Rhapsodia per contralto, coro maschile e orchestra, op. 53


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
Testo: Johann Wolfgang von Goethe (da Harzreise im Winter)
  1. Aber, abseits wer ist's? - contralto - Adagio (do minore)
  2. Ach, wer heilet die Schmerzen - contralto - Poco Andante (do minore)
  3. Ist auf deinem Psalter - contralto e coro - Adagio (do maggiore)
Organico: contralto, coro maschile, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, fagotto, 2 corni, archi
Composizione: 1869
Prima esecuzione: Jena, Rosensaal, 3 Marzo 1870
Edizione: Simrock, Berlino, 1870
Guida all'ascolto (nota 1)

Di quattro anni precedente le Variazioni su un tema di Haydn, la Rapsodia per contralto, coro maschile e orchestra op. 53 costituisce uno dei vertici della produzione sinfonico-corale di Brahms, ossia di quel ristretto gruppo di opere in cui il compositore, smentendo la sua vocazione verso la musica "pura", priva di riferimenti letterari, dà luogo a una cauta apertura verso il privato, verso una Weltanschauung, una visione del mondo, che raramente trapela dalle composizioni strumentali. Se, per la quasi totalità delle opere di Brahms, è difficilissimo - oltreché beninteso metodologicamente inutile e scorretto - cercare relazioni o agganci con episodi biografici, è invece frequente il caso di brani sinfonico-corali che traggono origine proprio da precisi eventi nella vita del compositore, in genere eventi negativi o addirittura luttuosi. La scelta dei testi poetici - tutti di autori illustri - rimanda alla drammaticità della condizione umana e riflette una disillusione esistenziale che deve essere considerata una tematica costante della maturità del compositore.

Non fa eccezione la Rapsodia per contralto, concepita nel 1869 in seguito al matrimonio di Julia, una delle figlie di Robert e Clara Schumann, matrimonio che costituiva per Brahms la definitiva disillusione da un sentimento sorto diversi anni prima. Tuttavia non semplicemente autobiografico, ma esistenziale è il contenuto del brano, che assume quale testo un frammento della "Harzreise im Winter" ("Viaggio invernale nello Harz") di Goethe. Anche il testo di Goethe aveva un contenuto autobiografico ed esistenziale, in cui Brahms si rispecchiava pienamente. Il poeta si era recato nello Harz nel 1777, a 28 anni, per incontrare il giovane Plessing, profondamente colpito dalla lettura dei "Turbamenti del giovane Werther"; la depressione wertheriana di Plessing, unita al desolato paesaggio invernale, furono all'origine delle meditazioni espresse nelle tredici strofe del suo poema, dove la disperata amarezza di un misantropo si riflette nel paesaggio.

Del testo di Goethe Brahms prescelse solamente tre strofe, il cui contenuto tuttavia è perfettamente autonomo, nonché chiarissimo; vi troviamo la misantropia di un individuo che trae odio dall'amore, nonché l'esortazione a un "Padre d'amore" perché sappia illuminare il cuore dell'uomo. Questa "illuminazione", però, ed è qui il tratto significativo della scelta di Brahms, avviene grazie al suono di un salterio che può giungere all'orecchio dell'uomo; il compositore sembra suggerire che la panacea per i dolori dell'individuo sperduto nella selva del suo egotismo, possa venire solamente dalla musica.

Nella versione musicale il brano è quanto di più vicino Brahms abbia scritto ad una scena d'opera, articolata in recitativo, aria e finale; e non a caso la prima interprete della partitura - a Jena, il 3 marzo 1870 - fu il grande contralto Pauline Garcia Viardot, compagna fra l'altro di quel Turgenev con cui Brahms discusse uno dei suoi pochi progetti operistici. E tuttavia il brano esprime una drammaticità sobria, severa e austera, antitetica rispetto a qualsivoglia modello teatrale. A un recitativo frastagliato, in cui la voce del contralto si fa strada fra le instabili linee cromatiche dell'orchestra, succede un cantabile metricamente incerto (alterna i ritmi di 6/4 e 3/2) dove si impone comunque il canto spiegato della solista; confliggono fra loro le parole chiave del testo: "Menschenhass" (l'odio degli uomini) e "Fülle der Liebe" (la pienezza d'amore). La sezione conclusiva è la terra d'approdo del brano, una intensa, luminosa perorazione cui danno forza la conversione al modo maggiore, il passaggio dal ritmo di tre a quello di quattro, più disteso, e l'ingresso del coro, che fa da sostegno alla melodia commossa del contralto, autentica traduzione in musica del potere di guarigione dell'arte dei suoni.

Arrigo Quattrocchi

Testo

RHAPSODIE RAPSODIA
Aber abseits wer ist's?
Ins Gebüsch verliert sich sein Pfad,
Hinter ihm schlagen
Die Sträuche zusammen,
Das Gras steht wieder auf,
Die Ode verschlingt ihn.

Ach, wer heilet die Schmerzen
Dess, dem Balsam zu Gift ward?
Der sich Menschenhass
Aus der Fülle der Liebe trank.
Erst verachtet, nun ein Verächter,
Zehrt er heimlich auf
Seinen eig'nen Wert
In ungenügender Selbstsucht.

Ist auf deinem Psalter,
Vater der Liebe, ein Ton
Seinem Ohre vernehmiich,
So erquicke sein Herz!
Öffne den umwölkten Blick
Über die tausend Quellen
Neben dem Durstenden
In der Wüste!
Ma chi è là in disparte?
Il suo sentiero si perde nella macchia,
gli arbusti si richiudono
dietro di lui,
l'erba ricresce,
la solitudine lo ingoia.

Oh! Chi sanerà il dolore
di colui per il quale il balsamo è divenuto veleno?
Colui che per troppo amore
divenne misantropo.
Prima disprezzato, ora dispregiatore,
logora in segreto
il proprio valore
in uno sterile egoismo.

Se nella tua cetra,
o padre d'amore, c'è una sola nota
che giunga al suo orecchio,
conforta il suo cuore!
Svela a quell'occhio offuscato
le mille sorgenti
sgorganti nel deserto
vicini all'assetato!

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 28 Marzo 1999

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Ultimo aggiornamento 8 maggio 2011