Symphonie fantastique, episodi della vita di un artista in 5 parti per orchestra, op. 14


Musica: Hector Berlioz (1803-1869)
Libretto: Hector Berlioz
  1. Visions et passions (Sogni e passioni)
    • Largo, in do minore
      Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, archi
    • Allegro agitato e appasionato assai, in do maggiore
      Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni 2 trombe, 2 cornette, timpani, archi
    • Largo più animato, in do maggiore
      Organico: ottavino, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, timpani, archi
  2. Un bal: Valse (Un ballo)
    • Allegro non troppo, in la maggiore
      Organico: ottavino, 2 flauti, oboe, 2 clarinetti, 4 corni, cornetto, 2 arpe, archi
  3. Scène au champ (Scena campestre)
    • Adagio, in fa maggiore
      Organico: 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 4 fagotti, 4 corni, timpani, archi
  4. Marche au supplice (Marcia al supplizio)
    • Allegretto non troppo, in sol minore
      Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 4 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 2 cornette, 3 tromboni, 2 tube, timpani, grancassa, tamburo, piatti, archi
  5. Songe d'une nuit du Sabbat (Sogno di una notte di Sabba)
    • Larghetto, in do maggiore; Allegro, in do minore; Allegro assai, in mi bemolle maggiore
      Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 4 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 2 cornette, 3 tromboni, 2 tube, timpani, grancassa, piatti, 2 campane, archi
    • Allegro, in mi bemolle maggiore
      Organico: ottavino flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 4 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 2 cornette, 3 tromboni, 2 tube, timpani, 2 campanelle, archi
    Ronde du Sabbat
    • Allegro poco meno mosso, in la minore
      Organico: ottavino, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 4 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 2 cornette, 3 tromboni, 2 tube, timpani, archi
    Dies irae et Ronde du Sabbat
    • Allegro, in la minore
      Organico: ottavino, flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 4 corni, 2 trombe, 2 cornette, 3 tromboni, 2 tube, timpani, grancassa, archi
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 4 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 2 cornette, 3 tromboni, 2 tube, timpani, tamburo, grancassa, piatti, 2 campane, 2 arpe, archi
Composizione: 1829 - 1830
Prima esecuzione: Parigi, Salle du Conservatoire, 5 Dicembre 1830
Edizione: 1834 (nella riduzione per pianoforte di Liszt); 1845 (partitura)

Nota:
Il largo del n. 1 proviene dalla romanza "Je vais donc quitter pour jamais mon doux pays" (Io lascerò per sempre il mio dolce paese) H 6.
La marche au supplice proviene dalla "Marche de gardes" dell'opera Les Francs-Juges, op. 23 H23
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel periodo di gestazione della Symphonie fantastique - scritta nei primi mesi del 1830, eseguita a Parigi il 5 dicembre dello stesso anno e ampiamente ritoccata negli anni seguenti - Berlioz la descriveva come «un'immensa composizione strumentale d'un genere nuovo, con cui cercherò d'impressionare fortemente gli ascoltatori», affermando che ne aveva chiaramente in testa lo schema da molto tempo, pur avendo bisogno di «molta pazienza per collegarne le parti e dare ordine al tutto». Molti anni dopo, nelle sue Memorie, scriveva: «Immediatamente dopo le otto Scènes de Faust, e sempre sotto l'influsso di Goethe, scrissi la Symphonie fantastique, con molta fatica per alcune parti e con una facilità incredibile per alcune altre. Così l'Adagio (Scène aux champs), che ha sempre impressionato così vivamente il pubblico e me stesso, mi affaticò per più di tre settimane: l'abbandonai e la ripresi due o tre volte. La Marche au supplice, al contrario, fu scritta in una notte».

Come al solito Berlioz reinventava la realtà alla luce della propria esaltazione romantica, tacendo o modificando abilmente alcuni fatti, perché, se è vero che aveva in mente "un'immensa composizione strumentale d'un genere nuovo", è anche vero che la mise insieme quasi interamente con pezzi composti in precedenza e rimasti incompiuti o inutilizzati.

Ecco perché alcune parti furono "composte" con tanta facilità. La Marche au supplice, "scritta in una notte" secondo le Memorie, fu tratta da un'opera incompiuta, Les Francs Juges: Berlioz non si dette neanche la pena di ricopiarla, limitandosi a nascondere il titolo originale con una striscia di carta incollata. Altri pezzi dovettero necessariamente essere rimaneggiati, più o meno ampiamente.

L'introduzione al primo movimento fu ricavata da una romanza scritta dieci anni prima, Je vais donc quitter pour jamais. Dalla cantata Herminie, del 1828, viene il tema ricorrente della Sinfonia, la cosiddetta idèe fixe. Da Les Francs Juges fu utilizzato anche un mélodrame, ambientato originariamente in una vallata in mezzo alle montagne, tra cui si odono le cornamuse dei pastori, mentre verso la conclusione si sente il brontolio del tuono: è evidente che il compositore non dovette faticare molto per trasformare questo brano nella Scène aux champs. Infine da una Ronde de Sabbat, già abbondantemente abbozzata per un Ballet de Faust, deriva il Songe d'une nuit de Sabbat.

Si capisce allora che il maggiore problema fosse "collegare le parti" e che quest'operazione richiedesse a Berlioz "molta pazienza". Per dare un'impossibile coerenza a questi pezzi eterogenei, ideò un "programma", che presentava al pubblico la Sinfonia come la narrazione musicale d'un "episodio della vita d'un artista", più precisamente della "infernale passione" dell'autore per l'attrice irlandese Harriett Smithson, da lui conosciuta nel 1827, quando era stata protagonista di alcune tragedie di Shakespeare sulle scene parigine. Già nel maggio del 1830 - in previsione d'una prima esecuzione, poi saltata per problemi organizzativi - Berlioz aveva fatto pubblicare il "programma" della Sinfonia, che parlava delle allucinazioni di un giovane artista (chiaramente il compositore stesso) avvelenatosi con l'oppio per amore d'una donna (chiaramente la Smithson: la passione non ricambiata di Berlioz era di dominio pubblico). Ma presto Berlioz dimenticò (temporaneamente) la Smithson e s'innamorò della pianista Marie-Félicité-Denise Moke: sembra che fosse stata fissata perfino la data delle nozze, senonché, nella primavera del 1831, mentre il compositore si trovava a Roma, la fidanzata sposò un altro musicista, Camille Pleyel. Fuori di sé, Berlioz decise di tornare a Parigi per ucciderla e uccidersi a sua volta, ma a metà strada si fermò e desistette. Sulla spinta di questi nuovi eventi, rimise mano alla musica e al programma della Sinfonia. In effetti si direbbe che l'arte avesse preceduto la vita, perché la Fantastique si adatta più alla tempestosa storia con l'infedele pianista che all'amore per la civettuola attrice, sfociato di lì a qualche anno in un borghesissimo e poco felice matrimonio.

La storia della veloce eppur tormentata e tempestosa creazione della Symphonìe fantastique è assolutamente indicativa della personalità del giovane Berlioz, dei suoi atteggiamenti byroniani, della sua tendenza a confondere arte e vita, del suo desiderio di colpire l'immaginazione, della sua passione per l'abnorme, della sua concezione teatrale della musica, da cui scaturisce una Sinfonia che non si basa su concatenazioni e sviluppi musicali consequenziali, secondo i principi classici, ma si presenta divisa in scene, seguendo un'organizzazione drammatica fatta di contrasti, addensamenti e scioglimenti, come un dramma. Berlioz rivendicava esplicitamente questo carattere teatrale della Fantastique, affermando che «il programma deve essere considerato come il testo di un'opera, che serve a presentare i brani musicali, descrivendone il carattere e l'espressione», perché «la trama del dramma strumentale, privato del soccorso delle parole, ha bisogno di essere esposta preventivamente». Ma anni dopo, smorzate le esasperazioni romantiche e riaffiorato il fondo classicheggiante della sua formazione, Berlioz disse di sperare che la SUa Sinfonia «fosse interessante dal punto di vista esclusivamente musicale, senza preoccuparsi del programma». Effettivamente, il valore della Symphonie fantastique sta non tanto nel programma quanto nei suoi aspetti musicali. E tra gli aspetti musicali emerge in funzione dominante, per la prima volta nella storia della musica, il timbro. Secondo Fedele d'Amico, questa è «una sorta di spettacolosa coreografia» fatta appunto di timbri. La straripante inventiva di Berlioz nella creazione di impasti strumentali fino allora inimmaginabili emerge in quasi ogni battuta: ne è un famoso esempio, subito prima della fine del terzo movimento, il passaggio affidato al corno inglese e a quattro timpani, che suggerisce il brontolio dei tuoni in lontananza. Ma soprattutto gli ultimi due movimenti si presentano come un crescendo inarrestabile di sonorità orchestrali nuove e originali, che, per creare le atmosfere allucinate e grottesche della marcia al supplizio e del sabba, giungono fino a deformare quello che è normalmente considerato il timbro naturale degli strumenti.

Ma significherebbe far torto a Berlioz e alla sua idea della musica a programma, che tanta fortuna ebbe nei cent'anni successivi alla Fantastique, ignorare completamente i contenuti narrativi della Sinfonia. Dunque si riproduce qui il programma nella verisone abbreviata, preparata per le esecuzioni successive alla prima:

«Un giovane musicista di sensibilità morbosa e di immaginazione ardente, in un eccesso di disperazione amorosa, si avvelena con l'oppio. Ma la dose è troppo debole per dargli la morte e lo fa cadere in un sonno pesante, accompagnato da strane visioni, durante il quale le sensazioni del suo cervello malato si traducono in immagini musicali. La donna amata è divenuta per lui una melodia che, come un'idea fissa, ritrova e riode ovunque.

Sogni-Passioni - Egli ricorda il malessere dell'anima, l'onda di passioni, la malinconia e la gioia senza perché, provate prima d'incontrare la donna che ama; ricorda l'amore vulcanico ch'ella gli ispirò al primo sguardo, l'angoscia delirante, la gelosia furiosa, i ritorni di tenerezza, i conforti...

Un ballo - Egli ritrova l'amata in una festa da ballo, tra il gaio tumulto delle coppie danzanti...

Scena nei campi - Una sera d'estate, vagando tra i campi, egli ascolta due pastori che cantano una nenia alpina. Questo dialogo pastorale, unito al lieve mormorio degli alberi scossi dal vento, contribuisce a rendere al suo cuore una strana calma e a rivestire le sue idee d'un colore più sereno. L'idea fissa riappare, il suo cuore si stringe, presentimenti dolorosi lo turbano... Uno dei pastori riprende la serena melodia, ma l'altro non risponde più. È il tramonto. Un lontano brontolio di tuono. Solitudine. Silenzio...

Marcia al supplizio - Egli sogna d'aver ucciso la donna amata, d'essere stato condannato a morte e si vede condotto al patibolo. Il corteo avanza al suono d'una marcia ora cupa e feroce, ora brillante e solenne: un sordo rumore di passi succede senza transizione agli scoppi più fragorosi. Alla fine riappare l'idea fissa, come un ultimo rapido pensiero d'amore, interrotto dal colpo fatale.

Sogno d'una notte di Sabba - Egli immagina d'essere al Sabba, tra un gruppo di streghe, stregoni e mostri orribili d'ogni genere, qui riuniti per i suoi funerali. Strani rumori, lamenti, risate, grida lontane, cui altre sembrano fare eco. La melodia dell'amata riappare, ma ha perduto ogni carattere di nobiltà e di pudore: non è più se non un'ignobile e triviale motivo di danza... È lei che viene al Sabba e si unisce all'orgia diabolica... Campane funebri, parodia burlesca del Dìes irae, ridda infernale..»

Mauro Mariani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

È di gran lunga la composizione più nota ed eseguita di Berlioz, tanto che è comune la tendenza a farne il simbolo stesso delle idee e del linguaggio di lui. In realtà ciò vale soprattutto per il primo Berlioz, quello vulcanico ed estroverso degli anni Trenta, di cui la Fantastica riassume temi e modi. Anzi li annuncia: giacché, composta fra il 1829 e il 1830 e preceduta, tolti gli juvenilia presto ripudiati, soltanto dalle Huit scènes de Faust e da alcune ouvertures e pagine vocali, può ben essere considerata un'opera di esordio. Diretta in prima esecuzione da François-Antoine Habeneck al Conservatorio di Parigi il 5 dicembre 1830, la Fantastica inaugura la serie delle composizioni sinfoniche a programma di Berlioz ed è anzi il primo esempio in assoluto di questo genere di musica. Più volte modificato, durante e dopo la composizioni della sinfonia, il programma della Fantastica merita d'essere riportato, quale figura nella partitura pubblicata nel 1845.

«Prima parte. Sogni, passioni. L'autore suppone che un giovane musicista, affetto da quel male morale che uno scrittore celebre chiama il vuoto delle passioni, scorga per la prima volta una donna che riunisce tutti i fascini dell'essere ideale sognato dalla sua immaginazione, e se ne innamori perdutamente. Per una insolita bizzarria, l'immagine amata non si presenta mai allo spirito dell'artista se non legata a un pensiero musicale, nel quale egli ritrova un certo carattere appassionato, ma nobile e timido come quello ch'egli attribuisce alla persona amata. Tale riflesso melodico e il suo modello lo perseguitano senza posa come una doppia idea fissa. Donde l'apparizione costante, in tutti i pezzi della sinfonia, della melodia che dà inizio al primo Allegro. Il passaggio da tale stato di malinconica disposizione al sogno, interrotto da qualche accesso di gioia senza motivo, a quello d'una passione delirante, con i suoi moti di furore, di gelosia, i ritorni di tenerezza, le lacrime, le consolazioni della fede, è l'argomento del primo brano.

Seconda parte. Un ballo. L'artista è condotto attraverso le circostanze più diverse della vita, in mezzo al tumulto d'una festa, nella pacifica contemplazione delle bellezze della natura; ma ovunque, in città, nei campi, l'immagine cara viene a presentarglisi tubandone l'animo.

Terza parte. Scena nei campi. Una sera, trovandosi in campagna, egli ode da lontano due pastori che si scambiano un ranz des vaches; questo duo pastorale, il luogo, il leggero brusio degli alberi dolcemente agitati dal vento, alcuni motivi di speranza che egli ha concepito da poco, tutto concorre a rendere al suo cuore una calma insolita e a dare alle sue idee un colore più lieto. Riflette sulla sua solitudine; spera presto di non dover più esser solo... Ma se ella lo tradisse!... Questa miscela di speranza e timore, queste idee di felicità turbate da alcuni neri presentimenti, formano l'argomento dell'Adagio. Alla fine uno dei pastori riprende il ranz des vaches; l'altro non gli replica più... Rumore lontano di tuono... solitudine... silenzio...

Quarta parte. Marcia al supplizio. Raggiunta la certezza che il suo amore sia respinto, l'artista si avvelena l'oppio. La dose del narcotico, troppo debole per dargli la morte, lo piomba in un sonno accompagnato dalle visioni più orribili. Sogna d'aver ucciso l'amata, d'esser condannato, condotto al supplizio, e d'assistere alla sua stessa esecuzione. Il corteo s'avanza al suono di una marcia ora cupa e selvaggia, ora brillante e solenne, in cui un sordo rumore di passi pesanti succede d'improvviso alle esplosioni più violente. Alla fine della marcia, le prime quattro misure dell'idèe fixe tornano, come un ultimo pensiero d'amore interrotto dal colpo fatale.

Quinta parte. Sogno di una notte del Sabba. Egli si vede al Sabba, in mezzo a una schiera orribile d'ombre, di mostri d'ogni sorta riuniti per le sue esequie. Strani rumori, gemiti, scoppi di risa, grida lontane cui paiono rispondere altre grida. La melodia amata ricompare, ma ha perduto ogni carattere di nobiltà e di timidezza; non è più che un ignobile motivo di danza, triviale e grottesco; è lei che giunge al Sabba... Ruggito di gioia al suo arrivo... Ella si mesce all'orgia diabolica... Rintocchi funebri, parodia grottesca del Dies irae. Ronda del Sabba. La ronda del Sabba e il Dies irae insieme».

Infatuazioni letterarie (l'allusione a Chateaubriand all'inizio del programma, la scena del Sabba che rimanda al Macbeth non meno che al Faust), delirante esaltazione autobiografica (l'amata è Harriet Smithson, l'attrice irlandese che poi Berlioz sposò, e che allora non conosceva, oggetto di una passione soprattutto estetica e immaginaria), convivono con tutti gli ingredienti di un romanticismo estetizzante e byroniano in una composizione stupefacente e ardita per la novità, assolutamente senza precedenti, del linguaggio orchestrale, capolavoro fra i più interessanti anche dal punto di vista strutturale, con il suo proporsi come forma ciclica grazie al ricorrere dell'idèe fixe, generatrice dei temi principali dei diversi movimenti. Dietro una veste così ostentatamente rivoluzionaria resta l'impalcatura di una sinfonia classica, che nell'articolazione in cinque tempi chiarisce di avere il suo modello, nemmen tanto lontano, nella Pastorale beethoveniana; e che serba in gran parte sia gli schemi (la forma sonata con introduzione lenta nel primo movimento) che le funzioni (di Scherzo, di tempo lento, di finale) della "musica assoluta".

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Composta a soli 27 anni questa Sinfonia, che ha per sottotitolo "Episodi della vita d'un artista" ed è dedicata allo Zar Nicola I, spinse decisamente il suo autore alla ribalta musicale internazionale Essa era nata come sfogo appassionato di un dolore profondo che all'artista aveva provocato la bionda attrice Harriett Smithson, sua futura moglie: senza rendersene conto, Berlioz dava vita al primo esempio di musica a programma che si conosca, prototipo di tanta parte del sinfonismo ottocentesco, in particolare dei "poemi sinfonici" degli autori posteriori. Riversando la sua passione in questa imponente partitura Berlioz tracciò infatti un vero e proprio programma, attribuendo a ogni pezzo della composizione un precìso contenuto narrativo. Nonostante tutto siamo però dal punto di vista formale nel campo della sinfonia, e il modello di Berlioz è qui ancora Beethoven: rispetto allo schema della sinfonia classica vi e infatti solo l'aggiunta di un brano, mentre la disposizione dei tempi rimane più o meno ancora quella stabilita dal classicismo viennese.

L'organico, senza scostarsi eccessivamente da quello della grande orchestra beethoveniana, presenta alcune novità: tra l'altro il clarinetto piccolo (che compare qui probabilmente per la prima volta nell'orchestra sinfonica), due tube, campane, ben quattro timpani e una folta schiera di archi (almeno 60 in tutto). Ed ecco il "programma" del pezzo: un giovane musicista, avvelenatosi per amore con l'oppio, cade in un sonno profondo, in cui le sue sensazioni e i suoi ricordi si traducono in immagini musicali. La sua amata si trasforma in una melodia, che ritorna continuamente nel corso della Sinfonia: è la famosa "idèe fixe" della Sinfonia.

Nel primo tempo - intitolato "Sogni, passioni" e costituito da un 'Largo' introduttivo e da un 'Allegro agitato e appassionato assai' - il giovane ricorda la situazione del suo animo prima e dopo aver conosciuto la donna amata, con le sue melanconie e poi con le angosce deliranti e i furori di gelosia.

Il secondo tempo è "Un ballo" (valzer): il protagonista incontra l'amata durante una festa brillante, nel corso di un ballo.

La terza parte è una "Scena campestre" ('Adagio'): una dolce atmosfera pastorale acquieta l'animo esacerbato del giovane, interrotta solo per un momento dall'apparizione dell'amata, che ridesta nel suo cuore le apprensioni più disperate.

Ed ecco la "Marcia al supplizio" ('Allegretto non troppo'): il giovane sogna di aver ucciso l'amata, di essere condannato a morte e condotto al supplizio. Il brano descrive il corteo lugubre e solenne, e alla fine ricompare per un momento l'amata, in una breve visione.

L'ultimo tempo s'intitola "Sogno di una notte del Sabba" ('Larghetto-Allegro'). L'amante si trova in mezzo a una folla d'ombre e di stregoni; l'"idée fixe" ricompare, in veste ormai di una danza triviale e grottesca (si noti l'uso parodistico del clarinetto piccolo): è l'amata che viene al Sabba, mescolandosi all'orgia. Le campane rintoccano a morto parodiando il Dies irae e il Sabba si conclude con una ridda infernale.

Dopo aver letto questo programma l'ascoltatore può anche dimenticarselo tranquillamente: la ricchezza della musica, la varietà delle atmosfere, la genialità di certe intuizioni melodiche e timbriche e la solidità della struttura formale è tale, che la Sinfonia fantastica resta un pezzo di musica pura, turgida ed espressiva come poche altre pagine del grande compositore francese.

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

Un quadro di Turner, Rain, Steam and speed (Pioggia, vapore e velocità), suscitò nel 1844 un grande scandalo, raffigurando una locomotiva a vapore che percorre un ponte sul fiume. Federico Zeri scriveva: «Come protagonista del dipinto non c'è più un eroe dell'antichità o un fatto mitologico, non c'è più un soggetto sacro relativo ai Vangeli, alle storie dei Santi o alla storia religiosa dei tempi passati; non abbiamo più un quadro con intenti patriottici e neppure abbiamo più nemmeno un paesaggio puro. Qui c'è la celebrazione della locomotiva a vapore, prodotta nel 1825 diciannove anni prima dell'esecuzione del dipinto». Il treno rappresentava per le vecchie generazioni uno dei simboli più controversi dei tempi nuovi, sbeffeggiati con feroce ironia da Rossini in uno dei più divertenti Péchés de vieillesse, Un petit train de pìaisir comico-imitatif. Per i giovani, invece, la locomotiva a vapore costituiva un oggetto forse infernale, ma affascinante e familiare. Hector Berlioz, per esempio, esprimeva in questa maniera lo stato d'eccitazione nervosa in cui versava all'inizio del 1830 all'amico Humbert Ferrand: «Sento il battito del cuore, le sue pulsazioni mi scuotono come i pistoni martellanti di una macchina a vapore. Ogni muscolo del corpo trema dal dolore». La metafora manifesta come la sensibilità del giovane artista, in procinto di dare al mondo la Symphonie fantastique, fosse legata allo sviluppo della città moderna. Nella stessa lettera, infatti, Berlioz informava l'amico di avere ormai in testa "l'intera cosa", un immenso lavoro sinfonico "concepito in un nuovo genere".

La crisi di nervi costituiva il culmine di un lungo periodo d'instabilità emotiva, legato alla passione per l'attrice Harriet Smithson. La compagnia inglese di William Abbott era arrivata a Parigi nel settembre 1827, per presentare al pubblico i capolavori del teatro inglese, in particolare quelli di Shakespeare, nell'interpretazione di grandi attori come Edmund Kean e Charles Kemble. Berlioz si recò ad assistere ad Amleto, in mezzo a una schiera di giovani scrittori e artisti, come Vigny, Dumas, Gautier, che formavano il nerbo del movimento romantico francese. La mattatrice della serata risultò una sconosciuta attrice irlandese, con la sua interpretazione di Ofelia, fragile e come in trance. Da quella sera Berlioz, profondamente sconvolto dalla forza drammatica del poeta inglese e rapito dalla grazia di Harriet, seguì assiduamente la stagione della compagnia, leggendo i testi di Shakespeare nella vecchia traduzione settecentesca di Letourneur e imparando a memoria i versi più significativi. Harriet tuttavia tornò in patria, a fine stagione, mentre Berlioz era sul punto di ricevere una nuova e forse più importante scossa emotiva.

II 9 marzo del 1828 la Société des Concerts du Conservatoire, un'orchestra fondata da François-Antoine Habeneck, eseguì per la prima volta in Francia l'Eroica di Beethoven, alla quale seguirono nel corso della prima stagione altri lavori importanti dell'autore tedesco. Per Berlioz si schiudeva un mondo musicale nuovo, che vibrava all'unisono con la sua sensibilità.

La figura di Harriet cominciava nel frattempo a diventare una vera e propria idée fixe, capace di suscitare in Berlioz i sentimenti più sconvolgenti, nonostante l'attrice avesse cercato in tutti i modi di porre un freno all'ossessivo corteggiamento del musicista. Esasperata da tanta insistenza, Harriet dichiarò senza mezzi termini che "niente era più impossibile" del loro amore. Il definitivo rifiuto gettò Berlioz in uno stato di estrema prostrazione, ma ebbe forse il merito di trasformare l'energia del giovane in creatività musicale. Una lettera al padre, scritta pochi giorni dopo le confessioni a Ferrand, spiega: «Questo mondo immaginario (ce monde fantastique) fa ancora parte di me, ed è cresciuto grazie all'aggiunta di tutte le nuove impressioni sperimentate man mano che procede la vita; è divenuta una vera malattia. Qualche volta riesco appena a sopportare questo dolore fisico o mentale (non posso separare i due aspetti), specie nelle belle giornate estive quando mi trovo, da solo, in luoghi all'aperto come i giardini delle Tuileries (...) Guardo quel vasto orizzonte e il sole, e soffro così tanto, così tanto, che se non mi contenessi mi metterei a urlare e a rotolarmi per terra. Ho trovato soltanto una maniera di soddisfare completamente quest'immensa fame d'emozioni, e questa è la musica. Senza di essa, sono certo che non riuscirei a sopravvivere».

Berlioz trovò la maniera di superare la tremenda crisi componendo nel giro di poco più di tre mesi la Symphonie fantastique. II lavoro fu eseguito il 5 dicembre 1830 nella sala del Conservatorio, con l'orchestra diretta da Habeneck, riscuotendo un clamoroso successo. La partitura subì una sostanziale revisione negli anni successivi e raggiunse la forma definitiva all'epoca della trascrizione per pianoforte di Liszt, nell'estate del 1833. La prima edizione fu pubblicata nel 1845 e una seconda, con qualche modifica minore, comparve l'anno successivo.

Una delle novità più clamorose consisteva nella presenza di un Programma, che ha suscitato fin dall'inizio reazioni molto controverse. Molti studiosi hanno reputato le didascalie scritte da Berlioz inutili e superflue, sostenendo che l'autore stesso più tardi avesse deciso di mantenere soltanto il titolo dei movimenti. La passione per Harriet era legata in maniera preponderante alla scoperta del mondo di Shakespeare. L'autografo della partitura della Sinfonia riporta due citazioni, aggiunte durante la revisione del lavoro compiuta nel 1831/1832. La prima consiste in un ampio estratto dal poema Feuilles d'automne di Victor Hugo, la seconda in una battuta di Gloucester da Re Lear (IV, I 36): «Noi siamo per gli dèi quel che sono le mosche pei fanciulli spensierati: ci ammazzano per loro svago». Non erano tuttavia le sole suggestioni letterarie del lavoro. Fino al 1846 Berlioz non ha compiuto sostanziali modifiche sulla struttura narrativa, ma in seguito ha letteralmente stravolto il testo iniziale. La versione conosciuta oggi, infatti, risulta piuttosto diversa da quella originaria, in particolare per quanto concerne l'aspetto onirico. In un primo momento soltanto le due scene finali, ovvero la Marche au supplice e Songe d'un nuit de sabbat, costituivano visioni procurate dall'oppio, mentre nella versione finale l'intera Sinfonia diventa il sogno delirante del giovane eroe. Nella versione del 1846, invece, Berlioz scriveva a proposito del primo movimento, Rèveries-Passions: «II compositore immagina che un giovane musicista, turbato da quella malattia spirituale che un famoso scrittore ha chiamato le vague des passions veda per la prima volta una donna in possesso di tutte le qualità della creatura ideale che ha sempre sognato, e s'innamora disperatamente di lei». Il famoso scrittore era Chateaubriand, il quale aveva descritto in René il vague des passions come uno stato d'animo "che precede lo sviluppo delle passioni, quando le nostre facoltà, giovani, attive, integre ma compresse, non si sono ancora esercitate che su loro stesse, senza scopo e senza oggetto". Anche la famosa idée fixe, che rappresenta senza dubbio l'aspetto musicale più rilevante del lavoro, trova delle corrispondenze precise nella lettaratura del primo Ottocento, in particolare nel racconto di E.T.A. Hoffmann Automata, come ha dimostrato in maniera puntuale la musicologa americana Francesca Brittan.

Shakespeare, Hugo, Chateaubriand, Hoffmann, ma anche De Quincey attraverso Musset (l'oppio) e la sterminata schiera di scrittori romantici dediti alla confessione autobiografica: una folla di letterati sembrava riunita nella partitura di Berlioz, che manifestava una spiccata tendenza a mescolare il teatro e la letteratura al linguaggio della musica. Occorre tener presente, infatti, che Berlioz aveva immaginato a un certo punto anche una forma drammatica per la Sinfonia fantastica, concepita come una sorta di prologo musicale, suonato da un'orchestra nascosta dietro una tenda, al monodramma Lélio ou Le retour à la vie, con il quale si concludeva l'Episodio della vita d'un artista.

Per inciso, la vita sentimentale di Berlioz si sviluppò in maniera imprevedibile. Durante la composizione della Sinfonia fantastica, nella quale veniva rappresentato il fallimento amoroso con Harriet Smithson, il musicista divenne il promesso sposo e amante della giovane pianista Camille Moke. Mentre Berlioz si trovava a Roma, però, la ragazza ruppe il fidanzamento e sposò il famoso costruttore di pianoforti Pleyel. Ricevuta la notizia, Berlioz saltò in carrozza e partì come una furia per Parigi, con la ferma intenzione di uccidere a colpi di pistola Camille, sua madre e infine se stesso. Ma arrivato a Genova, al culmine del parossismo nervoso, si gettò in mare. Un pescatore riuscì a tirarlo fuori dall'acqua e pochi giorni dopo i criminosi progetti erano svaporati, assieme all'infatuazione per la bella Camille. Quanto a Harriet, quel che non era riuscito a Berlioz in carne e ossa, riuscì alla sua musica. "Eh bien, Berlioz, je vous aime", mormorò l'attrice, dopo aver assistito nel 1832 a una esecuzione della Sinfonia fantastica e del suo seguito Lélio, finendo per sposare il musicista l'anno successivo.

La vita e la letteratura si mescolavano in maniera indissolubile alla musica, nella Sinfonia fantastica, e ciò costituiva il "genere nuovo" di cui parlava l'autore. La forma e il linguaggio della Sinfonia, infatti, non si discostavano in maniera sostanziale dal modello di Beethoven, che in quegli anni rappresentava per Berlioz il massimo eroe del suo Pantheon artistico. Lo schema dei movimenti, che nella concezione originaria erano quattro, senza probabilmente il secondo episodio, Un bal, mostra un disegno espressivo simile a quello della Sinfonia classica: Largo (do minore) - Allegro (do maggiore); Adagio (fa maggiore); Marcia, Allegretto ( sol minore); Finale (do maggiore).

La necessità di sovrapporre un programma narrativo alla musica nasceva piuttosto dal desiderio di mettere in evidenza una sfera emotiva, quel monde fantastique di cui parlava al padre, che la musica da sola non era in grado di esprimere in ogni sua sfumatura. La confessione autobiografica, introdotta nella cultura francese da Rousseau ed esplosa negli anni Trenta con la generazione di scrittori romantici, oggi risulta forse meno interessante di un tempo, ma resta un elemento indispensabile per comprendere la portata rivoluzionaria del lavoro di Berlioz. Il musicista ha riversato nella Sinfonia fantastica la massa d'impressioni stratificate nella sua coscienza, sfruttando una serie di materiali musicali di lavori precedenti e suggestioni letterarie provenienti dalle fonti più disparate. Il carattere bizzarro, anticonformista e visionario della musica si esprimeva soprattutto nella dimensione fisica del suono. Nell'organico orchestrale di Berlioz, che continuò nel tempo a rivedere la Sinfonia fantastica in una sorta di processo di ricomposizione quasi unico nella storia, trovarono posto anche strumenti provenienti dal teatro d'opera, dalle bande militari, persine dalle chiese dov'era ancora viva la tradizione del canto gregoriano.

La novità sconvolgente del lavoro di Berlioz, come nel caso del dipinto di Turner, consisteva nel raffigurare un mondo nuovo all'interno della cornice tradizionale. Il Sabba delle streghe stravolge in maniera grottesca la sequenza del Dies irae e l'immagine stessa della donna amata, trasformando in maniera oscena l'idée fixe che attraversa l'intero lavoro. La violenza espressiva di questa scena musicale potrebbe forse essere paragonata alla devastante corsa del treno in mezzo alla campagna. Benché avesse avuto l'impudenza di mettere una locomotiva nella Pastorale, Berlioz non era animato da uno spirito iconoclasta. La sua psiche sovreccitata percepiva i suoni nuovi della città in rapida trasformazione, restituendo la somma delle sue impressioni in maniera trasfigurata. Sotto le immagini di un monde fantastique si celava la confessione di un subbuglio interiore d'origine oscura, che riusciva a esprimersi nella forma tradizionale di una storia d'amore. Ma la poesia del mondo moderno pretendeva che "amore" d'ora in poi facesse rima non più con "cuore", bensì con "macchina a vapore".

Oreste Bossini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 16 marzo 2002
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dalla Guida all'ascolto della musica sinfonica di Giacomo Manzoni, Feltrinelli Editore Milano,1976
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 3 maggio 2008

I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 29 agosto 2012