Roma, sinfonia in do maggiore


Musica: Georges Bizet (1838-1875)
  1. Une chasse dans la forêt d'Ostie - Andante tranquillo, allegro agitato
  2. Allegretto vivo, scherzo
  3. Une procession - Andante molto
  4. Carnaval - Allegro vivacissimo
Organico: 2 flauti (2 anche ottavino), 2 oboi (2 anche corno inglese), 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, 2 arpe, archi
Composizione: 1860 - 1868
Prima esecuzione: Parigi, Cirque Napoléon, 28 febbraio 1869
Edizione: Choudens, Parigi, 1880

Utilizza lo Scherzo n. 34 e il frammento "Le doute" n. 89
Guida all'ascolto (nota 1)

Vincitore del Prix de Rome nel 1857, il giovane Bizet dimorò nel superbo palazzo di Villa Medici dell'Accademia di Francia a Roma fino al 1860. Se a Roma il presente era inglorioso, artisticamente parlando, c'era pur sempre un passato; e anche per un musicista l'arte non doveva ridursi alle minime e alle crome. Quest'argomento venne vigorosamente sostenuto da Gounod in un articolo scritto nel 1882 per rispondere ai detrattori dell'Accademia di Francia a Roma; e Bizet con la sua innata passione fisica e spirituale per il sole mediterraneo, e la sua convinzione che una vasta cultura artistica e letteraria fosse indispensabile a un musicista, abbracciò senza riserve quella tesi. Ma ciò che forse contava maggiormente per un giovane artista era la possibilità di vivere in un ambiente splendido e congeniale, senza l'assillo di guadagnarsi il pane quotidiano.

Gli anni trascorsi a Roma furono probabilmente i più felici della sua vita. Egli seguì i saggi consigli di Gounod che gli raccomandava di aprire il cuore come un bambino a tutto ciò che Roma offriva «nella sua incomparabile ed inesauribile abbondanza» e di ammirare tutto quello che poteva, perché «l'ammirazione allarga l'anima». Egli finì ben presto con l'amare la città e non soltanto nelle sue bellezze più evidenti. Amava i musei e le gallerie d'arte, i negozi di libri usati ed in particolare il clima e la campagna circostante. Vivendo a Villa Medici insieme ad altri artisti e connazionali, a spese del governo francese, egli aveva il meglio dei due mondi. In quel periodo i francesi, a causa delle ambizioni imperialistiche di Napoleone III, non godevano di molta fiducia in Italia e venivano trattati alternativamente da liberatori o da traditori, nella misura in cui risparmiavano agli italiani la fatica di battersi per la propria indipendenza. Non si mescolavano alla società locale, ma erano temuti e adulati insieme. Gli studenti di Villa Medici vivevano a loro agio senza lasciarsi turbare da considerazioni politiche. Bizet amava la vita comunitaria, lavorava così facilmente che sognava di tornare un giorno a Roma per comporre, si estasiava davanti alle albe e ai tramonti e faceva periodiche gite in campagna.

Infiammato dalle bellezze artistiche di cui per tre lunghi anni aveva così piacevolmente goduto, sulla via del ritorno in Francia Bizet scriveva alla madre: «Ho in mente una Sinfonia che vorrei intitolare Roma, Firenze, Venezia e Napoli. È studiata alla perfezione: Venezia sarà l'Andante, Roma il primo movimento, Firenze lo Scherzo e Napoli in Finale. È un'idea nuova, direi».

La Prima Sinfonia di Bizet era stata scritta in un mese; la seconda lo tenne saltuariamente occupato per undici anni. Per lui, infatti l'opera che a noi è nota col titolo di Roma fu sempre "la mia sinfonia". La storia della sua composizione è movimentata e a tratti oscura. Non possiamo dire se questo lavoro comprenda o meno materiale tratto dalla "Sinfonia italiana" descritta per sommi capi alla madre nel 1860. La prima versione venne ultimata (ma non orchestrata, a quanto sembra) entro il luglio del 1866. Il primo movimento, che era in origine una serie di variazioni, fu completamente riscritto all'inizio dell'estate del 1868; venne conservato soltanto il tema (con qualche modifica) e anche l'Andante subì delle trasformazioni. Fu allora che Bizet vi inserì il tema in do maggiore proveniente dal finale, osservando che si adattava alla perfezione. La seconda versione fu terminata in giugno; in ottobre Bizet si dichiarava poco soddisfatto del finale. Il 28 febbraio 1869 Pasdeloup diresse tre dei movimenti, escludendo lo Scherzo e presentandoli come Fantaisie symphonique, Souvenirs de Rome. Essi portavano questi titoli forse non dovuti a Bizet: Une Chasse dans la forêt d'Ostie, Une Procession e Carnaval à Rome. Egli continuò a chiamare Sinfonia questa composizione, che poi rivide per la terza volta nell'estate del 1871 e che fu eseguita integralmente soltanto nell'ottobre del 1880 quando Pasdeloup la ripresentò come Roma, Symphonie en quatre parties. Lo stesso anno Choudens la pubblicò col titolo Roma, troisième suite de concert (le prime due suites erano presumibilmente quelle tratte dall'Arlésienne). I titoli descrittivi furono scartati tranne nel finale, che reca l'intestazione Carnaval ed è l'unico movimento che riveli qualche traccia di ispirazione "italiana".

Qualunque ne fosse l'ispirazione originaria, Bizet pensava che Roma dovesse essere un esempio di musica pura. Sotto questo aspetto essa regge assai male il confronto con la Sinfonia del 1855; è troppo abborracciata nella forma troppo discontinua nella struttura; soltanto nell'orchestrazione, tecnica in cui egli eccelleva quasi sempre, Roma appare pienamente riuscita.

Il tema iniziale dell'Andante tranquillo, presentato da quattro corni, deve qualcosa al Freischütz di Weber, oltre che a Gounod. Un motivo caratterizzato da un arpeggio di terzine, presentato da una tromba sola, costituisce il seme da cui sboccia il tema principale dell'Allegro agitato ma non troppo, che segue un convenzionale ribollire di settime diminuite. I fiati sono usati con grazia, e la sobria suddivisione degli archi in più parti nella coda rappresenta un tocco felice. Lo Scherzo è il movimento di gran lunga più riuscito: è significativo il fatto che esso sia, spiritualmente e cronologicamente, il più vicino alla Sinfonia del 1855. Meno impacciato e meno retorico degli altri tempi, inizia con un fugato costruito su un bellissimo tema. Il tema principale dell'Andante è un'anticipazione evidente, anche se meno pregevole, dell'Adagietto dell'Arlésienne: vi si notano una concentrazione e una raffinatezza minori, ma la forma e lo stile della melodia e la strumentazione (archi divisi in quattro parti) sono gli stessi. L'effetto non è sgradevole, specialmente quando la melodia viene ripresentata dai fiati e accompagnata da arabeschi dei violini. Questo movimento impegna l'organico orchestrale più a fondo degli altri. Il finale (Allegro Vivacissimo) è il movimento che più si avvicina alla musica descrittiva. Dal punto di vista formale esso è poco più che una sfilza di melodie basate in gran parte su un ostinato di settime di dominante e settime diminuite alternate. I temi principali sono quattro; il primo, un'agile e brillante frase del flauto fa pensare al quintetto di Carmen; il secondo è una cadenzata melodia italiana in terze; il terzo ha un ritmo caratteristico che riecheggia il finale del Concerto per violino di Mendelssohn, e il quarto, infine, è la melodia in do maggiore, dell'Andante iniziale che qui procede al gran trotto. Questo movimento ha un'orchestrazione brillante e contiene pagine eccellenti, specialmente quando il terzo tema si spezzetta in frammenti affidati a singoli strumenti (procedimento usato poi con splendidi risultanti in Carmen) per ricomporsi immediatamente in uno stimolante contrappunto con la melodia del flauto; ma, come spesso avviene a questo mondo, la componente più sgargiante si affaccia sempre più spesso alla ribalta, e la coda, in cui si specifica per due volte che essa va eseguita plus vive e che termina con un fff, non fa che sottolinearne la fondamentale preponderanza. Non c'è equilibrio di tonalità né ricapitolazione regolare e il quarto tema serve a ribadire la tonica, compito che assolve senza esitazioni.

Winton Dean

Testo di Georges Bizet
Roma, 16 maggio 1858

Mi attacco a Roma ogni giorno di più. Più la conosco e più l'amo. Tutto è bello qui. Ogni strada anche la più sudicia, è tipica; ha un suo carattere singolare, o qualcosa dell'antica città dei Cesari.

Particolare stupefacente, gli oggetti che più mi urtavano alla prima entrata in Roma fanno ora parte della mia esistenza: le Madonne ridicole al di sopra delle lampade votive, la biancheria stesa alle finestre, il fieno in mezzo alle piazze, i mendicanti. Tutto mi piace e mi affascina, e griderei al sacrilegio se togliessero un solo ammasso di fango.

Ci sono diversi modi di studiare Roma: si può guardare più all'aspetto artistico, o a quello pittorico e poetico, o ancora alla religiosità e alla politica oppure si possono osservare i costumi e il carattere dei suoi abitanti. Quest'ultimo aspetto seppur interessante è per noi molto difficile da approfondire, vista l'esclusione completa dei francesi dalla società italiana. Abbiamo trovato tutte le porte chiuse, infatti i francesi sono poco amati qui. Ma se gli italiani sbarrano le loro case, non possono chiudere i loro musei, le loro campagne, le loro chiese, il loro cielo, e l'uomo che sente il bello e il vero troverà qui di che ammirare e pensare. Vorrei anche mostrarti per un istante la splendida vista che ho dalla mia camera. Vorrei anche farti visitare il paradiso che noi abitiamo e che si chiama Villa Medici.

È delizioso. Le aurore e i tramonti sono splendidi. Il mio sogno è venire a comporre qui, più tardi. Si lavora meglio a Roma che a Parigi. Più vado avanti e più considero imbecilli coloro che non sono riusciti a comprendere la fortuna del pensionato dell'Accademia. Del resto, ho notato che questi ultimi non hanno mai fatto grandi cose. Halévy, Thomas, Gounod, Berlioz, Massé, hanno le lacrime agli occhi quando parlano di Roma. Leborne, Galibert, Cohen, Elwart attribuiscono la loro nullità al tempo che hanno perso, loro dicono, all'Accademia. Io sono più che mai certo del mio avvenire, non che io creda di non aver più nulla da fare, ma perché penso che posso e perché voglio.

Georges Bizet
in una lettera alla madre

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 4 novembre 2000

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Ultimo aggiornamento 8 febbraio 2013