Due rapsodie per pianoforte, op. 79


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Rapsodia I: Agitato (si minore)
  2. Rapsodia II: Molto passionato, ma non troppo allegro (sol minore)
Organico: pianoforte
Composizione: 1879
Prima esecuzione: Krefeld, Stadttheater, 20 Gennaio 1880
Edizione: Simrock, Berlino, 1880
Dedica: Elisabeth von Herzogenberg
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Composte nell'estate del 1879 a Portsehach le due Rapsodie op. 79 furono dedicate da Brahms ad un'amica intenditrice di musica, Elisabeth von Herzogenberg, in più occasioni fervente sostenitrice della produzione specialmente cameristica dell'illustre artista. In principio Brahms aveva pensato di titolare "Capriccio" la prima delle due Rapsodie, ma su consiglio della stessa dedicataria pensò al nome di rapsodia data la struttura e l'elaborazione formale che passa da un pianismo vigoroso e robusto ad un altro di tono intimistico e delicatamente sentimentale, pur nel rispetto di quella cultura neoclassica alla quale l'autore non venne mai meno nel corso della sua produzione creativa. Brahms suonò in prima esecuzione a Krefeld il 20 gennaio 1880 le due Rapsodie e furono in molti a ritrovare in questi pezzi il temperamento vivace e appassionato del pianista quando era giovane e influenzato dallo stile fantasioso e rapsodico schumanniano. In più si avverte una varietà di sviluppo inserita in una chiara visione del discorso pianistico, in cui la musica ha valore di confessione spirituale, lontana da qualsiasi riferimento letterario o realistico.

La prima Rapsodia in si minore (Agitato) è articolata in due temi distinti e in parte contrapposti: il primo ritmico e dal piglio vigoroso e perentorio, mentre il secondo ha un carattere melodico, interrogativo e leggermente inquieto. Nello scontro fra i due soggetti prevale il primo tema, prima di giungere all'episodio centrale (Meno agitato), teneramente espressivo nel mutamento di tonalità dal si minore al si maggiore. Le battute finali puntano sul tono affettuoso ed elegiaco del secondo tema, trasferito nel registro basso e tra sonorità in dissolvenza.

Anche la seconda Rapsodia in sol minore (Molto passionato, ma non troppo allegro) ha le stesse caratteristiche del pezzo precedente e prevede due temi in contrasto fra di loro. Il primo, dopo un attacco sostenuto, è fondamentalmente melodico e lineare, mentre il secondo, in tempo di marcia, presenta una maggiore vitalità ritmica, conferendo alla composizione un'aria di ballata nordica. Torna alla fine lo scherzo iniziale, mentre la conclusione è affidata ad una coda piuttosto libera, secondo l'estro romantico pur presente nello stile brahmsiano.

Ennio Melchiorre

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nella produzione strumentale romantica, volta a liberarsi progressivamente dei vincoli formali, anche la scelta di una nuova terminologia può essere significativa, soprattutto in campo pianistico. Ecco così nasce, all'inizio del secolo, una serie di Rapsodie, soprattutto legate al pianoforte. Prima delle Due Rapsodie op. 79 di Brahms (e considerando a parte quelle ungheresi lisztiane che spaziano dal 1846 al 1885) c'è ben poco che possa considerarsi di rilievo, da Wenzel a Tomàsek, Kessler, Moscheles, Burgmüller. In ogni caso il termine si presta per qualcosa di indefinito, di fantastico, spesso con riferimenti popolari, quando non diventa pezzo di bravura. Con questa indeterminatezza e con organici diversi arriverà fino ai casi più noti del nostro secolo, dalla Rapsodie espagnole di Ravel alla Rhapsody in Blue di Gershwin, interessando anche musicisti come Debussy e Bartók.

Nulla di strano quindi che le Due Rapsodie di Brahms non rispondano ad alcuno schema prestabilito, essendo anzi più vicine formalmente a delle Ballate, e con possibili parentele ad un'altra forma libera ottocentesca, quella dello Scherzo. Nella storia della Rapsodia rappresentano il momento più alto e, per la loro posizione centrale, occupano un posto determinante nell'intera produzione pianistica di Brahms; dopo il periodo giovanile e quello delle variazioni, servono quasi a chiudere una fase, nel 1879, lasciando poi il posto, dopo un lungo silenzio, ai lavori raccolti con numero d'op. 116-119, negli anni 1891-93.

Il clima che pervade l'op. 79 è quello vivo e ardente delle opere giovanili, ritrovato qui in una fase di profonda maturità, e il rapporto con altre Rapsodie del catalogo brahmsiano (l'ultimo dei Quattro pezzi op. 119 e la Rhapsodie op. 53 per contralto, coro maschile e orchestra) non risulta a tale proposito rilevante. E' invece possibile un contatto con le Ballate op. 10, per certe analogie formali oltre che per affinità di clima e di gusto nordico, sia negli abbandoni come nella tenerezza.

La prima Rapsodia n. 1, in si minore, è una pagina di sorprendente unità, costruita su due temi ben distinti che si alternano e si inseguono senza un piano precostituito con un respiro che va oltre lo strumento, acquistando spessore sinfonico. Lo avvertiamo sin dall'inizio, con quell'attacco perentorio del primo tema che propone uno degli elementi portanti di tutta la Rapsodia, la semiminima puntata seguita da una terzina di semicrome. Le oscillazioni tonali e le trasformazioni tematiche, che sono peculiari in Brahms, appaiono quasi subito. L'esplosione di questo inizio «agitato» sembra placarsi su una nuova realtà più soffusa, di ritmo sincopato, nella quale però, per un attimo, ritorna, in re maggiore, l'inciso iniziale. A questo punto lo scenario si apre su un mondo del tutto nuovo: solo nove battute in re minore, un "molto espressivo" che costituisce la seconda idea, di un lirismo idilliaco e dolcissimo. Ma non è ancora giunto il suo turno vero perché la prima idea riappare come prima, con un carattere evolutivo di sviluppo fino alle due veloci e decise scale ascendenti che ci riconducono alla tonalità iniziale. Poi finalmente riappare la seconda idea, che trova lo spazio per distendersi in un si maggiore limpido e pacato. A questo punto assistiamo ad una vera ripresa che non muta sostanzialmente dalla proposta, ma con una variante considerevole nella coda e il recupero tematico della seconda idea avvolta in un gioco suadente di terzine.

La Rapsodia n. 2 porta l'indicazione "Molto appassionato ma non troppo allegro". Non si discosta dalla prima per caratteristiche formali ma è ancora più ricca tematicamente, in un clima misterioso, che a tratti acquista colori epici di straordinaria potenza. La prima parte è costituita di quattro temi distinti, giustapposti l'uno all'altro con sottili legami fra di loro, nonostante una propria individualità: ampio e appassionato il primo, scattante il secondo, liricamente acceso il terzo, cupo e drammatico il quarto. La parte centrale, in uno sviluppo libero, è costruita con materiale ricavato dal primo e dal quarto tema. Lascia il posto alla ripresa in un crescendo che mette in evidenza soprattutto il quarto tema, con quell'ostinato movimento di terzine e l'incedere imperioso delle ottave nel basso, verso una conclusione di poche battute che riaffermano, su un movimento regolare, la tonalità di sol minore.

Renato Chiesa

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Bastano poche battute per entrare nell'immaginario sonoro di Johannes Brahms, con quel suo stile inconfondibile: addensante, intenso, intriso di colori e sfumature contrassegnate da accordi dai tratti talvolta scultorei, fortemente elaborativo, a un tempo connotato da un profilo melodico accidentato e straordinariamente progrediente, narrativo, fantasioso. L'energia appassionata che percorre la prima delle due Rapsodie op. 79, nel tono di si minore (Agitato), richiama talvolta meravigliosi echeggiamenti schumanniani, mentre sentiamo il primo tema affermarsi col suo inciso ribelle per il gioco spumeggiante della semiminima puntata seguita da una rotolante terzina di semicrome. Il secondo tema contrasta notevolmente col primo, essendo melodico e lineare, ma dall'andamento tipicamente interrogativo e inquieto. Si tratta, però solo di un'anticipazione. In modo inaspettato la prima idea sommerge d'impeto il tema delicato, proponendo una fase intensa di sviluppo che per due volte si ripropone tutto travolgendo. Alla fine di questa "tempesta" emerge con più convinzione il secondo tema, cristallino e limpido nella tonalità di si maggiore. In questa rapsodia sostanzialmente costruita nel modo di una libera forma sonata, approdiamo a una ripresa del primo tema, mentre un epilogo tenue e sospeso col ricordo del secondo tema disteso in arpeggianti terzine conclude liricamente il brano.

La seconda Rapsodia in sol minore (Molto passionato, ma non troppo allegro) corrisponde in un certo senso alla tipologia della precedente, tratteggiata com'è in una libera architettura di forma sonata. Tuttavia spicca subito la corona di quattro gruppi tematici in coerente sintonia e dai sottili legami e somiglianze. In un clima misterioso si sprigiona il tratto del primo motivo, lineare, appassionato e avvolgente; il secondo, in tempo di marcia, è appoggiato su stentoree sequenze accordali dai toni epici, il terzo, lirico, spicca per la linea a spirale, sinuosa e interrogante, mentre l'ultimo, cupo e drammatico, pare echeggiare i rintocchi mesti di una marcia funebre. Dopo uno sviluppo del tutto magmatico, che sfrutta gli elementi del primo e del quarto tema presentandoli variati di foggia e di colore armonico, la ripresa conclude con il ritorno dei quattro profili lasciando particolare risalto ed enfasi al quarto tema, che funziona anche da epilogo.

Marino Mora

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

Le due Rapsodie op. 79, del 1879, sono i lavori pianistici più significativi del periodo centrale di Brahms. Dedicate a Elisabeth von Herzogenberg, prima interprete della Rapsodia in si minore, che ella avrebbe voluto intitolata «Klavierstück» (la seconda fu eseguita invece da Clara Wieck nell'82) costituiscono, assieme alle opere 39 (Valzer] e 76 (Klavierstück), la rottura di un silenzio pianistico durato dal 1863 dell'op. 35 al 1891 delle «Fantasie» op. 116, silenzio che coincise con un periodo importante della produzione di Brahms, impegnato allora nei Concerti per violino e per pianoforte (op. 83]. Un primo silenzio separava le opere della giovinezza (op. 1-21) dalle grandi variazioni (1861-'63); un'ultima lunga sosta di dodici anni preparerà gli ultimi Klavierstück.

È questa delle Rapsodie una maniera ancora «stürmer», anche se, come l'op. 53 per contralto, come l'ultimo brano dell'op. 119, le Rapsodie di Brahms non son certo rapsodiche in senso virtuosistìco: potrebbero essere quasi ballate amplificate, in senso chopiniano, in forma sonata, o di scherzo. Se con Liszt abbiamo la più libera e retorica delle forme, virtuosistico-descrittiva, Brahms è più vicino all'arcaica accezione di poetico componimento svolgentesi secondo una interiore dialettica: una nuova forma, originale, di alta levatura artistica.

Vi è fortissima la stessa volontà strutturale della Sonata in fa minore. Nella prima Rapsodia, dalla forma ternaria abbastanza ampliata, tutto deriva dai due soggetti tematici in contrasto tra di loro: dopo un predominio dell'elemento drammatico, il trionfo di quello lirico. Un accentuato dualismo che chiude antikantianamente con la vittoria del «bittende Prinzip», l'elemento femmineo (il decadentismo è alle porte!). Inizia concitatamente con un tipico inciso brahmsiano, ha un primo climax emotivo, un secondo tema in re minore, idillico, di carattere nordico (si è scritto, ed è evidente, della «Morte di Aase»). Tre accordi perentori portano al vero climax del brano, seguito, dopo due scale «terribili», dall'episodio mediano, intessuto sul tema lirico, qui in si maggiore. La ripresa rivive interamente il dramma iniziale, che si chiude nello spirito del secondo tema.

Più serrata e omogenea, più breve e con meno constrasti, la Rapsodia in sol minore, ultima opera pianistica scritta da Brahms in forma sonata, è più compatta e continua anche di spirito, meno agitata ed incalzante. Lo sviluppo è dominato dal tema iniziale: triade (in suoni sciolti) preceduta da semitono. Il secondo tema non si placa: Brahms vuole tensione, unità di «fiato». L'inizio è tonalmente ambiguo, una triade di mi bemolle in primo rivolto, e alla seconda battuta, un fa maggiore! Poi, varie affermazioni tonali, varie cadenze non definitive. Il sol minore compare solo oltre la metà del brano e dà vita al momento più misterioso dello sviluppo (pianissimo sottovoce), che riappare alla fine, e scompare via via con un favoloso effetto di trillo sempre più lento. Questa ambiguità tonale citò tra altre cose Schönberg per argomentare la sua tesi sul «progressismo» di Brahms.

Rixxardo Risaliti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 15 Novembre 1991
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 11 aprile 1989
(3) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 293 della rivista Amadeus
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 17 maggio 1977

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Ultimo aggiornamento 20 marzo 2019