Sinfonia n. 13 in do maggiore, op. 37 n. 1, G 515


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro con moto (do maggiore)
  2. Menuetto (do maggiore) - Trio (do minore)
  3. Lento (do minore)
  4. Finale: Allegro vivo assai (do maggiore)
Organico: 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 violini obbligati, 2 violini, 2 viole, violoncello
Composizione: 1786
Edizione: Pleyel, Parigi, 1798 o 1799
Guida all'ascolto (nota 1)

Come di altri autori del nostro Settecento anche di Boccherini è in atto da tempo una riscoperta e revisione insieme, che se da una parte gli hanno tolto il titolo di iniziatore vero e proprio della forma del quartetto, come avrebbe voluto la tradizione italiana, dall'altra gli hanno attribuito il merito di aver portato sia nelle stesse forme cameristiche e nella tecnica clavicembalistica, sia nel concerto solistico e nella sinfonia, fecondi impulsi di cui si avvarranno in particolare i compositori dell'orbita germanica, da Mozart a Clementi.

Un contributo significativo alla migliore conoscenza e al maggiore apprezzamento del compositore lucchese già ci provenne da una Periodical Ouverture, scoperta nel 1950 dal maestro Fernando Previtali nella Biblioteca Watson di Manchester e che fu da lui ricostruita in partitura. Quest'oggi è la volta di una Sinfonia periodica in do, anch'essa restituitaci dal maestro Previtali dopo un suo recente ritrovamento nella Public Librairie di New York. Periodiche si denominavano talvolta nel sec. XVIII le opere pubblicate per sottoscrizione e comprese in raccolte.

La Sinfonia periodica oggi in programma prevede archi (con violini divisi in «principale» e di «ripieno»), flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni e comprende i quattro movimenti della sinfonia classica, senza averne però la struttura interna e l'ampiezza. Il primo movimentò (Allegro con moto) è concepito infatti: secondo uno schema A-B, con ripetizione della seconda parte. Alla stuzzicante vivezza di questo movimento, segue, con ordine invertito, il Minuetto, dalla sigla squisitamente boccheriniana e con un Trio in tonalità minore che sembra anticipare l'atmosfera dell'Andante, anch'esso in do minore. Qui, nel breve e bellissimo dialogo a distanza tra oboe e violoncello, l'«intenerimento» di molte pagine del lucchese è ormai prossimo a certo «patetico» che sarà proprio dei romantici. Un fresco zampillare di idee attorno a un motivo giocoso di partenza anima l'Allegro finale.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 22 novembre 1964

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Ultimo aggiornamento 25 giugno 2014