Béatrice et Bénédict
Opéra-comique in due atti
Musica: Hector Berlioz (1803-1869)
Libretto:
Hector Berlioz da Molto rumore per nulla di William Shakespeare
Personaggi:
- Béatrice, nipote del governatore di
Messina Léonato (mezzosoprano)
- Bénédict, ufficiale siciliano
(tenore)
- Héro, figlia di Léonato
(soprano)
- Ursule, confidente di Héro (mezzosoprano)
- Claudio, aiutante del generale (baritono)
- Somarone, maestro di musica (basso)
- Don Pedro, generale dell'armata siciliana (basso)
- Léonato, governatore di Messina (recitante)
- musicisti, popolo siciliano, corte del governatore
Organico: ottavino,
2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 2
Cornette, 3 tromboni, timpani, tamburino, grancassa, piatti chitarra, 2
arpe, archi
Composizione: 1860 - 1862
Prima rappresentazione: Baden-Baden, Hoftheater, 9 Agosto 1862
Edizione: Breitkopf und Härtel, Lipsia, 1907
Dedica: M. Edouard Bénazet
Luogo dell'azione:
Messina davanti al palazzo del Governatore nel XVI° secolo
Sinossi
Atto primo: Messina, verso il 1860, davanti al palazzo del
governatore.
I siciliani festeggiano il ritorno della loro armata guidata dal
generale Don Pedro, che ha inflitto ai Mori una sanguinosa sconfitta.
Gli ufficiali Claudio e Bénédict si sono coperti
di gloria in battaglia, ma in pace li attende un diverso destino:
Claudio ama, riamato, Héro, la figlia del governatore, che
gli è promessa in sposa;
Bénédict, invece, ha da tempo ingaggiato con
Béatrice, nipote del governatore, un'aspra
schermaglia polemica, fondata sulla ripulsa non solo
dell'aborrito matrimonio ma anche dell'amore come
tale. Don
Pedro è convinto che questa reciproca avversione sia solo
apparente, e con l'aiuto di Claudio decide di ordire un
intrigo per smascherare i due giovani. Dopo che il maestro di musica
Somarone ha fatto provare ai suoi musicisti un epitalamio grottesco
sulle imminenti nozze di Claudio e Héro, i
"congiurati" Don Pedro e Claudio fanno in modo che
Bénédict assista di nascosto in giardino a una
loro conversazione, dalla quale egli apprenderà con sua
grande meraviglia che Béatrice è follemente
innamorata di lui; e lo stesso, su istigazione di Pedro, faranno
Héro e la sua confidente Ursule, appartandosi in modo che
Béatrice le ascolti parlare della irresistibile attrazione
che Bénédict ha per lei. Dopo l'astuto
inganno, che pure turba i riottosi accendendone inopinatamente la
passione, la dolce Héro effonde la sua
felicità al chiaro di luna in seno alla confidente Ursule.
Atto secondo:
Prima che la festa di nozze abbia inizio. Somarone
improvvisa un canto di lode in onore del vino. Irrompe
in grande agitazione Béatrice. Ormai l'amore per
Bénédict l'ha vinta, e ne ricorda i
sintomi: ella chiede a Héro e
Ursule, ironicamente complici e tuttavia felici del buon esito
dell'impresa, ulteriore conferma di essere corrisposta. Ha
inizio la festa, introdotta
dalla marcia nuziale e dal coro. Dopo che Claudio e Héro
sono stati uniti in matrimonio, il notaio informa esitante che
un'altra coppia attende di sottoscrivere un analogo
contratto. Tra la sorpresa dei più, ma non di color che
sanno, Béatrice e Bénédict si fanno
timidamente avanti e, dopo un'ultima schermaglia, si
dichiarano apertamente il loro amore e si uniscono in matrimonio,
inneggiando, tra il giubilo generale euforicamente scherzoso, alla
forza trionfante dell'amore.
Arie
Atto I:
- Héro: Je
vais le voir
- Duetto Béatrice e
Bénédict: Comment
le dédain pourrait-il mourir?
- Bénédict: Ah!
Je
vais l'aimer
- Duetto Héro ed Ursule:
Vous soupirez, madame?
Atto II:
- Somarone e coro:
Le vin de Syracuse
- Béatrice: Dieu!
que viens-je d'entendre?
- Trio Béatrice, Héro e
Ursule: Je
vais d'un coeur aimant
- Duetto Béatrice e
Bénédict:
L'amour est un
flambeau
Nonostante sia l'ultima composizione
importante di Berlioz, e conti pagine di pregio assoluto Béatrice et
Bénédict stenta tuttora a entrare
nel repertorio dei teatri, sia in Francia (dove la prima
rappresentazione si ebbe solo nel 1890) che altrove. Alcune pregevoli
incisioni discografiche, fra cui quelle di Colin Davis e di Daniel
Barenboim, con cast di altissimo livello, compensano questa assenza,
mascherando solo in parte il problema fondamentale, che è di
ordine drammaturgico. Rifacendosi a Shakespeare, un autore che lo aveva
letteralmente ossessionato durante tutta la vita, Berlioz non
osò in realtà metterlo in musica, ma ne trasse
semplicemente spunti per un'esile vicenda circoscritta nei
confini di un opéra-comique
di modeste dimensioni, drasticamente tagliata rispetto al testo
originario, da cui sono espunti i gangli vitali della commedia, e
destinata a fornire occasione di divertimento e di piacere puramente
giocoso, toccando corde ora grottesche ora sentimentali. La leggerezza
e la delicatezza della musica, niente affatto inabissata in
profondità drammatiche, e talora bloccata al di sopra della
stessa vivacità della commedia, dove neppure le parti
parlate concorrono a dare smalto all'azione teatrale,
sembrano quasi valori a sé stanti: decantati e preziosamente
inanellati in un percorso che, anziché crescere
progressivamente e avvincere nell'attesa, si sospende
continuamente e si perde in lontananze di sogno, per toccare poi di
nuovo pesantemente terra con episodi comici accostabili a quelli del
repertorio buffo italiano. In luogo di una caratterizzazione
psicologica dei personaggi, abbiamo invece emozioni e sentimenti allo
stato nascente, puro, anche nella presa di coscienza di destini solo
apparentemente determinati da uno stravagante intrigo: reazioni che
emergono con immediatezza e ricchezza di immagini dentro alla variegata
stilizzazione del canto, organicamente distribuito nella sapiente
architettura dei pezzi chiusi, e attraverso la cristallina lucentezza
della strumentazione, tanto cesellata fino alle più sottili
sfumature (già a partire dalla sfavillante ouverture, che
introduce nel clima rapido e brillante dell'opera senza
svelarne troppo palesemente la tematica) quanto infarcita di geniali
invenzioni e trovate (nei coloriti insiemi, nella ripresa di una
siciliana quasi surreale come entr'acte
centrale). Tutto in quest'opera fa pensare a un progetto
sfuggente nella sua stessa esilità drammatica, frutto di
un'intuizione misteriosa e affascinante, che reagisce alla
nevrosi della modernità con le armi fatate della leggerezza.
Sergio Sablich
(1)
"Dizionario dell'Opera 2008", a cura di Piero Gelli, edito da Baldini Castoldi
Dalai editore, Firenze, pag. 139-140
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Ultimo aggiornamento 28 agosto 2020