Sestetto n. 3 in mi maggiore per archi, op. 23 n. 3, G 456


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Moderato assai (mi maggiore)
  2. Allegro brillante (mi maggiore)
  3. Minuetto (la maggiore) - Trio (la minore)
  4. Finale: Presto (mi maggiore)
Organico: 2 violini, 2 viole, 2 violoncelli
Composizione: 1776
Edizione: Sieber, Parigi, 1780 circa (come op. XXIV n. 6)
Guida all'ascolto (nota 1)

Luigi Boccherini scrisse - a star sul sicuro delle opere a lui attribuite senza incertezze - 42 Trii, 91 Quartetti, 185 Quintetti, 12 Sestetti e un Ottetto: ai quali possono aggiungersi i sei Notturni dell'op. 38, che portano praticamente a 17 i Sestetti e a 2 gli Ottetti. I Sestetti (a parte i Notturni dell'op. 38, scritta nel 1787 per l'oboista Barli) sono tutti compresi nelle due raccolte scritte per Don Luigi di Spagna: l'op. 16, del 1773 e l'op. 23 del 1776 (pubblicate, rispettivamente, come op. 15 dal Le Chevardière e come op. 24 dal Sieber). I sei Sestetti op. 16 sono per flauto, due violini, viola e due violoncelli. Per soli archi (due violini, due viole e due violoncelli) sono invece i sei Sestetti op. 23. Di questi viene oggi eseguito il terzo, in re maggiore, che ebbe la sua prima ripresa moderna, ad opera del Sestetto Chigiano, la sera del 2 settembre 1967, nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena, nell'ambito della XXIV Settimana Musicale Senese.

Il Sestetto in re maggiore op. 23 n. 3 è una di quelle opere di Boccherini che possono dirsi «notturne», anche se struttura ed espressione vi appaiono più serrate che in altri lavori consimili, secondo un disegno che le racchiude più da vicino, senza lontananze di estri e di umori. Nel Grave iniziale è la delicatezza di un canto sereno e semplice, lieve di increspature, di trasalimenti, di accenti appena sfiorati, un porgere naturale e piano, quasi trepido, sfumato, pudico, eppur senza reticenze, un canto velato ma pieno, una finissima trama d'archi che si fa atmosfera, come appunto in certe magiche sospensioni notturne di Mozart. Nel seguente Allegro brioso assai la vivacità e la scioltezza di una concertazione strumentale assai varia e libera si irrobustiscono dell'incisiva energia degli stacchi e dell'appassionata decisione degli accenti, in un vero e proprio «ardore patetico». Nel Minuetto la danza è ormai dimenticata, ridotta a mero modulo metrico, per di più enormemente allargato nel ritmo; il Trio è un divertimento quasi virtuosistico (con effetti di chitarra), ricco di fantasiose e fantastiche divagazioni; ancor qui sembra disegnarsi la scena di un notturno «capriccio». L'Allegro vivo assai, con cui il Sestetto op. 23 n. 3 si conclude, ha la spigliatezza e la rapidità incalzante di un finale da opera buffa, ma con un sapore estroso e un umore «scapestrato» che gli danno ben altra dimensione, richiamo e riannodo all'ambientazione d'insieme dell'intero lavoro.

Carlo Marinelli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 28 febbraio 1969

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Ultimo aggiornamento 28 maggio 2014