Tragische Ouvertüre (Ouverture tragica) in re minore per orchestra, op. 81


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Allegro ma non troppo (re minore)
  2. Molto piu moderato (re minore)
  3. Tempo primo ma tranquillo (re minore)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, archi
Composizione: 1880
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 26 Dicembre 1880
Edizione: Simrock, Berlino, 1881

Revisionata nel 1881
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Tra la Seconda e la Terza sinfonia, cioè nel giro di una dozzina d'anni e precisamente intorno al 1880, Brahms scrisse le due Ouvertures orchestrali, "Accademica" e "Tragica", rispettivamente op. 80 e op. 81. Nonostante la numerazione dei due lavori, la Tragische Ouvertüre apparve in realtà prima della consorella, perché fu presentata a Vienna sotto la direzione di Hans Richter il 20 dicembre 1880; da parte sua l'Akademische Festouvertüre, unitamente ad una replica dell'Ouverture tragica, fu fatta conoscere quindici giorni dopo all'Università di Breslavia dallo stesso autore che l'aveva composta come segno di ringraziamento per il titolo di dottore honoris causa, conferitogli da quegli universitari. Comunque, tra le due composizioni la più apprezzata ed eseguita è l'Ouverture tragica, anche se inizialmente fu ritenuta una falsa copia del Coriolano beethoveniano. Essa non risponde ad un soggetto determinato, pur creando un'atmosfera psicologica improntata alla gravita di una tragedia.

A proposito di questa pagina sinfonica, diversi studiosi si sono sbizzarriti nell'attribuire al compositore intenzioni programmatiche: Hanslick lo disse ispirato dall'Amleto di Shakespeare, altri dal Faust di Goethe e addirittura assicurarono che l'Ouverture tragica conteneva elementi tematici dell'unica opera teatrale, appunto faustiana, cominciata e mai portata a termine da Brahms. Questi, al contrario, sostenne di non aver mai pensato ad alcun testo letterario come soggetto specifico di questa composizione, particolarmente ricca di dinamismo espressivo.

Musicalmente l'Ouverture è tesa e incisiva sin dall'attacco iniziale e il tema principale, dapprima esitante tra tonalità minore e maggiore, si riversa vigoroso e pulsante su tutta l'orchestra. Si ode quindi un secondo tema in fa maggiore, su cui si innesta un leggero ritmo sincopato dei legni e degli, archi, al quale fa seguito un motivo di tromboni e tuba. Una straordinaria energia ritmica scuote l'intera orchestra, prima che il brano si concluda con qualche accenno di speranza, soffocato dall'improvvisa e tagliente "stretta finale".

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Distribuita lungo poco più di quarantanni, dagli esordi nei primi anni Cinquanta dell'Ottocento fino alla senilità precoce, coincidente con la fine del secolo, la creatività di Brahms appare tutta convergente intorno a un problema cruciale, quello della Sinfonia: espressione del massimo impegno tecnico - la scrittura per orchestra - applicata alla forma più nobile lasciata in eredità dai classici, la Sonata. Attorno a questo bersaglio sembra muoversi, ora affrontandolo con decisione, ora - cioè assai spesso - ritraendosene con prudenza, l'operato del compositore. Un compito imposto dal senso della storia, e sentito come destino personale forse fin dall'avvenimento capitale della gioventù, l'investitura conferitagli da Schumann con quell'articolo Vie nuove che sulle colonne della «Neue Zeitschrift für Musik» aveva additato al mondo musicale una sicura e grande promessa nel ventenne e sconosciuto Brahms: «Se vorrà piegare la sua bacchetta magica là dove la potenza della musica infonda la sua forza, nel coro e nell'orchestra, ci si apriranno prospettive ancor pù magnifiche nel mondo dello spirito». Così quasi subito in Brahms era sorto il desiderio di cimentarsi con la Sinfonia: scrupoli autocritici e pesantezza di condizionamenti storici lo avevano consigliato di attendere; ed ecco tutto il giovane Brahms volgersi altrove, quasi allenandosi per un impegno solo rimandato, senza rinunciarvi. Molto del Brahms anteriore alla Prima e alla Seconda sinfonia appare, più o meno consapevolmente da parte di lui, come un'ultima preparazione a quel compito; molto del Brahms successivo al completo assolvimento di esso, con la Terza e la Quarta, appare, specularmente, il frutto di una pienezza creativa, finalmente conseguita e concreta. Cosi le opere che risalgono cronologicamente alla pausa che separa i due duplici cimenti sinfonici di Brahms (Prima e Seconda, terminate fra il '76 e il '77; Terza e Quarta, fra l'83 e l'85), sembrano appartenere a una fase di riposo (relativo) e di riflessione, fra l'una e l'altra grande esercitazione formale. Sono anzitutto il Concerto per violino e il Secondo per pianoforte; poi musiche da camera: la Sonata in sol maggiore, op. 78, per violino e pianoforte, il Trio in do maggiore op. 87, il primo Quintetto per archi, Top. 88; e poi lavori sihfonico-corali, come la Nenia e il Canto delle Parche, oltre alla mai interrotta produzione liederistica.

Giusto in mezzo a questo periodo, due pagine sinfoniche, almeno formalmente gemelle, le Ouvertures Accademica, op. 80, e Tragica, op. 81. Gemelle, ma antitetiche: «Questa piange, l'altra ride», disse Brahms della Tragica e dell'Accademica (che più correttamente, volendo tradurre alla lettera l'originale tedesco, suonerebbe in italiano «Ouverture festiva accademica», o «Ouverture per una festa accademica»). Diverse, del resto, erano state anche le circostanze della nascita. L'Ouverture Accademica aveva un'origine in certo senso occasionale, la laurea honoris causa in filosofia conferita a Brahms nel 1879 dall'università di Breslavia; presso la cui sede, nel gennaio dell'81, Brahms si recò a dirigere la sua Ouverture, offrendola a titolo di ringraziamento per l'onore tributatogli. La Tragica, viceversa, nacque più o meno contemporaneamente (nell'estate del 1880), riprendendo abbozzi risalenti a parecchi anni addietro da un impulso spontaneo del compositore. Cui forse non fu estraneo il fatto che in quel torno di tempo stesse prendendo forma l'Ouverture accademica: giacché fu costante abitudine di Brahms, com'è noto, il tornare a breve distanza di tempo su una medesima forma, creando le famose «coppie» di opere analoghe. A volte si trattò dell'esigenza, forse insonsapevole, di ripetere con maggior compiutezza un'esperienza compositiva che gli era costata particolare riflessione e sforzo, come fu nel caso delle quattro Sinfonie, composte appunto a due a due. Altra volta fu la necessità di costituire un contrappeso ideale a una composizione troppo marcatamente sbilanciata in un senso; e fu il caso dell' Accademica e della Tragica, dove non si trattava solamente di stabilire un equilibrio fra intonazioni espressive (letizia-dolore, come nella definizione di Brahms stesso), ma anche di «riscattare» un pezzo tutto sommato disimpegnato e divertito con un'opera più profondamente sentita e costruita.

Questa, a conti fatti, la considerazione da dare della Tragica, che resta la sola vera Ouverture composta da Brahms, se per tale si intende una composizione sinfonica in un sol tempo, dettata da intenzioni formali ed espressive non dissimili da quelle di una Sinfonia vera. In realtà, neanche la Tragica sembra partecipare a pieno titolo a quelle che furono le caratteristiche dell'Ouverture ottocentesca, divenuta, dopo il suo svincolo da una funzione appunto di «introduzione» (a un'opera o a uno spettacolo con musiche di scena) e il suo divenire genere autonomo, un po' una sorta di poema sinfonico, sia pure senza precise indicazioni descrittive. A differenza delle Ouvertures di Mendelssohn o di un Berlioz, quest'opera non trova altra ispirazione (anche se pare che Brahms in un primo momento l'avesse pensata come introduzione ideale al Faust di Goethe) che in se stessa, nella propria struttura musicale e nelle proprie proposte poetiche. Che appaiono, l'una e le altre, quanto mai concise e intense, concorrendo a disegnare il profilo di una delle più significative e compatte costruzioni sinfoniche di Brahms. Articolata sulle linee di un primo tempo di Sonata, la Tragica elabora con stringata conseguenzialità un materiale tematico di eccezionale pregnanza e eloquenza, altamente rappresentativo dei dati più fatalistici e cupi dell'invenzione melodica e armonica di Brahms. Predominante, anche se non esclusivo, l'accento drammatico; che attraverso le vicende della forma non pare tendere a una risoluzione in positivo ma anzi si manifesta con rinnovata evidenza nelle sonorità corrusche della chiusa, che si distacca rapida dai ristagni in cui la musica, immediatamente prima, è parsa arenarsi.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 11 Aprile 1985
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 10 maggio 1983

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Ultimo aggiornamento 13 maggio 2016