Dodici variazioni in do maggiore per pianoforte, WoO 68

sul "Menuett à la Vigano" del balletto "Le nozze disturbate" di Jakob Haibel

Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Organico: pianoforte
Composizione: 1795
Edizione: Artaria, Vienna 1796
Guida all'ascolto (nota 1)

La produzione beethoveniana degli ultimi anni del Settecento - quelli della baldanzosa conquista dei circoli aristocratici viennesi e della committenza collegata con la grande editoria europea - pullula di Variazioni per pianoforte solo, più raramente per pianoforte e strumenti vari: senza contare quelle introdotte come movimenti nelle opere cameristiche coeve, vedi la Sonata in re maggiore op. 12 n. 1 per violino e pianoforte, o il Trio in si bemolle op. 11 per pianoforte, clarinetto e violoncello. E non è tutto. Per Beethoven, il variare temi propri o presi a prestito costituiva esercizio quasi quotidiano, collegato con la sua attività di pianista improvvisatore, attività non necessariamente correlata a quella del compositore da tavolino, e non sempre finalizzata alla pubblicazione.

Ciò significa che le Variazioni pianistiche date alle stampe nel corso del decennio 1790-1800, tutte senza numero d'opus, sono ben lungi dell'offrire un quadro esauriente di quell'arte beethoveniana sulla quale i testimoni auricolari si diffondono con dovizia di particolari e giudizi denotanti ammirazione e perplessità per quel «modo di suonare stupefacente, così rimarchevole per gli arditi sviluppi della sua improvvisazione», per quello «stile vigoroso e brillante, pieno di stranezze», come ebbe a notare il musicista boemo Johann Wenzel Tomashek nella propria autobiografia a proposito di un'«accademia» tenuta da Beethoven a Praga nel 1797 e nel corso della quale il concertista ebbe ad improvvisare, dietro invito di una signora del pubblico, sopra un tema trattato lì per lì da «La clemenza di Tito» di Mozart.

Ma significa altresì che a tali Variazioni, dall'autore ritenute degne di essere date alle stampe (e non di rado sottoposte, da un'edizione all'altra, a drastiche revisioni) si dovrà necessariamente attribuire specialissima importanza come documenti di una prassi compositiva che di anno in anno verrà assumendo spazio sempre maggiore nelle scelte strutturali e nella poetica creativa del musicista, fino a diventare, nell'estrema stagione, ragione ultima ed essenza del suo stile.

Lungo e tutt'altro che rettilineo è il percorso che porta dalle Variazioni giovanili, improntate al principio della diminuzione ritmico-melodica che la tradizione barocca aveva consegnato allo stile galante e da questo era confluito nel tematismo haydniano e mozartiano, al macrocosmo della revisione integrale riscontrabile nelle opere estreme, ed esemplificato in modo paradigmatico nelle Variazioni Diabelli. Né l'abbagliante luce che promana da tale lavoro, sorta di metafisica summa del supremo traguardo stilistico di Beethoven, ci dovrà indurre nell'errore di sottovalutare le precedenti tappe del prodigioso cammino. Nel corso del quale sorprende la ricchezza e la varietà degli atteggiamenti e delle soluzioni di volta in volta adottati in uno spirito di sperimentazione, dove la componente tradizionalistica e la formula sussistono a fianco di una caparbia volontà di superamento, spesso spinta al limite del bizzarro, del gestuale, del cervellotico: connotazioni da non intendersi in senso riduttivo, al contrario, come specifico mordente entro il quale è immersa l'invenzione beethoveniana di questi anni - e non solo di questi.

Come in tante altre, anche nelle dodici Variazioni sopra un «Minuetto alla Viganò» (ossia, danzato secondo lo stile del grande coreografo napoletano) contenuto nel balletto «Le nozze disturbate» di Johann Haibel (1795) l'esuberanza della fantasia beethoveniana si effonde con dovizia di colori nel puntuale rispetto delle regole del gioco di una tradizione - quella, allora nel massimo rigoglio, del virtuoso improvvisatore - destinata a toccare proprio in queste pagine il limite massimo della saturazione retorica.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 22 gennaio 1986

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Ultimo aggiornamento 24 aprile 2014