Il carnevale romano, op. 9

Ouverture caratteristica, in la maggiore, per orchestra


Musica: Hector Berlioz (1803-1869)
  1. Allegro assai con fuoco (la maggiore)
  2. Andante sostenuto (do maggiore - mi maggiore - la maggiore)
  3. Allegro vivace (la maggiore)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 4 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 2 Cornette, 3 tromboni, timpani, piatti, 2 tamburi, triangolo, archi
Composizione: 1843 - 1844
Prima esecuzione: Parigi, Salle Herz, 3 Febbraio 1844

Il brano è tratto dal Benvenuto Cellini (H76a, n. 8 e 2) e costituisce la seconda ouverture di H76a o può essere suonata prima del secondo atto
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Berlioz ricavò nel 1843 dall'opera sfortunata e disuguale Benvenuto Cellini questa famosa pagina sinfonica, utilizzando temi tratti dalla scena d'amore del primo atto tra Benvenuto e Teresa e dal travolgente finale ambientato nelle strade invase dal festoso carnevale nella Roma del primo Ottocento sotto il dominio della Chiesa. Il brano è uno degli esempi più tipici dell'esuberanza inventiva e del brillante gusto strumentale del geniale musicista francese: inizia con una vivace esplosione sonora, brevissimo anticipo del successivo tema del saltarello, in un tempo Allegro assai (da notare il crescendo con i trilli degli archi) che sfocia nell'Andante sostenuto, la cui frase è affidata al corno inglese nella rievocazione del paesaggio dell'antica campagna romana, tra il sole, i viali ombrosi di pini, le tombe cristiane e i ruderi dell'acquedotto di Claudio. Diversi temi si intersecano e si intrecciano fra di loro in un discorso di ampio respiro che assume un tono particolarmente colorito e descrittivo con l'entrata del tamburello, del triangolo e dei piatti. Su questo episodio si innesta l'Allegro vivace, un rapido e danzante saltarello in sei ottavi, dove è racchiuso il profumo ritmico e timbrico dell'ouverture. La musica, pur rispettando gli equilibri architettonici tradizionali, disegna con estrema chiarezza una scena popolare che potrebbe trovare il suo equivalente visivo soltanto in una di quelle fantasiose coreografie dei Ballets Russes di Diaghilev. Indubbiamente è un pezzo di grande effetto e ricco di anticipazioni, quasi un prototipo in sintesi delle spumeggianti armonie strumentali della non meno celebre España di Chabrier.

Ennio Melchiorre

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La disastrosa caduta del Benvenuto Cellini amareggiò profondamente Berlioz, che nel 1843 volle recuperare almeno parte dell'opera elaborando in un'ouverture da concerto alcune scene del secondo atto, quelle relative alle feste di Carnevale in piazza Colonna. Alla base dell'ouverture è proprio quel saltarello corale che alla prima del 1838 aveva creato difficoltà insormontabili al direttore Habeneck, evidentemente impari al virtuosismo della scrittura di Berlioz. Appena accennato all'inizio del pezzo, il saltarello cede presto a un suggestivo Andante sostenuto, dominato dalla melodia del duetto d'amore nel primo atto del Cellinì, qui affidata al corno inglese. Poi la frenesia incalzante del saltarello si afferma con una strumentazione scintillante, a tratti perfino orgiastica, sospesa in un episodio più delicato, a mo' di trio, giocato sull'alternarsi di legni e archi.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Anche questa composizione è tratta da temi del Benvenuto Cellini: è comprensibile che Berlioz volesse salvare dall'oblio le parti migliori della una prima opera teatrale che non aveva incontrato il favore del pubblico. L'"Andante sostenuto" (che segue il brevissimo "Allegro assai con fuoco" dell'inizio) non è altro che la trascrizione strumentale del duetto del primo atto dell'opera; l'Allegro vivace" in 6/8 è il coro di carnevale, in un simpatico ritmo di saltarello all'italiana; e nell'ultima parte Berlioz unisce fugacemente il tema del duetto col ritmo del coro carnevalesco.

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

L'opera in due atti, «Benvenuto Cellini», di Berlioz, su libretto di L. de-Wailly e A. Barbier, andô in scena all'«Accademia Reale di Musica» (Opéra), il tre settembre 1838 e fu un fiasco solenne, che esercitô un influsso funesto sulla carriera di operista del piû romantico tra i compositori francesi. L'Ouverture, premessa all'opera, non era, allora, quella eseguita questa sera, denominata, appunto, «Carnevale romano». Questa fu eseguita per la prima volta, solamente nel 1844 e trasse origine dalla volonté di Berlioz di sottrarre all'oblio alcuni nuclei del suo sfortunato melodramma, ispirato al genio e aile bizzarrie del grande scultore e orafo fiorentino.

A una brevissima introduzione, «Allegro assai con fuoco», caratterizzata da accordi fulminei e verberanti come colpi di staffile, subentra una tenera melodia, dalla linea sinuosamente mossa (Andante) affidata al corno inglese e sostenuta dagli accordi energici degli archi. Tale «Andante» è ricavato dal duetto del primo atto di Benvenuto Cellini: «Teresa, voi che adoro piû della vita mia». Nell'«Allegro vivace», che s'innesta subito dopo, Berlioz ha incorporato, sostanzialmente, la frenesia ritmica del coro del Carnevale («Accorri, popolo di Roma») e dell'altro: «Risuonate o trombe». È una delle pagine piû rutilanti di Berlioz e il ritmo di «Saltarello», la popolare danza romana dal moto implacabile, attraverso il vertiginoso saettare dagli archi ai fiati e ai legni, il rubesto rintronare negli strumenti a percussione e la sua violenta accensione cromatica, si rivela come il mezzo espressivo piû idoneo dell'incontrollato tripudio carnevalesco.

Nel finale dell'Ouverture, i due terni, quello sospiroso del corno inglese e quello concitatissimo, del «Saltarello», vengono fusi a simboleggiare i due elementi fondamentali dell'opera: l'ardore di Benvenuto per Teresa e il vitalismo esaltato e sensuale del popolo romano.

Vincenzo De Rito


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 29 aprile 2000
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dalla Guida all'ascolto della musica sinfonica di Giacomo Manzoni, Feltrinelli Editore Milano,1976
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale., 20 ottobre 1976

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Ultimo aggiornamento 10 febbraio 2019