Ventuno Danze ungheresi per pianoforte a quattro mani, WoO 1


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)

in quattro quaderni

Fascicolo I
  1. Isteni Czardas - Allegro molto (sol minore)
  2. Emma Czardas - Allegro non assai (re minore)
  3. Tolnai kakadalmas - Allegretto (fa maggiore)
  4. Kalocsay-Emlek - Poco sostenuto (fa minore)
  5. Bartfai-Emlek - Allegro (fa diesis minore).
Fascicolo II
  1. Rozsa Bokor - Vivace (re bemolle maggiore)
  2. Volkslied - Allegretto (la maggiore)
  3. Luiza Czardas - Presto (la minore)
  4. Makoc Czardas - Allegro non troppo (mi minore)
  5. Tolnai Lakadalmas - Presto (mi maggiore)
Fascicolo III
  1. Poco andante (re minore)
  2. Presto (re minore)
  3. Andantino grazioso (re maggiore)
  4. Un poco andante (re minore)
  5. Allegretto grazioso (si bemolle maggiore)
  6. Con moto (fa minore - maggiore)
Fascicolo IV
  1. Andantino (fa diesis minore)
  2. Molto vivace (re maggiore)
  3. Allegretto (si minore)
  4. Poco allegretto (mi minore)
  5. Vivace (mi minore)
Organico: pianoforte
Composizione: Ischl, estate 1896
Edizione: 1852 - 1869

Brahms ha adattato i numeri 1 - 10 per pianoforte a due mani nel 1872 e trascritto per orchestra i brani n. 1, 3 e 10 nel 1873
Guida all'ascolto (nota 1)

Tra i compositori del XIX secolo Brahms fu sicuramente il compositore che ha dimostrato di possedere maggior passione e spontaneità nel trattare la musica folcloristica ungherese. Il violinista Eduard Reményi (1828-98), grande amico di Brahms e collega nelle tournée giovanili, fu tra i primi a richiamare la sua attenzione sulla musica popolare del proprio paese. Già quando Brahms accompagnava al pianoforte Reményi, i due si dilettavano a suonare ad orecchio brani di musica ungherese; ma in seguito, dal 1867 in poi, durante le sue tournée in Ungheria, Brahms approfondi in modo serio la conoscenza di questo «mondo esotico». Il fascino che tale musica esercitava su Brahms si rileva non tanto dalla enorme quantità di pubblicazioni da lui acquistate (attualmente conservate negli archivi di Vienna alla «Gesellschaft der Musikfreunde»), ma soprattutto da quel «tocco magiaro» che affiora sempre nei suoi lavori da camera. Molti commentatori affermano che temi, ritmi particolari e soluzioni «ungheresi» divennero parte integrante del linguaggio brahmsiano.

Brahms pubblicò una prima serie di Danze (le prime dieci) nel 1869, e la seconda serie nel 1880. Originariamente scritte per pianoforte a quattro mani o per pianoforte solo, le «Danze ungheresi», per la loro freschezza e piacevolezza sono state oggetto di infiniti arrangiamenti, perfino nel campo della musica leggera. Molte di esse sono ispirate a veri temi folcloristici, altre sono composizioni originali: ma anche queste ultime sono cosi «ungheresi», che si può ben dire che Brahms utilizzò quell'idioma musicale quasi fosse la sua lingua madre.

Per quanto riguarda la forma sono più semplici delle Rapsodie di Liszt, dal momento che sono sottolineati gli elementi della danza nella classica struttura in tre parti. Brahms rifiutò sia i passaggi introduttivi che quelli di transizione, come pure lo sviluppo dei motivi.

Per esaminare da vicino alcune di queste Danze, prendiamo in prestito una bella pagina dal «Brahms» di Sergio Martinotti: «La prima, una delle più celebri della raccolta, è ispirata alla "Isteni Czárdás" di Särkozy. Come la maggior parte di queste composizioni, la sua forma è tripartita (A-B-A); cioè un episodio centrale chiuso fra la presentazione e la ripresa dell'episodio principale. Quasi sempre i due elementi hanno carattere espressivo contrastante, a volte accentuato da un diverso andamento ritmico. In questa danza è soprattutto notevole, nella prima parte, l'intensità espressiva del tema, cui si oppone ogni volta la breve cascata di note staccate e leggere. Questa è una delle tre danze che Brahms trascrisse per orchestra nel 1874.

La danza n. 3, anch'essa trascritta in seguito per orchestra, è ispirata a "Tolnai Lakadalmas", canzone nuziale di Rizner, e presenta un accentuato contrasto espressivo fra la parte centrale e quella finale.

La danza n. 4 ci porta nel più selvaggio e irruento clima tzigano. Lo spunto è tratto dalla melodia "Kalocsay Emlék" di N. Mérty, e l'insieme vuol riprodurre i contrasti, gli improvvisi scatti ritmici, le pause melodiche di un'orchestra tzigana. Il tutto riesce di una grande varietà e di una verve irresistibile, che ha fatto di questa danza la prediletta del pubblico.

La quinta e la sesta, le più celebri della raccolta, sono piccoli capolavori di estro e di vivacità tzigana, che hanno sopportato indenni decenni di trascrizioni e di adattamenti. La prima è tratta da un motivo "Bartfai Emlék" di Béla Kéler, pseudonimo di Adalbert Nittinger. La danza ottava è tratta dalla "Luiza Czárdás" di J. Franck: è una delle più ampie ed è anche quella che più si allontana dal modello popolare, per realizzarsi in una scrittura pianistica complessa ed elaborata. La danza n. 10 è probabilmente la meglio riuscita nella trascrizione orchestrale. La danza 14, brevissima, è del tutto originale e si allontana notevolmente dai precedenti modelli per il suo pianismo tipicamente brahmsiano, di un lirismo accorato e intensamente melodico».


(1) Amedeo Poggi e Edgar Vallora - Brahms. Signori il catalogo è questo! - Giulio Einaudi editore, Torino, 1997

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Ultimo aggiornamento 22 settembre 2019