Undici Preludi-corali per organo, op. 122


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)

Fascicolo I
  1. Mein Jesu, der du mich (Mio Gesù) - Allegro moderato (mi minore - maggiore)
  2. Herzliebster Jesu (Carissimo Gesù) - Adagio (sol minore)
  3. O Welt, ich muss dich lasse (Mondo devo lasciarti) - Andante (fa maggiore)
  4. Herzlich tut mich erfreuen (Mi reca dolce gioire) - Andante (re maggiore)
Fascicolo II
  1. Schmücke dich, o liebe Seele - Andante molto moderato (mi maggiore)
  2. Wie selig seid ihr - Molto moderato (re minore - maggiore)
  3. Gott, du frommer Gott (Oh Dio, tuo fedele Dio) - Allegretto (la minore)
  4. Es ut ein Ros' entsprungen (È sbocciata una rosa) - Andante (fa maggiore)
  5. Herzlicb tut mich verlangen - Poco adagio (la minore - maggiore)
  6. Herzlicb tut mich verlangen - Poco adagio (la minore - maggiore)
    Seconda versione del n. 9
  7. Welt, ich muss dich lasse - Poco adagio (fa maggiore)
    Seconda versione del n. 3
    Ultima composizione di Brahms
Organico: organo solo
Composizione: Ischl, estate 1896
Edizione: Simrock, Berlino, 1902
Guida all'ascolto (nota 1)

Sono le ultime pagine composte da Brahms: undici Preludi, concepiti, stesi e completati (tempi incredibilmente ridotti per Brahms!) nella sola estate 1896, l'ultima trascorsa ad Ischl. Questa volta è il critico Richard Heuberger ad informare che Brahms li esegui la sera del 24 giugno, alla presenza di pochi amici che trascorrevano la villeggiatura in quell'incantevole stazione termale alle porte di Vienna. Qualche studioso è sicuro che Brahms avesse intenzione di proseguire la raccolta (pare volesse creare numerosi quaderni, come nel caso dei «Deutsche Volkslieder»); ma l'autore la interruppe dopo questi brani con l'intenzione, oltretutto, di non darli neppure alle stampe. In una postilla del testamento era però previsto che ogni inedito rinvenuto in casa, dopo la sua morte, divenisse proprietà dell'editore Simrock, per cui quest'ultimo si prenderà la libertà di pubblicarli postumi (nel 1902).

Due parole sulla musica per organo di Brahms. Intorno al 1850 si ha notizia che il musicista avesse intenzione di studiare questo strumento in modo serio per diventare un «virtuoso organista»; e benché lo trovasse «difficile da padroneggiare», fu colto da un trascinante furore (parole di Brahms) ed iniziò a raccogliere pagine su pagine di composizioni-esercizi. Brahms si avvicinò, come sappiamo, alla musica antica grazie all'influenza di Schumann; proprio nel 1856 - poco dopo la scomparsa del suo maestro spirituale - egli iniziò in effetti ad appuntare le cosiddette «ottave e quinte», una serie di studi con audaci soluzioni contrappuntistiche che attingeva dal repertorio del passato. Tra le opere di maggior impegno formale citiamo il Preludio e Fuga in Sol minore, un lavoro di indubbio interesse, che richiama lo stile di autori tedeschi antichi (come Buxtehude o il giovane Bach); citiamo la Fuga in La bemolle minore, pagina che spicca per l'«alta ingegneria contrappuntistica», ma al contempo profondamente sentita e ricca di commozione (opera completata nel 1856), riveduta e pubblicata soltanto nel 1864). Citiamo infine la Fuga in La minore (sempre del 1856 e sempre priva del numero di catalogazione) inviata a Clara Schumann come pensiero d'augurio per il suo compleanno.

Sono lavori che dimostrano ingegno, arte, poesia, dove passato e futuro vengono commensurati dal genio di Brahms. Soprattutto in quest'ultimo caso il sofferto lavoro contrappuntistico è dissolto nella più libera dimensione del Preludio, mentre il soggetto della Fuga è sepolto sotto un diluvio di note dal marchio innegabilmente brahmsiano.

Dopo questo periodo votato alla ricerca di un passato, all'assimilazione di un'eredità da far rivivere, all'affinamento delle armi in questo specifico campo, Brahms aveva trascurato le composizioni per organo. Vi tornò, come si può notare, negli ultimi mesi di vita quando decise di creare questa piccola raccolta regalando cosi alla storia il suo ultimo messaggio. Alcuni vi leggono un omaggio ideale a Clara, da poco scomparsa, altri una specie di testamento spirituale dell'autore; in effetti, sul piano delle energie spirituali, tutti possono cogliere un'indefinita apprensione, una serpeggiante inquietudine, quella velata ma onnipresente ombra della morte che si avverte nelle composizioni simili, dal «Requiem», al «Begräbnisgesang», dalla «Rapsodia» al «Canto del Destino», al «Canto delle Parche», «Nänie» e numerosi Lieder sull'argomento. Su tutto aleggia «un alito di morte», ha scritto qualcuno.

Fattore importante sul piano musicale: la conferma, proprio attraverso questi saggi, della possibile alleanza (improponibile a livello teorico!) di elementi barocchi con una «Stimmung» romantica, un cortocircuito su cui fa cardine gran parte della creatività brahmsiana. Malgrado la livellante dimensione dell'organo, la componente romantica risulta da certi particolari linguistici, ma soprattutto dall'atmosfera generale, quei toni desolati (ma non disperati), quelle inflessioni rassegnate, quei risvolti crudamente introspettivi che nessuna certezza riesce a trasfigurare in ultraterrena letizia. Come dire, in altre parole: le antiche tecniche del preludio a corale e della fuga trattate con scrittura moderna, audace, personalissima.

Ogni Preludio rivendica una sua peculiare fisionomia: in tutti i brani il virtuosismo è spogliato da effetti non funzionali alla comunicazione spirituale, da soluzioni che non tendano ad un'esaltazione dei testi ispiratori.

Qualche parola sui singoli brani. Un cenno merita l'ampiezza interiore del quadro d'insieme («Mio Gesù»), dove le singole frasi del corale sono intervallate da brevi ma folgoranti incisi fugati: trattamento singolarmente esteso, secondo lo stile dei Corali di Pachelbel. Un cenno ancora alla melodia semplice e dimessa del n. 2 («Carissimo Gesù»), tramata su una melodia di Johannes Kruger del 1640). Un cenno alla dimensione di «adagiata serenità» del n. 3, pur in un contesto contrappuntistico elaborato e ricco di trafitture armoniche («Mondo, devo lasciarti», su melodia di Heinrich Isaac del 1539). Ricordiamo ancora la avvolgente «festevolezza», se pur tra zone di ombra e di luce, del n. 4 («Mi reca dolce gioire»); il limpido, soave, lineare profilo melodico del n. 5 (sempre su melodia di Kruger); per contro il disegno conciso del n. 6 («epigrammatico», secondo Evans), una riflessione sulla morte espressa attraverso due vettori opposti: la distensione del canto e l'inquietudine dell'accompagnamento. A questo punto due aperture nuovamente sommesse e pacifiche: indimenticabile il tono popolare e confidenziale del n. 7 («Oh Dio, tuo fedele Dio»), dove una pura e trascendente bellezza si sposa con un sano vigore popolaresco; indimenticabile poi il personalissimo Preludio n. 8 («E sbocciata una rosa») sul celebre Inno di Michael Praetorius: una pagina dove traspare, nella melodia che si culla su un ritmo di berceuse, quello struggente intimismo di cui solamente Brahms è capace. Nei Preludi n. 9 e n. 10 si trova la duplice versione di una canzone popolare di H. Leo Hassler (1601), trasformata in corale da Johann Hermann Schein (1627). Due tagli opposti: nel primo un virtuosismo alla Bach sostiene una pagina dalla complessa elaborazione barocca; nel secondo si coglie la dimensione del Corale nella sua più astratta ed indefinita accezione. Restano, in fondo, due brani-simbolo, perché contengono le caratteristiche, le aspirazioni, le conquiste del tardo Brahms, caratterizzato da raccoglimento, ricerca e concentrazione. Poetica tenerezza si trova nell'epilogo, episodio di grande potere di commozione: un Corale «ornato con discrezione» (come scrive Geiringer), impregnato di sognante solitudine. Un quieto, infinito desiderio di morte unito ad un affettuoso desiderio di rinascita: questo il messaggio estremo di un Grande.

Prima esecuzione in pubblico, il 24 aprile 1902, a Berlino, da parte di Heinrich Reimann.


(1) Amedeo Poggi e Edgar Vallora - Brahms. Signori il catalogo è questo! - Giulio Einaudi editore, Torino, 1997

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Ultimo aggiornamento 16 settembre 2019