Sonata n. 1 in sol maggiore per violino e pianoforte, op. 78


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Vivace ma non troppo (sol maggiore)
  2. Adagio (mi bemolle maggiore)
  3. Allegro molto moderato (sol minore)
Organico: violino, pianoforte
Composizione: 1878 - 1879
Prima esecuzione: Bonn, 8 Novembre 1879
Edizione: Simrock, Berlino, 1880
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Le tre Sonate per violino e pianoforte op. 78, op. 100 e op. 108 appartengono alla piena maturità di Brahms e riflettono alcune caratteristiche fondamentali della sua poetica, prima fra tutte quel senso intimo, tenero, sentimentale e dolcemente affettuoso del Lied, che è l'elemento base e costante di tutta la produzione del compositore amburghese, dalla cameristica alla sinfonica. Si sa che oltre queste Sonate egli ne aveva scritte altre tre, di cui due furono distrutte dallo stesso autore, perché non era rimasto soddisfatto della forma più che del contenuto. Il terzo manoscritto delle Sonate non pubblicate, elaborato intorno al 1850 e catalogato con il mumero 5 di opus, fu smarrito da Brahms a Weimar durante una visita a Liszt nel giugno del 1853. Non va dimenticata inoltre la presenza di Brahms nella Sonata per violino e pianoforte composta nel 1853 in collaborazione con Albert Dietrich e Robert Schumann.

La Sonata op. 78, scritta nel 1879 e pubblicata a Berlino nel 1880 (si colloca tra il Concerto per violino e orchestra op. 77 e le due Rapsodie pianistiche op. 79), è costruita interamente su motivi di un Lied per tenore dello stesso Brahms, la "Canzone della pioggia" (il Regenlied della collana Acht Lieder und Gesänge op. 59 n. 3), il cui tema piaceva molto al musicista, tanto da utilizzarlo in un'altra composizione, il terzo Quartetto con pianoforte op. 60 in do minore. Nella Sonata il tema completo del Regenlied viene sviluppato nell'Allegro finale, ma si avverte anche negli altri tempi, secondo quel gusto della variazione e della costruzione ciclica in cui si ritrova la sigla stilistica del musicista.

Infatti l'incipit della melodia del violino nell'attacco del Vivace ma non troppo è identico a quello del Regenlied; la frase è leggermente increspata da un morbido fraseggio ritmico, che impronta di sé tutta la Sonata, dove, secondo Landormy, nessuno meglio di Brahms è riuscito a descrivere «l'impressione dell'imponderabile e del dissolvimento della coscienza nel paese meraviglioso del sogno per mezzo di quei giochi sottili di ritmi contrari e sovrapposti, che sembrano non avere una precisa consistenza». Il secondo tema è una derivazione del primo: viene esposto inizialmente dal violino, quindi insieme al pianoforte in raddoppio d'ottava. Dopo un ampio sviluppo con modulazione di elegante fattura il movimento si conclude con una coda di distesa serenità in cui il violino, lanciato progressivamente verso l'acuto, espone frammenti del primo tema.

L'Adagio in mi bemolle maggiore, avviato dal pianoforte, è contrassegnato da un canto morbidamente espressivo del violino, accompagnato da accordi arpeggiati dello strumento a tastiera e nel quale è possibile intravedere l'inversione della melodia del Regenlied. Un sentimento di contemplazione traspira nella seconda parte del movimento, che si chiude con un tenero e malinconico sospiro del violino. Nel finale, in forma di rondò, pianoforte e violino espongono e presentano in modo variato il tema della "Canzone della pioggia" finalmente in tutta la sua estensione; secondo un biografo brahmsiano si riesce a cogliere nel discorso musicale un'espressione di rimpianto e di dolce rassegnazione per la partenza di una persona cara. Da parte sua l'autorevole Hanslick, difensore ad oltranza del classicismo di Brahms contro l'esasperato cromatismo wagneriano, sostenne che quest'ultimo tempo e l'intera Sonata non dovevano essere eseguiti in pubblico, perché frutto di una sensibilità troppo introversa e intimistica, quasi si trattasse di un diario personale e segreto del musicista.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Severo critico di se stesso, spesso preoccupato di esporsi con opere che egli riteneva immature e incomplete, Brahms fece conoscere il suo primo lavoro per violino solista (fatta eccezione per lo Scherzo in do minore per la «Sonata F.A.E.») soltanto all'età di quarantacinque anni con la pubblicazione del Concerto in re maggiore op. 77. Confortato dal grande successo ottenuto nell'estate di quello stesso anno, il 1878, egli mise mano alla prima delle sue tre splendide sonate per violino e pianoforte (le sole da noi conosciute, dato che altre tre opere simili, scritte precedentemente, furono distrutte dallo stesso autore). Tutte concepite durante i fecondi soggiorni estivi che Brahms era solito trascorrere fuori città, le Sonate op. 78, 100 e 108 sono accomunate da uria cantabilità prettamente liederistica che raramente si concede al virtuosismo (in particolare le prime due), ma che molto lascia trasparire della genialità brahmsiana nel plasmare materiale tematico, e al tempo stesso da un rapporto equilibrato tra violino e pianoforte, strumento, quest'ultimo, con il quale il compositore vantava la massima confidenza e che spesso assume un ruolo di conduzione melodica.

Nel riferimento al lied sta peraltro la chiave della presente interpretazione del duo Accardo Canino, che, con una lettura quasi «vocale» più che «strumentale», sostengono la melodia brahmsiana con ampi respiri, cura del dettaglio e un'intenzione a volte quasi «recitata».

Opera di straordinario equilibrio formale nella quale la radiosa serenità dei motivi del primo movimento, si alterna a un senso nostalgico di velata melanconia che traspare soprattutto nel secondo e terzo tempo, la Sonata op. 78 fu completata nella primavera del 1887 durante il soggiorno a Pörtschach in Carinzia, assumendo da subito il titolo di Regen-sonate (Sonata della pioggia) dovuto a un frammento estrapolato dal Regenlied op. 59 scritto nel 1873 su poema elegiaco di uno scrittore nordico. Sebbene tale motivo venga citato letteralmente solo nel terzo movimento, il tema con cui si apre il Vivace ma non troppo iniziale ne da anticipazione imitandone il delicato attacco anacrusico. Questo motivo, che è il di gran lunga più ricorrente in tutto il primo movimento, viene inframmezzato da una seconda idea melodica costruita sulla reiterazione di una cellula ritmica di due note legate, che crea una deliziosa sfasatura di accenti rispetto al metro principale (6/4). A questa prima parte fa seguito un secondo secondo gruppo tematico nel quale il violino sviluppa un canto appassionato che scorre fluido verso un breve crescendo, e un terzo gruppo, dall'atmosfera più intima, nel quale Brahms mostra la sua maestria nel far germinare un tema da un altro. Egli infatti propone un nuovo motivo non compiutamente sviluppato che, cullandosi su blande ripetizioni cadenzali, introduce a una graziosa e più compiuta idea melodica generata da un frammento dell'idea precedente. La parziale ripresa del primo tema con accompagnamento pizzicato del violino da il via a una sezione di Sviluppo costruita in larga parte sull'elaborazione dei due motivi dello stesso primo gruppo tematico. Solo verso la conclusione vi sarà spazio per richiami al terzo tema, mentre è ancora con il primo tema che Brahms prepara la .Ripresa. In quest'ultima parte le differenze con l'Esposizione sono: il passaggio dal primo al secondo gruppo tematico direttamente dall'idea secondaria del primo tema, e la tradizionale trasposizione di tonalità (una quarta sopra) del secondo e del terzo gruppo. L'aggiunta di una coda, nella quale sono ancora i due soggetti del primo gruppo a essere padroni della scena, completa infine il movimento.

Costruito secondo secondo la struttura ABA, l'Adagio della sonata si apre con l'esposizione del tema principale da parte del pianoforte attraverso un pacato movimento accordale della mano destra sostenuto dagli ampi arpeggi della sinistra. In coda al tema entra il violino con digressioni cromatiche che portano alla ripresa da capo del soggetto iniziale da parte del violino stesso. L'episodio centrale (B) segue sostanzialmente lo schema di quello precedente (A): il nuovo tema, una sorta di marcia funebre in modo minore, viene mestamente scandito dall'incedere accordale del pianoforte sul quale si innesta il violino, dapprima con un'idea secondaria e quindi con la ripresa del tema principale. Quest'ultimo viene quindi sottoposto a una breve elaborazione con alcuni accenni imitativi tra i due strumenti formando cosi un ponte di collegamento con la ripresa del primo episodio nella quale, a differenza dell'inizio, il tema viene da subito affidato al violino. Nell'ampia coda conclusiva vi è infine una prima parte che ripropone i temi di B in modo maggiore, in parte sopra uri ostinato pedale di mi bemolle, e una seconda che ripropone invece il tema di A.

Ecco dunque, nel rondò-sonata del terzo movimento Allegro molto moderato, il melanconico motivo in sol minore tratto dal Regenlied sostenuto da una fitta e delicata trama del pianoforte, che Brahms sviluppa seguendo due diversi percorsi armonici separati da un breve episodio di collegamento. Anch'essa in tonalità minore, ma più breve e più leziosa nel fraseggio, la successiva melodia del secondo gruppo tematico viene sottoposta a più ripetizioni, intervallate da due brevi progressioni modulanti, mentre un motivo apparentemente nuovo, ma che in realtà nasce da una contrazione del primo tema, precede il ritornello dello stesso primo tema.

Nella sezione centrale di Sviluppo compare un ulteriore elemento tematico nuovo, che tuttavia, nelle prime due battute, cita in maniera letterale il motivo iniziale dell'Adagio. Tale episodio viene quindi ripetuto, ma senza la citazione dell'Adagio, che viene sostituita da un diverso profilo melodico, quasi a voler subito ricomporre l'anomalia di una indebita intrusione. La successiva elaborazione di una semplice cellula melodica formata da due note legate richiama velatamente l'andamento del secondo tema, mentre il motivo del Regenlied fa la sua unica comparsa con brevi accenni nell'episodio di transizione alla Ripresa. Qui, la mancata elaborazione del primo tema, viene in parte compensata con alcune varianti a cui esso viene sottoposto, mentre il collegamento armonico si dilata, rispetto all'Esposizione, con l'aggiunta di un breve crescendo in progressione. Il finale è una piccola oasi di pace illuminata dal passaggio al modo maggiore, nella quale si dispiega un canto gentile e affettuoso del violino, ultimo frutto della generosa inventiva melodica di Brahms, nel quale si riconosce il motivo dell'Adagio che si spegne in mezzo a brevi e frammentari echi del primo tema.

Carlo Franceschi De Marchi

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Le tre Sonate per violino e pianoforte di Johannes Brahms appartengono al periodo della sua maturità creativa, e più precisamente all'arco temporale nel quale Brahms stava concludendo la sua esperienza di sinfonista e tornava alla prediletta musica da camera. Rispetto alle Sonate beethoveniane, quelle di Brahms valorizzano in modo maggiore la dialettica dei due strumenti e conferiscono minor rilievo solistico al violino, ne ridimensionano relativamente il ruolo virtuosistico. Arte del dialogo e dell'interpretazione per eccellenza, la musica di Brahms tende nelle Sonate per violino a sviluppare il rapporto a due in un confronto serrato, ma sempre paritetico. L'elaborazione formale della Sonata è come sempre curatissima nei dettagli e ricca di sfaccettature, ma è anche condotta con l'apparenza di un'estrema naturalezza, come se il complesso gioco di variazioni, di sviluppi contrappuntistici e di ricerca armonica fosse governato da una semplicità di gesti e da un ordine del linguaggio tale da non produrre alcun senso di affaticamento nell'ascolto, ma da suscitare l'effetto di un continuo e non invadente discorso sonoro. La prima delle sue Sonate per violino e pianoforte, quella in sol maggiore op. 78, fu scritta fra il 1878 ed il 1879 utilizzando il materiale tematico di due Lieder pubblicati alcuni anni prima nella raccolta dell'op. 59: Regenlied e Nachklang, entrambi pensati come omaggio a Clara Schumann. L'intera composizione mantiene un tono molto sobrio, con una scrittura ritmica molto leggera e una parte armonica invece straordinariamente tormentata, ma sempre animata da un'espressione molto riservata, morbida e scorrevole, priva di grandi elementi di contrasto. Se però il primo movimento è interamente compreso in questa descrizione, l'Adagio che lo segue è già più chiaramente suddiviso in un tema ampio e riflessivo da un lato, ed un lieve tempo di marcia funebre dall'altro, riconoscibile per l'insistenza ritmica delle note basse del pianoforte. La cupa meditazione dettata dal movimento centrale si estende sull'Allegro molto moderato che costituisce la conclusione della Sonata e che si basa appunto sul tema del Regenlied, un tema sfuggente e ondulatorio, malinconico e indeterminato. Brahms utilizza la tonalità di sol minore, non torna cioè al sol maggiore della tonalità d'impianto e anzi attenua ulteriormente i colori di lieve luminosità con i quali la Sonata si era aperta per approfondirne il carattere meditativo. Formalmente il movimento è un Rondò che ripete il tema del Lied e, come secondo elemento, quello dell'Adagio. Solo alla sua ultima ripetizione il tema si apre a sfumature più chiare, viene cioè modulato in maggiore e si sposta sul registro acuto del violino. Non si tratta tuttavia che di un breve passaggio, giacché subito la Sonata si chiude su due accordi leggeri e dal tono vagamente mesto.

Stefano Catucci


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 6 Novembre 1987
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 102 della rivista Amadeus
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 14 aprile 1994

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Ultimo aggiornamento 12 giugno 2013