con i principi Kinsky e Lobkowitz, un documento nel quale concedeva al compositore una rendita vitalizia, per sollevarlo dalle preoccupazioni materiali, esigendo quale unico corrispettivo la permanenza nei confini dello Stato. A prescindere dal valore del documento, che segna in qualche misura l'affrancamento della figura del musicista dalla condizione di dipendente e cortigiano, non può stupire che Beethoven celebrasse il suo benefattore in una apposita composizione. Il brano fu redatto, presumibilmente, fra il maggio 1809 e il gennaio 1810. Il 4 febbraio 1810 il compositore scriveva al suo editore indicando i titoli da apporsi sopra ciascuno dei movimenti: Abschied (partenza), Abwesenheit (assenza), Das Wiedersehen (il ritorno), con esplicito riferimento "al venerato Arciduca Rodolfo". Ma l'editore eliminò del tutto tale riferimento al mecenate (certo per ragioni dettate da diplomazia politica), e tradusse i titoli in francese, suscitando, le proteste dell'autore, per il quale Lebewohl "non si dice che ad una persona e col cuore" mentre Les adieux "si rivolge a un'assemblea, a delle città intere".

La destinazione "privata" dell'op. 81a trova un puntuale corrispettivo nel suo contenuto musicale. La scelta di una timbrica sobria e contenuta, le dimensioni non vaste del brano e la sua assenza di drammatiche estroversioni, caratteri comuni del resto a tutte le coeve opere pianistiche (con l'ovvia eccezione del Quinto Concerto), corrispondono a una destinazione non concertistica. Il primo movimento si apre con un pensoso Adagio introduttivo, con subito all'inizio il breve inciso discendente che verrà ripreso e trasformato nel seguente Allegro, una pagina espressivamente agitata, mirabile per la perfetta, concentrata organizzazione del materiale musicale. Il centrale Andante espressivo riprende la sobrietà di scrittura del primo movimento (ed anche diversi spunti ritmici e melodici), contrapponendo un motivo breve e incisivo e una tenera frase cantabile. Senza soluzione di continuità, una breve e agitata transizione conduce al Finale (Vivacissimamente), dove si impone una scrittura più estrosa e brillante; non senza che il ritorno in Poco Andante, al termine, del motivo iniziale del movimento ribadisca l'assunto intimistico dell'intera composizione.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 19 Aprile 1991
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 8 febbraio 1989

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Ultimo aggiornamento 24 gennaio 2014