Di quattro anni precedente le Variazioni su un tema di Haydn, la Rapsodia per contralto, coro maschile e orchestra op. 53 costituisce uno dei vertici della produzione sinfonico-corale di Brahms, ossia di quel ristretto gruppo di opere in cui il compositore, smentendo la sua vocazione verso la musica "pura", priva di riferimenti letterari, dà luogo a una cauta apertura verso il privato, verso una Weltanschauung, una visione del mondo, che raramente trapela dalle composizioni strumentali. Se, per la quasi totalità delle opere di Brahms, è difficilissimo - oltreché beninteso metodologicamente inutile e scorretto - cercare relazioni o agganci con episodi biografici, è invece frequente il caso di brani sinfonico-corali che traggono origine proprio da precisi eventi nella vita del compositore, in genere eventi negativi o addirittura luttuosi. La scelta dei testi poetici - tutti di autori illustri - rimanda alla drammaticità della condizione umana e riflette una disillusione esistenziale che deve essere considerata una tematica costante della maturità del compositore.
Non fa eccezione la Rapsodia per contralto, concepita nel 1869 in seguito al matrimonio di Julia, una delle figlie di Robert e Clara Schumann, matrimonio che costituiva per Brahms la definitiva disillusione da un sentimento sorto diversi anni prima. Tuttavia non semplicemente autobiografico, ma esistenziale è il contenuto del brano, che assume quale testo un frammento della "Harzreise im Winter" ("Viaggio invernale nello Harz") di Goethe. Anche il testo di Goethe aveva un contenuto autobiografico ed esistenziale, in cui Brahms si rispecchiava pienamente. Il poeta si era recato nello Harz nel 1777, a 28 anni, per incontrare il giovane Plessing, profondamente colpito dalla lettura dei "Turbamenti del giovane Werther"; la depressione wertheriana di Plessing, unita al desolato paesaggio invernale, furono all'origine delle meditazioni espresse nelle tredici strofe del suo poema, dove la disperata amarezza di un misantropo si riflette nel paesaggio.
Del testo di Goethe Brahms prescelse solamente tre strofe, il cui contenuto tuttavia è perfettamente autonomo, nonché chiarissimo; vi troviamo la misantropia di un individuo che trae odio dall'amore, nonché l'esortazione a un "Padre d'amore" perché sappia illuminare il cuore dell'uomo. Questa "illuminazione", però, ed è qui il tratto significativo della scelta di Brahms, avviene grazie al suono di un salterio che può giungere all'orecchio dell'uomo; il compositore sembra suggerire che la panacea per i dolori dell'individuo sperduto nella selva del suo egotismo, possa venire solamente dalla musica.
Nella versione musicale il brano è quanto di più vicino Brahms abbia scritto ad una scena d'opera, articolata in recitativo, aria e finale; e non a caso la prima interprete della partitura - a Jena, il 3 marzo 1870 - fu il grande contralto Pauline Garcia Viardot, compagna fra l'altro di quel Turgenev con cui Brahms discusse uno dei suoi pochi progetti operistici. E tuttavia il brano esprime una drammaticità sobria, severa e austera, antitetica rispetto a qualsivoglia modello teatrale. A un recitativo frastagliato, in cui la voce del contralto si fa strada fra le instabili linee cromatiche dell'orchestra, succede un cantabile metricamente incerto (alterna i ritmi di 6/4 e 3/2) dove si impone comunque il canto spiegato della solista; confliggono fra loro le parole chiave del testo: "Menschenhass" (l'odio degli uomini) e "Fülle der Liebe" (la pienezza d'amore). La sezione conclusiva è la terra d'approdo del brano, una intensa, luminosa perorazione cui danno forza la conversione al modo maggiore, il passaggio dal ritmo di tre a quello di quattro, più disteso, e l'ingresso del coro, che fa da sostegno alla melodia commossa del contralto, autentica traduzione in musica del potere di guarigione dell'arte dei suoni.
Arrigo Quattrocchi
RHAPSODIE | RAPSODIA |
Aber abseits wer ist's? Ins Gebüsch verliert sich sein Pfad, Hinter ihm schlagen Die Sträuche zusammen, Das Gras steht wieder auf, Die Ode verschlingt ihn. Ach, wer heilet die Schmerzen Dess, dem Balsam zu Gift ward? Der sich Menschenhass Aus der Fülle der Liebe trank. Erst verachtet, nun ein Verächter, Zehrt er heimlich auf Seinen eig'nen Wert In ungenügender Selbstsucht. Ist auf deinem Psalter, Vater der Liebe, ein Ton Seinem Ohre vernehmiich, So erquicke sein Herz! Öffne den umwölkten Blick Über die tausend Quellen Neben dem Durstenden In der Wüste! |
Ma chi è là in disparte? Il suo sentiero si perde nella macchia, gli arbusti si richiudono dietro di lui, l'erba ricresce, la solitudine lo ingoia. Oh! Chi sanerà il dolore di colui per il quale il balsamo è divenuto veleno? Colui che per troppo amore divenne misantropo. Prima disprezzato, ora dispregiatore, logora in segreto il proprio valore in uno sterile egoismo. Se nella tua cetra, o padre d'amore, c'è una sola nota che giunga al suo orecchio, conforta il suo cuore! Svela a quell'occhio offuscato le mille sorgenti sgorganti nel deserto vicini all'assetato! |