Quintetto n. 9 in do maggiore per chitarra e archi, G 453


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro maestoso assai (do maggiore)
  2. Andantino (la minore)
  3. Allegretto (do maggiore)
  4. Ritirata "Retraite de Madrid" con variazioni (do maggiore)
Organico: chitarra, 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1799
Edizione: Zimmermann, Lipsia - Berlino - Riga, 1925

Arrangiamento del Quintetto op. 56 n. 3, G 409
Guida all'ascolto (nota 1)

In ordine cronologico Boccherini fu l'ultimo, dei grandi "musicisti italiani i quali diedero nel Sei e nel Settecento l'avvio al concretarsi delle classiche forme della musica strumentale europea. Educato all'arte, oltre che nella sua città natale, in Roma, secondo i dettami della scuola di Corelli e di Tartini, Boccherini soggiornò in seguito a Parigi, prima di stabilirsi definitivamente a Madrid, come « compositore e virtuoso da camera» dell'Infante Luigi. Nel 1787 re Federico Guglieìmo di Prussia gli conferì, il titolo di «compositore di corte», ma dopo la morte di questi suoi protettori la vita di Boccherini trascorse e finì nella più squallida miseria. La sua opera, alla pari di quella della maggior parte dei suoi contemporanei e predecessori italiani, fu sospinta nell'ombra di un secolare oblìo dalla generale infatuazione operistica dell'Ottocento. La sua piena riscoperta e rivalutazione è ancora in corso. Essa verte non solo sul valore, assoluto delle sue numerosissime musiche, ma ne investe altresì la relativa funzione storica, mirando a precisare il ruolo che, compete a Boccherini nell'ambito del processo formativo dello stile sinfonico e da camera basato sulla forma dialettica della Sonata. Anche se le prime pubblicazioni, dei Quartetti e delle Sinfonie boccheriniane (1768 e 1771) non precedono quelle delle analoghe opere di Haydn, tuttavia si può rivendicare a Boccherini una piena autonomia di gusto e di stile rispetto ai suoi contemporanei viennesi. Tanto più che parecchie delle sue «Sinfonie, ossia Quartetti» pubblicate nel 1768, Boccherini le aveva già composte prima della data del suo viaggio a Vienna (1761).

Il Quintetto in do maggiore esiste in doppia versione come Sesto quintetto con pianoforte (pubblicato, postumo) e come secondo di un gruppo di Quintetti con chitarra approntati dal Boccherini per il suo amico e protettore il marchese Benavente, il quale era un eccellente chitarrista dilettante. Questo Quintetto è uno dei maggiori lavori da camera di Boccherini e non solo per le sue dimensioni materiali (la composizione dura più di mezz'ora), ma per le sue qualità formali ed espressive.

Il primo movimento, Allegro Maestoso assai è tutto pervaso da solenni ritmi di marcia, che vengono scanditi alternativamente in forte e in piano, con poetici effetti di eco e che vengono intramezzati da fantasiose cadenze dei singoli strumenti. Il secondo tempo è un tenero Andantino in la minore, composto di due parti ritornellate. Anche il grazioso Allegretto presenta un taglio bipartito, comprendendo due partì, di cui una in maggiore e una nel modo minore. Il quarto tempo è uno dei pezzi più singolari di Boccherini.

In 12 Variazioni egli vi rievoca la «Ritirata di Madrid», cioè la musica che si ode di notte per le strade della capitale spagnola, dal tocco dell'«Ave Maria delia Parrocchia» fino alla «Ritirata», quando i canti regionali del «Rosario» si mescolano alle danze popolari, alle melodie dei suonatori ambulanti e al suono delle «chitarrate». Boccherini indica che «La seguente ritirata deve suonarsi come fosse lontanissima, e perciò appena dovrà sentirsi, poi si aumenterà conforme s'anderà, advertendo il piano e il forte ». La Prima Variazione viene suonata in movimento «Maestoso lento» e «flautato sul diapason» degli archi. La Seconda va interpretata «con grazioso», come esige l'autore. Nella Terza c'è il fremito di rapidi passi di terzine staccate che nella Quarta «comincia ad avvicinarsi». Mentre nella Quinta Variazione la musica si sente ancora «a mezza voce», nella Sesta essa si ode «forte» e nella Settima arriva, al «fortissimo». Nell'Ottava, il corteo si è avvicinato: Boccherini chiede agli archi di suonare «imitando il tamburo». Nella Nona Variazione, la musica comincia ad allontanarsi e si sente nuovamente solo «a mezza voce». Nella Decima il canto si ode ancora «piano espressivo». Nella Undicesima, esso risuona «più piano e con grazia». Nella Dodicesima si è ormai allontanato e arriva ad un «pianissimo... che appena si sente». Questa idea di architettare un intero pezzo musicale in vista di un effetto di «avvicinamento» e di «allontanamento» della musica corrisponde ad una concezione tipicamente «impressionista» che diventerà tanto cara a Debussy e Ravel. Al suo valore intrinseco questo straordinario Finale del Quintetto in do maggiore di Boccherini, somma dunque il fascino di una singolare anticipazione storica.

Roman Vlad


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 23 gennaio 1956

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Ultimo aggiornamento 24 marzo 2016