Serenata n. 2 in la maggiore per piccola orchestra, op. 16


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Allegro moderato (la maggiore)
  2. Scherzo. Vivace (do maggiore). Trio (fa maggiore)
  3. Adagio non troppo (la minore)
  4. Quasi Menuetto (re maggiore). Trio (fa diesis minore)
  5. Rondò. Allegro (la maggiore)
Organico prima versione: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, timpani, archi (senza i violini)
Organico seconda versione: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi (senza i violini)
Composizione prima versione: Detmold, novembre 1859
Composizione seconda versione: 1875
Prima esecuzione: Amburgo, Sala della Filarmonica, 10 febbraio 1860
Edizione prima versione: Simrock, Bonn, 1860
Edizione seconda versione: Simrock, Berlino, 1875
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Serenata in la maggiore op. 16 venne composta da Johannes Brahms nel 1858 durante il soggiorno nel principato di Lippe-Detmold, dove il musicista amburghese ricopriva incarichi di direttore d'orchestra, pianista e insegnante della principessa. Fu un soggiorno sereno e proficuo, che permise a Brahms di prendere coscienza delle proprie capacità compositive, come testimoniano le lettere a Clara Schumann («Che bello creare con vigore rinnovato! Ora trovo molto gusto nelle mie cose. Credo veramente, cara Clara, di crescere») e, all'amico violinista Joachim («Ero di ottimo umore a Detmold. Di rado ho composto con tanto diletto»).

L'organico della Serenata op. 16la sorella più giovane e più tenera» dell'op. 11, secondo la felice definizione del critico viennese Eduard Hanslick), accanto a flauti, oboi, clarinetti,fagotti e corni, prevede gli archi senza i violini, a testimonianza della predilezione di Brahms per il registro centrale, per i toni più morbidi e scuri, per le sonorità più intimistiche. Questa scelta verrà poi ripetuta nella, prima parte del Requiem tedesco op. 45 del 1868 (anche qui mancano i violini) e nei due Quintetti per archi op. 88 (1882) e op. 111 (1891), col raddoppio della viola.

L'Allegro moderato iniziale è in forma-sonata, con un primo tema morbido e seducente, che subito sfocia in una sinuosa melodia discendente a terzine; il discorso musicale si anima improvvisamente e questo semplice spunto viene subito sottoposto a un intenso lavorio da parte di tutti gli strumenti dell'orchestra. Il secondo tema, esposto dai clarinetti in terze parallele ha un sapore dolcemente popolare, quasi di ländler viennese, e conclude in pianissimo la prima parte del movimento. Lo sviluppo si apre con la ripetizione del primo tema, ricordo degli Sviluppi di Haydn e richiamo esplicito alla «classicità» della Serenata, per proseguire con una lunga elaborazione motivica, basata sulla melodia discendente a terzine, che viene scomposta da Brahms in un mirabile gioco contrappuntistico. Un lungo pedale di tonica (ancora una tecnica compositiva «classica») porta alla Ripresa, che si snoda parallela all'Esposizione differendone solo nella diversa strumentazione dei temi. L'ampia Coda finale si nutre ancora di elementi motivici tratti dalla melodia discendente a terzine, ma conclude il movimento riprendendo il carattere tenero e popolare del secondo tema.

Lo Scherzo successivo è una sferzata ritmica alle orecchie dell'ascoltatore: il robusto tema principale affidato esclusivamente ai fiati, è costruito sull'ambiguità del metro ritmico, che è ternario in partitura, ma sul quale Brahms sovrappone un'insistita e martellante struttura binaria. Interessante dal punto di vista del colore armonico è poi la ripetizione di questo tema nella lontana tonalità di mi maggiore seguita immediatamente dal brusco rientro nel tono d'impianto. Il Trio centrale è più lirico: clarinetti e fagotti in seste parallele propongono un motivo dolce e delicato, poco turbato dall'insistenza ritmica degli archi, che ripropongono il ritmo scatenato dello Scherzo.

Nell'Adagio non troppo molti critici e commentatori dell'opera di Brahms hanno voluto vedere un omaggio bachiano: il tema principale in 12/8 ricorda effettivamente molto da vicino il tema della grande Passacaglia in do minore per organo di Bach. La ricorrenza di questo tema domina interamente questa straordinaria pagina orchestrale, mirabile per la sapiente strumentazione, per la cupa sonorità, per quell'aura mistica che la pervade da cima a fondo. La potenza d'ispirazione del tema di passacaglia non deve però far passare in secondo piano la presenza di un limpido secondo tema, esposto dai legni in stile quasi corale, e di alcuni momenti di vera e propria magia sonora (su tutti il solare intervento del corno, sopra il tremolo della viola) che valsero, a questo Adagio la sincera ammirazione di Clara Schumann.

Il Quasi menuetto, con la sua discrezione, il suo passo felpato, la sua elegante noncuranza, sembra non voler contrastare troppo l'intensa religiosità dell'Adagio precedente; strutturato nella canonica forma Minuetto-Trio-Minuetto, evidenzia un'orchestrazione e un'ispirazione melodica che diremmo schubertiane (e proprio a Schubert si richiama il tema del Trio, affidato alla voce dolce e malinconica dell'oboe).

Conclude la Serenata un Rondò dal sapore quasi rustico, nel quale spicca il carattere festoso e popolare del primo tema affidato dapprima ai clarinetti ma ripreso, elaborato e ripetuto poi con gioia da tutti gli strumenti dell'orchestra. Un breve ripiegamento interiore si ha col secondo tema, esposto da clarinetti e fagotti, ma l'apparire del terzo tema riporta all'atmosfera di danza paesana dell'inizio. Lo Sviluppo riprende sostanzialmente i materiali tematici dell'Esposizione, con la, sola, aggiunta di un nuovo motivo di straordinaria), dolcezza, ancora affidato ai clarinetti sopra i cullanti arpeggi di flauto, viola e fagotto. Nel turbinio ritmico e sonoro della Ripresa si staglia tagliente la voce dell'ottavino, protagonista anche della Coda, costruita sopra il tema principale e tutta giocata sulle vivaci scalette in progressione dal grave all'acuto dei legni (clarinetto, fagotto, corno, oboe, flauto, ottavino).

Alessandro De Bei

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Brahms aveva 27 anni quando diresse ad Amburgo il 10 febbraio 1860 per la prima volta la Serenata in la maggiore op. 16, scritta tra il 1858 e il 1859 a Detmold, dove svolgeva attività di pianista e di direttore di coro presso la corte principesca. Tale composizione, insieme alla Serenata in re maggiore op. 11 che è dello stesso periodo, costituisce il primo impatto del musicista con l'orchestra, alla quale avrebbe dedicato nell'età matura molta parte della sua attività, raggiungendo risultati notevoli nelle otto Variazioni sopra un tema di Haydn e nelle quattro sinfonie, per non parlare dei due Concerti per pianoforte op. 15 e op. 83, del Concerto per violino op. 77, del Doppio Concerto per violino e violoncello op. 102, della rilevante produzione da camera e dello stupendo Ein deutsches Requiem per soli, coro e orchestra. Nella Serenata in la maggiore si notano già le caratteristiche dell'arte brahmsiana, contrassegnata da un romanticismo riflessivo e teneramente nostalgico, tutto proiettato a scavare all'interno della propria anima e lontano dalla potenza scardinatrice di Beethoven, dall'immaginazione apocalittica di Berlioz e dalla fantasia immaginifica di Schumann. Ciò che colpisce di più in questo lavoro è il peso timbrico, il colore della strumentazione, che conferisce un tono malinconico e pensoso alla musica, anche se non mancano momenti vivaci e popolareschi, come nello Scherzo. Brahms utilizza un'orchestra da camera senza i violini, le trombe e i tamburi e imprime molto risalto alle viole, ai fagotti, ai clarinetti, specie nel registro basso, e a due corni. Da un impasto di suoni così caldo e dalle profonde risonanze scaturisce un particolare fascino musicale, in cui risiede la sigla espressiva di questo autore, esaltato come l'apostolo della "musica pura", indipendente cioè da soggezioni letterarie e teatrali.

Brahms ebbe sempre una particolare predilezione per la Serenata in la maggiore e mentre la stava trascrivendo per due pianoforti così scrisse all'amico Joachim: «È un pezzo delizioso. Raramente ho scritto musica con tanto piacere». E lo stesso piacere si riversa nell'animo di chi ascolta questa studiatissima partitura. Dopo un primo tempo dall'andamento moderatemente lirico in cui il tema musicale di carattere schubertiano ritorna più volte, quasi a ribadire lo spirito affettuosamente malinconico che lo sorregge, l'atmosfera cambia e diventa più serena con il ritmo popolaresco e danzante dello Scherzo e sfocia in un Adagio intriso di Sehnsucht romantica e punteggiato da un basso ostinato in due tempi, idea contrappuntistica che Brahms utilizzerà poi anche nelle sinfonie; la melodia dolce e carezzevole del Minuetto rende più vivace, fresca e sbrigliata la esplosione sonora del Rondò finale, di un gusto tutto brahmsiano nel ricamo delle voci strumentali.

La flessibilità dello stile melodico, messa in evidenza dal principio della variazione e dall'uso degli accordi di terza e di sesta, non esclude lo sviluppo tematico della composizione, in cui assolve ad una funzione espressiva preponderante la varietà della strumentazione, nell'accoppiamento e nella fusione tra i legni e i corni, tra il clarinetto e il pizzicato degli strumenti a corda, tra la viola, i violoncelli e i contrabbassi. Di notevole effetto il gioco timbrico nel Trio del quarto movimento (Quasi minuetto), dove su un'armonia del contrabbasso si inseriscono i suoni delle viole arricchiti dagli interventi in contrappunto del flauto e dei violoncelli, che utilizzano un motivo del tema principale. È un esempio superbo, uno dei tanti, dell'abilità di eccellente orchestratore che tutti riconoscono in Brahms.


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 123 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 9 marzo 1986

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Ultimo aggiornamento 6 novembre 2012