Trio n. 20 in do minore per violino, viola e violoncello, op. 14 n. 2, G 96


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro moderato (do minore)
  2. Adagio (mi bemolle maggiore)
  3. Tempo di Minuetto (fa maggiore) - Trio (si bemolle maggiore)
    Riutilizzato nel Quartetto per archi G 255
  4. Prestissimo (do minore)
Organico: violino, viola, violoncello
Composizione: 1772
Edizione: La Chevardière, Parigi, 1773
Guida all'ascolto (nota 1)

Se è difficile individuare un processo di sviluppo coerente nell'opera di Boccherini, imputabile al suo isolamento in terra spagnola, è però possibile riconoscere in alcuni compositori coevi le matrici del suo linguaggio. Ricordiamo i nomi di Sammartini e Nardini, oppure di Gossec e Schobert, anche se in realtà Boccherini è sempre estremamente eccentrico rispetto ai coevi. Convivono nel suo linguaggio modelli standard della musica da camera italiana (con il violino sempre in evidenza) e frequenti eccezioni come l'uso del violoncello nel registro acuto e con uno stile melodico particolarmente ornato. Certo Boccherini era un virtuoso del violoncello ma anche la tecnica strumentale di violino e viola è complessa e questo si spiega con il fatto che il compositore scriveva per sé e per i suoi amici virtuosi avendo presente più la pratica del fare che non i modelli da seguire.

Composto nel 1772, e pubblicato nel 1773 a Parigi da La Chevardière, il Trio op. 14 n. 2 fa parte di un gruppo di sei Trii definiti dallo stesso autore come "opera grande" ossia una composizione di ampie dimensioni, di solito in quattro movimenti. Rientra tra le opere che videro la luce durante il primo soggiorno del compositore a Madrid (1768-76), e porta la dedica al fratello del re, l'infante Don Luis: il frontespizio dell'op. 14 recita «Sei Trio per Violino, Viola e Violoncello obbligato composti per S.A.R. il Sign.r infante don Luigi di Spagna dal Sign.r Luigi Boccherini di Lucca [...]». Questo è forse uno dei periodi più fecondi della produzione strumentale del compositore: sei sinfonie (op. 12), trenta quintetti (op. 10, 11 - quello con il celeberrimo Minuetto -, 13, 18 e 20) ed è interessante notare come, ancor prima della grande produzione viennese (soprattutto in campo sinfonico), Boccherini avesse già espresso un mondo musicale di grande complessità e raffinatezza. Nella scrittura per i tre archi si nota una predilezione per lo stile "concertante", dove cioè tutti gli strumenti dialogano senza prevaricazioni. Tra gli elementi che contraddistinguono i suoi processi compositivi uno in particolare colpisce l'ascoltatore, ed è il ritmo sincopato ossia quel modo di far procedere la musica spostando gli accenti dal tempo forte della battuta a quello debole: si mantiene così la vitalità dell'accompagnamento e la melodia acquista una particolare energia nervosa. Esemplare a questo proposito il primo movimento (Allegro moderato) che, dopo poche battute in piano, vede i tre strumenti rincorrersi su ritmi sincopati (sicuramente con qualche influenza della musica spagnola). In genere le linee melodiche si muovono ripetendo brevi frasi (come nell'ultimo movimento) ed utilizzando figurazioni per scale o triadi (come avviene nel Minuetto). L'armonia è generalmente statica in modo da assecondare l'enunciazione del materiale tematico, ma ampio risulta alla fine il raggio delle tonalità impiegate, segno di una perfetta padronanza delle simmetrie e delle proporzioni, nonché dell'uso della modulazione in senso drammatico.

Fabrizio Scipioni


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 5 novembre 1994

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Ultimo aggiornamento 20 aprile 2014