Concerto in re maggiore per flauto e orchestra, G 489


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro molto (re maggiore)
  2. Adagio (sol maggiore)
  3. Rondeau: Allegretto (re maggiore)
Organico: flauto, archi
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Frère, Parigi, 1780 circa (come op. XXVII)
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Educato alla musica e specialmente allo studio del violoncello oltre che nella sua città natale, anche a Roma, secondo i dettami della scuola di Corelli e di Tartini, Luigi Boccherini soggiornò dal 1767 al 1769 a Parigi, prima di stabilirsi definitivamente a Madrid, come «compositore e virtuoso da camera» di don Luigi Infante di Spagna, fratello di Carlo IV. Nel 1787 Federico Guglielmo II di Prussia gli conferì il titolo di «compositore di corte»; ma la morte sia del primo che del secondo protettore assottigliò le fonti di guadagno del musicista e ben poco gli valsero le premurose attenzioni dell'ambasciatore di Francia a Madrid, Luciano Bonaparte, cui dedicava nel 1801 lo Stabat Mater a tre voci con accompagnamento d'archi, e quelle del marchese madrileno Benavente, appassionato suonatore di chitarra, per il quale Boccherini aggiunse una parte per tale strumento in alcuni quartetti, quintetti e sinfonie. Nell'ultimo periodo della sua vita, il compositore, piuttosto malandato in salute e senza poter suonare il suo violoncello, continuò a scrivere Quartetti e Quintetti per archi, dove il suo genio doveva lasciare un'impronta incancellabile. La morte lo colse in povertà il 28 maggio 1805, sessantaduenne.

Boccherini è stato un autore fecondo e di inesauribile vitalità creatrice; basti dire che egli ha scritto una trentina di sinfonie, ben 102 quartetti, 163 quintetti, questi ultimi in varie formazioni, ma in prevalenza per due violini, due viole e violoncello, una diecina di concerti, otto dei quali per violoncello, due ottetti, sedici sestetti, settantaquattro trii, duetti, sonate, in più l'opera La Clementina (Madrid 1786), due balletti per i teatri di Vienna e Mestre, due oratori, uno Stabat Mater, una messa, cantate sacre e profane e altre musiche vocali. Nonostante ciò la sua opera è stata per lungo tempo in oblìo e solo intorno agli anni Trenta ha avuto una soddisfacente rivalutazione, per merito di alcuni musicologi, tra cui Fausto Torrefranca che, in uno studio critico su «Le origini dello stile mozartiano», pubblicato nel 1926 sulla Rassegna musicale italiana, collocò Boccherini in una posizione storica importante nell'ambito del processo formativo dello stile sinfonico e da camera, basato sulla forma dialettica della sonata. Infatti Boccherini presenta uno stile dai lineamenti chiari e precisi, in piena autonomia rispetto al contemporaneo Haydn: particolare attenzione alla verità del discorso strumentale nel quartetto d'archi, scioltezza e giocondità di forme e di figurazioni negli allegri, una mestizia serena e a volte sentimentale nei tempi lenti, giovanile brillantezza di pulsanti stacchi ritmici e di policromie festose nei movimenti conclusivi di sonata.

Tali indicazioni musicali ed espressive vengono rispettate nel Concerto in re maggiore per flauto e archi, che rivela particolare felicità di inventiva e di fraseggio spigliato nell'Allegro moderato iniziale, in cui il flauto non manca di esaltare se stesso in una piacevole cadenza. L'Andante è in linea con la tradizione settecentesca della Sonata da camera, mentre il Rondò conclusivo si sviluppa con varietà e frastagliata articolazione sonora, all'insegna del più sereno e cordiale divertimento.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nell'imponente mole dell'opera di Luigi Boscherini, il concerto in re maggiore per flauto e archi è l'unico esemplare del genere, almeno secondo quanto si ricava dall'attuale stato delle ricerche boccheriniane. Nel catalogo del Picquot il concerto è dato come opera 27, mentre sotto il medesimo numero l'editore francese Sieber comprese una serie di quartetti, benché questi fossero dallo stesso Boocherini contrassegnati dal numero d'opera 24. Nessun dubbio tuttavia può sussistere sulla autenticità del concerto, la cui composizione risale con tutta probabilità al 1770, all'epoca cioè in cui il compositore si trovava a Madrid, « compositore e virtuoso di camera » dell'Infante Don Luigi.

Questo concerto è stato introdotto in Italia alcuni anni fa proprio da Severino Gazzelloni, il quale ha dato in tal modo un valido contributo alla rivalorizzazione dell'opera di Boccherini. Come è noto infatti in tempi recenti lo spirito di ricerca, che forse più di tutto caratterizza la nostra epoca, si è imbattuta nelle tracce del maestro lucchese, dando origine non solo ad un notevole numero di monografie, ma anche alla costruzione di complessi specializzati e di società di amatori. Ciononostante sarebbe forse ancora prematuro dare dei giudizi definitivi (ma esistono in arte dei giudizi definitivi ?) sul reale valore e sulla effettiva importanza storica della musica di Boccherini. Il concerto per flauto, costruito sul tradizionale schema in tre tempi e arricchito di tre brevi cadenze, rivela la consueta facilità di scrittura del suo autore, e, pur senza essere fra le sue opere più significative, non manca di quei tratti di melanconica eleganza che avvicinano, secondo alcuni, l'opera di Boccherini a quella di Mozart.

Boris Porena


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 11 maggio 1986
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 12 gennaio 1959

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Ultimo aggiornamento 22 aprile 2016