Sette fantasie per pianoforte op. 116


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Capriccio - Presto energico (re minore)
  2. Intermezzo - Andante (la minore)
  3. Capriccio - Allegro passionato (sol minore)
  4. Intermezzo - Adagio (mi maggiore)
  5. Intermezzo - Andante con grazia ed intimissimo sentimento (mi minore)
  6. Intermezzo - Andantino teneramente (mi maggiore)
  7. Capriccio - Allegro agitato (re minore)
Organico: pianoforte
Composizione: 1892
Edizione: Simrock, Berlino, 1892
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La carriera di Brahms è segnata da una iniziale, consapevole scelta che lo induce a porsi in contrasto con il Romanticismo e a collegarsi - scavalcando all'indietro la generazione di musicisti precedente alla sua - al monumentale costruttivismo di Beethoven. Esordendo nel 1853, a vent'anni, con tre Sonate per pianoforte solo, egli affronta di petto le grandi forme della classicità che culminano nella Sinfonia. E la Sinfonia sarà la costante preoccupazione di Brahms, che vi arriverà solo a più di quarant'anni, dopo essersi forgiato una tecnica dello sviluppo tematico affinata specialmente nella Variazione, e dopo aver impiegato le grandi forme con tutte le più importanti formazioni da camera (duo, trio, quartetto, quintetto, sestetto).

Dopo aver terminato nel 1876 la Sinfonìa n. 1 op. 68, iniziata molti anni prima, Brahms terminava nel 1877 la Sinfonia n. 2 òp. 73. Pur senza abbandonare le grandi forme (il Concerto per violino op. 77 è del 1878, il Concerto per pianoforte n. 2 op. 83 venne iniziato nello stesso anno), Brahms dimostrava però in quel momento un vivo interesse per le piccole forme del Romanticismo. Anche il Romanticismo - il Romanticismo, intendo, come concreta esperienza storica, non come atteggiamento dello spirito - entrava per così dire nell'ottica neoclassica di Brahms, che ripensava e, ripensandole, rendeva di nuovo attuali le civiltà del passato.

Fra il 1877 e il 1878 nacque così una straordinaria fioritura di Lieder per canto e pianoforte, e nacquero gli Otto Pezzi per pianoforte op. 76. Brahms riprese però subito la sua fatica di sinfonista: il Concerto n. 2 per pianoforte venne terminato nel 1881, la Sinfonia n. 3 nel 1883, la Sinfonia n. 4 nel 1885. Nel 1887 il sinfonista Brahms concludeva, con il Concerto op. 102 per violino e violoncello, il suo cammino travagliato e glorioso, e per alcuni anni si dedicava alla musica da camera. Ma nel 1891, nella pace e nella quiete della villeggiatura estiva di Ischl nella vallata della Traun, ritornava alla composizione per pianoforte solo, e ritornava sulle piccole forme dell'op. 76.

Negli ultimi anni Brahms aveva regolato la sua vita secondo un immutabile copione che prevedeva gli impegni concertistici di pianista e di direttore d'orchestra nel tardo autunno e nell'inverno, la composizione e il riposo nella primavera e nell'estate, la preparazione dei concerti nel primo autunno. Composizione durante la villeggiatura, cioè, con il contagocce. Iniziata nel 1891, l'op. 116 venne terminata a Ischl nel 1892, mentre veniva composta l'op. 117. Nell'estate del 1893 furono scritte le opere 118 e 119, ultime composizioni per pianoforte di Brahms.

Il recupero neoclassico dell'individualismo romantico, iniziato nell'op. 76, si attua pienamente nelle opere 116-119, con le quali Brahms si riallaccia a Schubert e a Schumann, ma soprattutto al Mendelssohn delle Romanze senza parole. Tutte le composizioni delle opere 116-119 formano insieme un grande ciclo unitario, stilisticamente ed espressivamente compatto. La divisione in più numeri d'opera risponde però a raggruppamenti precisi, all'interno dei quali si stabiliscono rapporti formali sottili e segreti.

I sette pezzi che formano Top. 116 sótto intitolati, collettivamente, Fantasie, probabilmente in riferimento con il sottotitolo, Fantasie, degli otto pezzi dei Kreisleriana di Schumann. Il carattere di ciclo dell'op. 116 non è, a dire il vero, molto accentuato, non come in Schumann. Se il primo e l'ultimo pezzo sono nella stessa tonalità, re minore, e se le tonalità del secondo e del terzo pezzo, la minore e sol minore, rispondono ad una logica di ordinamento complessivo, i tre Intermezzi in mi (numeri 4, 5 e 6) fanno piuttosto corpo a sé. Ciò malgrado, l'insieme è mirabilmente equilibrato, anche se manca del senso narrativo-discorsivo - Brahms, del resto, non lo cercava - dei Kreisleriana.

Le indicazioni di tempo dei sette pezzi, eccettuate quelle del secondo e del quarto, indicano, in modo sintetico ma efficacissimo, il carattere espressivo, la Stimmung: "Presto energico" (n. 1), "Andante" (n. 2), "Allegro passionato" (n. 3), "Adagio" (n. 4), "Andante con grazia ed intimissimo sentimento" (n. 5), "Andantino teneramente" (n. 6), "Allegro agitato" (n. 7). Tre pezzi estroversi, focosi, brillanti, che presentano tratti di scrittura pianistica simili a quelli del Concerto n. 2, e quattro pezzi introversi e malinconici, in due dei quali - il n. 2 e il n. 4 - l'introspezione tocca vertici di profondità, e di rassegnazione, che nessuna didascalia avrebbe potuto esprimere. La più alta qualità poetica viene tuttavia raggiunta, secondo me, nei due esoterici Intermezzi, i numeri 5 e 6 che, superando il Romanticismo, si aprono sulla dimensione decadentistica di fine secolo.

Piero Rattalino

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Con i sette pezzi delle Fantasien op. 116 di Brahms, composti fra il 1891 e il 1892, si apre l'ultimo capitolo dell'intera produzione pianistica brahmsiana, inauguratasi quasi quarantanni prima con la pubblicazione della Sonata op. 1, della Sonata op. 2 e della Sonata op. 5. Come già nel caso di Schubert (e a differenza, ad esempio, di Beethoven), anche all'interno di questo quarantennio la presenza dei pezzi pianistici non è costante e ininterrotta. In particolare dopo aver composto alla fine del 1879 le Due Rapsodie op. 79 - pur avendo iniziato i 51 Esercizi nel 1880, completato il Secondo Concerto nel 1881 e utilizzato il pianoforte in molto lavori cameristici - Brahms per molto tempo non scrisse più musiche per pianoforte solo.

Solamente nel 1891, dopo un silenzio durato circa dodici anni, nella quiete di Bad Ischl - la località a una cinquantina di chilometri da Salisburgo sede da qualche anno delle sue villeggiature - Brahms riprese a comporre musiche per pianoforte solo: senza contare alcuni pezzi probabilmente distrutti, fra il 1891 e il 1892 nacquero le Fantasie op. 116, seguite a breve distanza dai tre Intermezzi op. 117, i sei Klavierstücke op. 118 e i quattro Klavierstücke op. 119. Questi venti piccoli pezzi non costituiscono solamente la pagina conclusiva della sua produzione pianistica: intensissimi e struggenti, assumono il significato di un malinconico addio alla vita, e le morbide atmosfere autunnali che li pervadono, sono al tempo stesso dolcissime per il ricordo della trascorsa estate e dolorose per la consapevolezza dell'imminente inverno. Come ha scritto Piero Rattalino "le opere 116-119 sono certamente il testamento spirituale di Brahms, ma sono il testamento di chi ripercorre il passato guardando avanti con impassibile disperazione".

Al principio dell'autunno del 1892 Brahms sottopose al giudizio dell'amica Clara Schumann le Fantasie op. 116 e gli Intermezzi op. 117. La grande pianista le accolse con entusiasmo e in una pagina del suo diario del novembre di quell'anno si legge: "Grazie a questi brani ho sentito ancora una volta la mia anima attraversata dalla vita della musica. Posso suonare ancora con sincero abbandono, e ho ripreso la musica pianistica di Robert con più entusiasmo [...]. Per quanto riguarda la tecnica digitale, i pezzi di Brahms non sono difficili, tranne che per alcuni passaggi; tuttavia, la loro tecnica, intellettuale richiede una comprensione profonda, e bisogna avere familiarità con Brahms per poterli suonare come lui li ha concepiti". Confortato anche dal giudizio della stimatissima amica il compositore non distrusse questi dieci brani - come aveva fatto pochi mesi prima con altri pezzi che pure Clara aveva ugualmente apprezzato - e li affidò al suo editore Simrock, lasciandolo libero di pubblicare i sette brani delle Fantasie in due fascicoli, come poi in effetti avvenne (Voi. I: nn. 1-3, Voi. II: nn. 4-7). Ma questa suddivisione non deve trarre in inganno: anche se talvolta alcuni di questi sette pezzi vengono ancora eseguiti separatamente e se fra il terzo brano (Capriccio in Sol minore) e il quarto (Intermezzo in Mi maggiore) vi è in effetti una sorta di cesura, sottolineata da un nettissimo contrasto di atmosfere e di tonalità fra i due pezzi, le Fantasie op. 116 non sono affatto da considerare un'opera nata dall'unione più o meno casuale di sette brani diversi; al contrario sono state concepite come un insieme organico, come dimostrano fra l'altro le analogie espressive e tonali fra il primo e l'ultimo brano (in entrambi i casi un Capriccio in Re minore) e "una sottile rete - come ha scritto Ulrich Mahlert - di relazioni motiviche, somiglianze e reminiscenze che non possono essere identificate immediatamente e senza possibilità di dubbio come entità tematicamente definite, ma che a livello più o meno subliminale creano delle relazioni effettive".

Il tenero lirismo del secondo brano (Intermezzo in La minore, Andante) è come incastonato fra lo slancio ritmico del breve pezzo di apertura (Capriccio in Re minore, Presto energico) e quello del terzo (Capriccio in Sol minore, Allegro passionato). L'atmosfera torna a farsi intensamente poetica nei tre brani seguenti: dopo il brusco contrasto nel passaggio fra il terzo e il quarto brano, il quarto (Intermezzo in Mi maggiore, Adagio), pagina intitolata inizialmente Notturno da Brahms e particolarmente amata da Debussy, appare intimamente collegata al quinto (Intermezzo in Mi minore, Andante con grazia ed intimissimo sentimento), mentre il sesto (Intermezzo in Mi maggiore, Andantino teneramente), apertosi in modo scorrevole anche se denso armonicamente, ha nella sua parte centrale un'intensissima melodia su un andamento di terzine che riporta il brano a quella "straziante dolcezza" riscontrata da Rattalino anche nel Secondo e Quarto Intermezzo. Spentosi dolcemente l'ultimo intermezzo, esplode drammaticamente il brano conclusivo (Capriccio in Re minore, Allegro agitato), nel cui "strano, eccentrico umore, pieno di allegria diabolica" Max Kalbeck, amico di Brahms e suo primo biografo, ravvisa l'ombra di Schumann.

Carlo Cavalletti

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Nel 1890, con la composizione del Quintetto op. 111 Brahms aveva chiuso: pensava ormai solamente a «rifare» e a riordinare. Ma un'estrema, inattesa stagione creativa stava iniziando per lui: lavori pianistici, vocali e cameristici videro la luce in quegli anni di concentrazione e di liberissimo magistero formale. I venti brani delle ultime quattro raccolte, più gli otto dell'op. 76 di vari anni prima, la cultura tedesca indicò come «Klavierstûcke», assimilando il fatto della scarsa proprietà dei titoli apposti originariamente (capricci, intermezzi, ballata, romanza, rapsodia): che Brahms fu qui più vicino a Chopin e al Beethoven delle «Bagatelle», nella discrezione reticente di un titolo, che non al vertiginoso descrittivismo letterario di Liszt. Calmi (intermezzi) o mossi (capricci), questi pensieri intimi, sogni, «monologhi» (Hanslick), per cui «anche un solo ascoltatore è troppo», come qualcuno ha scritto, sono pieni di tenerezza malinconica. Le influenze letterarie (Storm, Hebbel), le reminiscenze schumanniane forse solo ora colte nella loro vera lezione, l'arte ormai sublimata, fanno di queste pagine una vetta del romanticismo pianistico.

I sette Capricci e Intermezzi op. 116 furono pubblicati come «Fantasie», termine di chiara derivazione schumanniana («Kreisleriana», prima stesura degli «Etudes symphoniques», etc), anche se nella raccolta di Brahms manca quel filo logico espressivo e formale ad unire i singoli brani. Tre i Capricci, quattro gli Intermezzi, disposti con irregolare alternanza, come nell'op. 76. Il primo è un Capriccio, rude ed inquieto, di un tessuto pianistico ricco di ottave ed accordi, ma l'economia di mezzi lo rende più essenziale e decantato, rispetto alle precedenti Rapsodie. Tre elementi tematici assai simili lo strutturano, basati su un rapido, continuo disegno di crome, e con un'accentuazione ricca di sincopi. Segue un tenero Intermezzo, il primo della nuova maniera intimistica brahmsiana. Non c'era stato un momento così, e di tale perfezione formale, nell'op. 76. L'inizio ricorda il celebre Lied «Auf dem Kirchhofe»; la parte centrale, più volatile e mossa, il trio dell'Allegretto della prima Sonata per violoncello.

Di nuovo un Capriccio, e di primario interesse pianistico; formalmente è uno scherzo con trio, e si vale di due parti fortemente contrastanti: quella centrale, in morbidi accordi e ottave, con un lungo tema in ascesa sonora, ha un che di organistico e ricorda molti analoghi momenti (il «sostenuto» della seconda Sonata per clarinetto).

«Notturno» doveva chiamarsi in un primo tempo l'Intermezzo successivo, che prelude, come atmosfera, a certo Debussy prima maniera, ma ancor più, nella sua essenzialità quasi puntillistica, nella carica espressiva di ogni singola nota, allo Schönberg dell'op. 11 e 19. Di carattere vagamente improvvisatorio, si regge su tre soggetti tematici. Interessante strumentalmente la disposizione della mano destra che, incrociando la sinistra, prende la nota base del basso.

Si resta, con altri due Intermezzi, nei territori del sogno. «Con intimissimo sentimento» (già nell'op. 10) è l'Andante con grazia del quinto brano. Un «mood» ondeggiante di barcarola pervade l'intero brano, dove Brahms pare scoprire via via le note e le armonie.

Dall'intimo, anzi «intimissimo», all'«Andantino teneramente» del brano successivo. Altro «mood-piece»: accordi morbidi, legatissimi, quasi «corale» (ci sono anche le corone a conclusione delle frasi): la melodia dell'armonia! Tre linee melodiche nel tessuto accordale creano stupendi effetti di «innere Stimme»; mentre la parte centrale è una lunga melodia intessuta fra terzine.

Chiude la serie un Capriccio, sorta di scherzo agitato. Inizia con scatto e vigore, in un pianismo robusto. L'energia ritmica prosegue nella seconda sezione, pur meno sonora e così peculiare di ritmo. La cellula iniziale, arpeggio di quattro note, dà vita all'episodio che prepara la ripresa. La coda è una drammatica serie di accordi. La tensione emotiva del brano è acuita dal largo uso che vi fa l'autore, dell'accordo di settima diminuita.

Riccardo Risaliti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 18 marzo 2010
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 9 gennaio 1992
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 17 maggio 1977

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Ultimo aggiornamento 20 marzo 2019