Quartetto per archi n. 3 in si bemolle maggiore, op. 67


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Vivace (si bemolle maggiore)
  2. Andante (fa maggiore)
  3. Agitato. Allegro non troppo (re minore - la maggiore). Trio (la minore)
  4. Poco Allegretto con variazioni (si bemolle maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1876
Prima esecuzione: Berlino, Singakademie am Unter den Linden, 30 Ottobre 1876
Edizione: Simrock, Berlino, 1876
Dedica: Tk W. Engelmann
Guida all'ascolto (nota 1)

Brahms aveva quarant'anni quando presentò al pubblico nel 1873 il suo primo Quartetto per archi in la minore op. 51 n. 2, che fu scritto prima di quello in do minore op. 51 n. 1, ritenuto meno originale del precedente e con una citazione autobiografica che si avvale di un tema echeggiante quello del Walhalla dell'Anello wagneriano. Questo lavoro costò molta fatica a Brahms, che già in passato, nel 1853, aveva sottoposto all'attenzione di Schumann un quartetto per archi in si minore, insieme ad una sonata per violino e ad alcuni trii. Schumann mostro vivo interesse a queste composizioni e raccomandò all'autore di darle alle stampe. Ma Brahms, dotato di un senso dell'autocritica fin troppo scrupoloso, così rispose all'illustre musicista che lo aveva rivelato al mondo artistico in un famoso articolo pubblicato nella «Neue Zeitschrift für Musik» di Lipsia: «Gli elogi che lei mi ha tributato hanno probabilmente aumentato in modo straordinario le aspettative del pubblico nei confronti della mia opera, così che io in certo qual modo non so come possa renderle grazie. Penso di non pubblicare ne il quartetto per archi ne alcuno dei miei trii... Le parrà naturale che io cerchi, con tutte le mie forze, di farla sfigurare il meno possibile ».

Evidentemente Brahms, che proveniva dall'esperienza pianistica, in cui si era manifestata per prima la sua attività creatrice, era preoccupato di risolvere adeguatamente i problemi inerenti la forma e la struttura del quartetto d'archi, che si presentavano a lui in maniera più complessa nello stabilire un rapporto organico e omogeneo tra schema classico e spirito romantico, servendosi del suono degli strumenti ad arco. Bisogna dire che già nel su accennato Quartetto in la minore op. 51 n. 2 si avverte questa precisa linea espressiva di adesione al modello classico, riempito di un contenuto romantico intensamente appassionato e risolto con l'uso costante delle modulazioni e delle variazioni e persino con ritmi e melodie ungheresi.

Nel Quartetto in si bemolle maggiore, composto nel 1875, il discorso si approfondisce e diventa più elaborato nella scrittura delle parti concertanti, come è possibile rilevare sin dall'esuberante Vivace iniziale, ricco di spunti tematici legati fra di loro da una diversità di tempi (dal 6/8 al 2/4) con inflessioni accentuatamente sentimentali. L'Andante è tipicamente brahmsiano nella sua pensosa linea melodica: la frase fondamentale non si discosta sotto il profilo inventivo da altri temi consimili inseriti nelle sinfonie e nel Doppio concerto in la minore op. 102 per violino, violoncello e orchestra. Il terzo movimento (Agitato) è più frastagliato ritmicamente e caratterizzato da motivi e accenti di danza, in un clima psicologico di affettuosa poesia autunnale. Nell'ultimo tempo, così rapsodico e irrequieto nei lontani ricordi magiari, Brahms dispiega tutta la sua abilità estrosa nel misuratissimo gioco delle variazioni, un'arte di cui egli fu maestro indiscusso e insuperato.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 10 marzo 1978

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Ultimo aggiornamento 24 dicembre 2011