Tra il 1798 e il 1799 Boccherini trascrive e raduna in due raccolte dodici quintetti, originariamente composti per organici diversi, affidandoli a una formazione strumentale piuttosto insolita: al quartetto d'archi classico (formato da due violini, viola e violoncello) il compositore aggiunge la chitarra. La scelta dello strumento è un omaggio al committente e dedicatario delle due raccolte, il marchese di Benavente. Eccellente chitarrista dilettante e ammiratore sincero di Boccherini, il mecenate madrileno ospita un'orchestra stabile nel suo palazzo, frequentato da intellettuali, musicisti e pittori (fra i quali spicca il nome di Goya, intimo amico di Boccherini); proprio all'italiano, il marchese aveva affidato l'incarico di direttore della musica.
L'impiego della chitarra trova, del resto, un'altra giustificazione nell'interesse nutrito da Boccherini per il folclore del paese di cui è ospite da lungo tempo. In numerose occasioni elementi pittorici, danze popolari e scene di vita madrilena concorrono ad arricchire le pagine di musica colta del compositore italiano.
La trascrizione dei quintetti e l'aggiunta della chitarra risalgono agli ultimi anni di vita di Boccherini, quando il maestro torna sulla propria musica per rielaborare alcune tra le opere più amate; attinge allora alla sua vastissima produzione cameristica, entro la quale il genere del quintetto ricopre il ruolo di centro focale. Se la frequentazione assidua del Quintetto testimonia, da un lato, il contatto continuo mantenuto da Boccherini col classicismo viennese (in particolare con la musica di Haydn), dall'altro ne rivela l'autonomia creativa: l'opera di Boccherini, soprattuto nel caso dei quintetti con due violoncelli e di quelli con la chitarra, si fregia di originalità assoluta. Il suo stile si sviluppa in direzioni autonome rispetto a quelle percorse dal classicismo viennese. Le forme boccheriniane sono comprese a pieno solo accettando la quasi completa estraneità del compositore rispetto al modus operandi della forma-sonata classica.
Il genere del Quintetto, in particolare, diviene il luogo
privilegiato entro cui convogliare la propria abbondantissima vena
melodica: i temi sgorgano frequenti, l'uno di seguito all'altro, spesso
renitenti a piegarsi al principio dialettico dell'opposizione
drammatica, così tipico del sonatismo classico; sono capaci di
oltrepassare i limiti loro concessi (i limiti formali dell'Esposizione,
per intenderci) e di invadere zone come quelle dello Sviluppo,
comunemente dedicate alla rielaborazione di temi già uditi. Boccherini
discorre, racconta attraverso la sua musica una storia continua, una
storia che non conosce improvvise battute d'arresto: i suoi temi
s'inseguono come le onde che si rifrangono sulla scogliera; sono
improntati a uno spirito comune, sono incapaci di "combattersi". Tutto
ciò intacca anche il linguaggio armonico, che ha poco in comune con
quello dei viennesi: la successione dei piani tonali, spesso
imprevedibile, approda a esiti assolutamente originali.
Il Quintetto n. 6 in sol maggiore G. 450 ha un'origine complessa: vi confluiscono, infatti, i primi due movimenti del Quintettino n. 1 op. 55 G. 431 per flauto (o oboe) e archi, e del Quartettino n. 5 op. 53 G. 240 per archi.
Come il Quintetto n. 1 G. 445, anche il Quintetto in sol maggiore si caratterizza per la complessità formale del primo movimento, Allegro con vivacità, e del quarto, Allegretto: Boccherini rivisita la forma-sonata classica, ne rispetta la tripartizione, ma organizza il contenuto musicale dei tre momenti in modo particolarmente originale. La transizione del primo movimento si arricchisce di un motivo che ricomparirà in apertura della Ripresa al posto comunemente spettante al primo tema; l'Esposizione dell'Allegretto, al contrario, è priva di elementi di transizione: i due temi, il primo alla chitarra, il secondo agli archi, si succedono senza soluzione di continuità; nella Ripresa di entrambi i movimenti, il secondo tema precede la comparsa del primo.
Semplice e lineare è la struttura degli altri due movimenti. Tre motivi - il primo mesto e malinconico, diviso tra violino, viola e chitarra; il secondo elegante, affidato alla chitarra e al violoncello; il terzo lento, su note ribattute della chitarra e della viola - si alternano e si susseguono entro l'Andantino lento.
Il Tempo di Minuetto, diversamente dalla Polacca del Quintetto n. 2 e dal Minuetto del Quintetto n. 5, rispetta la struttura tradizionale: nel Minuetto un tema grazioso ed elegante è condotto a canone dai due violini e dalla viola; il Trio introduce un tema agile e scattante, in netto contrasto con il precedente.
Raffaella Valsecchi