Sonata n. 2 in fa maggiore per violoncello e pianoforte, op. 99


Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Allegro vivace (fa maggiore)
  2. Adagio affettuoso (fa diesis maggiore)
  3. Allegro passionato (fa minore) e Trio (fa maggiore)
  4. Allegro molto (fa maggiore)
Organico: violoncello, pianoforte
Composizione: Hofstetten, Estate 1866
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal di Vienna, 24 Novembre 1886
Edizione: Simrock, Berlino, 1887
Dedica: Robert Haussmann
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il violoncellista che indusse Brahms a comporre la superba Sonata in fa maggiore n. 2 op. 99 si chiamava Robert Hausmann; per lui il compositore scriverà, nel 1887, anche la parte di violoncello del Doppio Concerto op. 102. Hausmann, che dal 1879 suonava nel quartetto dell'amico di Brahms, Joseph Joachim, e aveva molto contribuito a far circolare nel repertorio concertistico la negletta Sonata op. 38, già nel 1884 aveva richiesto al compositore una sonata. Tuttavia sarà soltanto due anni dopo, durante l'estate trascorsa in Svizzera, a Hofstetten, sulle rive del lago di Thun, che Brahms soddisferà la richiesta di Hausmann; al violoncellista berlinese e all'autore si deve, il 24 novembre dello stesso anno a Vienna, la prima esecuzione pubblica della sonata. Il lavoro risale dunque alla felicissima estate creativa del 1886, che vide la composizione anche della Sonata per violino e pianoforte op. 100, del Trio per violino, violoncello e pianoforte op. 101 e dei Lieder op. 105, 106 e 107. Come d'abitudine, Brahms sottomise la nuova composizione al giudizio degli amici. Il 2 dicembre 1886 Elisabeth von Herzogenberg, intima confidente musicale di Brahms, manifestò al compositore il suo completo apprezzamento per la sonata, sottolineando con acutezza critica l'essenziale concisione e il flusso impetuoso del primo movimento, l'intensità espressiva del secondo, l'energia imperiosa del terzo, l'intonazione quasi lirica del quarto, in forte contrasto con lo stile grandioso dei movimenti precedenti. Articolata in quattro tempi, la sonata denota una scrittura violoncellistica piuttosto impegnativa.

Nel primo movimento, Allegro vivace, Arnold Schönberg scorgerà un esempio particolarmente significativo della cosiddetta entwickiende Variation (variazione evolutiva) brahmsiana, la tecnica per cui nulla si ripete senza generare uno sviluppo, una spinta cinetica. In effetti, l'intero movimento, innervato da una continua pressione propulsiva, è costruito sulla base dei due motivi (di quarta ascendente e di semitono) inizialmente enunciati dal violoncello. Come nel movimento d'apertura dell'op. 38, l'esposizione della forma di sonata poggia su tre idee tematiche. Il primo tema, in fa maggiore, è dapprincipio impulsivo e concitato: sui tremoli e poi sugli arpeggi del pianoforte, il violoncello disegna incisi brevi e vigorosi, separati da pause, finché non distende frasi melodiche alle quali corrisponde un acquietarsi dell'accompagnamento pianistico. Quando il pianoforte riprende l'ultima frase del violoncello si profila la transizione al secondo tema, nella quale la pulsazione ritmica tende a farsi ancora più tranquilla. Il secondo tema, in do maggiore, ha piglio eroico; è suonato dal pianoforte e quindi ripreso dal violoncello. Un passaggio di appena due battute con terzine al pianoforte collega il secondo tema al terzo, che conclude l'esposizione. Il terzo tema, in la minore, è caratterizzato da un disegno discendente di sedicesimi, poi da un'arcuata frase melodica che passa dal violoncello al pianoforte; nella chiusa il rapido gioco su due corde del violoncello è accompagnato dagli accordi del pianoforte. Segue il ritornello dell'esposizione.

La prima arcata dello sviluppo incomincia nella lontana tonalità di fa diesis minore; l'elaborazione, che trae spunto dal primo tema, ricorre a un linguaggio molto cromatico e si svolge perlopiù nel piano (molto piano sempre e legato), sino a un rapido crescendo, lasciando prevalere nell'intreccio ora il pianoforte ora il violoncello, La seconda arcata, che inizia su un accordo accentato di settima diminuita, si basa anch'essa sul primo tema: sopra i tremoli del violoncello il pianoforte ne scandisce in accordi il profilo melodico, fino a un passaggio che riecheggia la transizione al secondo tema.

Quanto alla ripresa, nella sostanza essa ripercorre, con le dovute trasposizioni tonali, l'esposizione. Ritorna allora il primo tema, in fa maggiore; rispetto all'esposizione, cade qui la transizione al secondo tema, del resto già riecheggiata alla fine dello sviluppo. Poi ecco riapparire il secondo tema, ora in fa maggiore, e il terzo tema, ora in re minore. Nella coda, in fa maggiore, che ricorre a elementi del primo e del secondo tema (grazioso sempre piano), l'andamento tumultuoso si placa, il tono si addolcisce in carezzevole affettuosità, ma infine l'epilogo riacquista, con un guizzo, stentoreo vigore.

Quale movimento lento Brahms recuperò, come si diceva, l'Adagio affettuoso a suo tempo eliminato dall'op. 38. La forma è ternaria. Nella prima parte, in fa diesis maggiore, l'elegiaco tema principale è intonato inizialmente dal pianoforte sui pizzicati del violoncello, per poi passare a quest'ultimo, che ne sviluppa il filo melodico in ampie campate nel registro acuto sino a cantare un'idea complementare di suadente tenerezza, sempre in fa diesis maggiore. La parte centrale, in fa minore, è costituita da un lungo tema secondario, condotto dal violoncello, cui il pianoforte risponde con figurazioni più movimentate e ondeggianti; una breve transizione, nella quale si riaffacciano i motivi dell'incipit del tema principale, conduce alla ripresa della prima parte, dove riappaiono il tema principale, in fa diesis maggiore, e l'idea complementare cantata dal violoncello, ora in re maggiore. Conclude il movimento una coda in fa diesis maggiore, basata su motivi del tema principale e poi di quello secondario.

Anche lo Scherzo, Allegro passionato, ha naturalmente forma ternaria. La prima parte, in fa minore, è percorsa da un movimento ritmico continuo e pulsante, da un gioco vivacissimo di accenti, dal susseguirsi incalzante delle frasi. Il tema principale, che riecheggia l'attacco del finale della Terza Sinfonia op. 90 del 1883, è esposto inizialmente dal pianoforte, per poi ritornare più volte generando varianti ed elaborazioni del materiale che producono un senso d'incessante turbinio. La parte centrale è invece un Trio in fa maggiore, in netto contrasto con la veemenza della prima parte per la semplice tranquillità cantabile del tema secondario, prevalentemente cantato dal violoncello (piano dolce espressivo) sugli arpeggi del pianoforte. Il Trio si articola, come da convenzione, in due sezioni ripetute da ritornelli, con la seconda sezione che contiene una ricapitolazione variata della prima. Chiude la forma ternaria la ripresa della prima parte.

Il finale, Allegro molto, conclude la sonata con una certa leggerezza di tocco; la struttura formale è quella di un rondò (schema ABACABA). Il tema principale (piano mezza voce), in fa maggiore, ha gioioso carattere popolareggiante (a quanto pare, ricorda l'aria della canzone popolare Ich hab mich ergeben); la linea melodica passa dal violoncello al pianoforte. Il primo episodio, in la minore, ha andatura quasi marziale, è condotto dal pianoforte e quindi dal violoncello; segue il ritorno del tema principale, ancora in fa maggiore. Fervida effusione sentimentale e colore zigano mostra il secondo episodio, in si bemolle minore, affidato al registro tenorile del violoncello. Quando ricompare, il tema principale incomincia questa volta in sol bemolle maggiore per raggiungere solo successivamente il tono d'impianto, fa maggiore; il refrain è suonato dal pianoforte sul pizzicati del violoncello. Quindi ritorna, ora in re minore, il primo episodio; il movimento si conclude infine con una coda in fa maggiore (vivace), fondata sul tema principale, che il violoncello inizia con pizzicati.

Cesare Fertonani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Brahms non ha mai goduto di molta simpatia presso i colleghi musicisti, sia da vivo che dopo la morte. A parte i ben noti articoli laudativi di Schumann e di Schoenberg, che hanno contribuito al lancio e al consolidamento della fama del compositore tedesco, si sa che Hugo Wolf considerava troppo contorte e ibride le sinfonie di Brahms, autore da Bruckner definito «un freddo temperamento di protestante... Buon musicista che conosce il mestiere, ma che non ha temi». Anche Wagner, sulla scia di Nietzsche, non era troppo tenero nei confronti della musica brahmsiana, esaltata da Hanslick come esempio di classicismo per arginare proprio il dilagante decadentismo della «melodia infinita». Non parliamo poi di Stravinsky, sempre caustico quando si trattava di dare giudizi sui sinfonisti di scuola germanica, e di Ravel, che ironizzava sul fatto che la Quarta Sinfonia brahmsiana cominciasse con un tema quasi di valzer.

Naturalmente questo schieramento anti-Brahms conferma che il criterio delle affinità elettive non è applicabile tra i musicisti, i quali cercano sempre di mettere in evidenza gli aspetti inavvicinabili (nel caso in questione si è appunto parlato di «Unnahbarkeit») di un'arte che non vogliono riconoscere in tutta l'estensione dei suoi valori. Ciò non toglie che Brahms abbia rafforzato enormemente il suo prestigio con il passare degli anni e la sua musica sia molto amata dal pubblico, soprattutto per quel profumo liederistico che si sprigiona dalle melodie delle migliori composizioni sinfoniche e da camera.

La Sonata per violoncello e pianoforte op. 99 appartiene senza dubbio alla produzione più valida del musicista; fu composta nel 1886 sulle rive del lago di Thun, nell'Oberland, poco dopo la Quarta Sinfonia. Essa si presenta più elaborata e massiccia dell'altra Sonata per violoncello e pianoforte op. 38 del 1865. L'Allegro vivace iniziale è costruito su tre temi e l'espressione musicale d'insieme è piuttosto vigorosa ed energica. Il violoncello si espande con eloquenza melodica e il suo canto non manca di una tensione drammatica molto efficace. I pizzicati del violoncello avviano l'Adagio affettuoso in fa diesis maggiore, determinato da una frase grave e malinconica, tipcamente brahmsiana. Dopo un episodio centrale in fa minore viene la ripresa seguita dalla coda. Nell'Allegro passionato si registra un'alternanza di prime parti tra il pianoforte e il violoncello; la melodia di quest'ultimo strumento è dolce ed espressiva e rende ancora più suggestivo il ritorno al tema sostenuto con veemenza dal pianoforte. L'Allegro molto conclusivo si presenta come un rondò e la sua esuberanza fresca e gioiosa è in contrasto con lo spirito dei tre tempi precedenti; nell'opinione di un biografo brahmsiano la frase melodica principale ricorda una vecchia canzone studentesca di terra germanica.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Prima della Sonata op. 99 Brahms aveva già dedicato al duo pianoforte-violoncello un altro lavoro, la Sonata op. 38, scritta nel 1865, quando il compositore aveva 32 anni e aveva lasciato Amburgo per Vienna da un paio d'anni. Già nella Sonata op. 38 la dicitura "pianoforte e violoncello" che si trova sull'intestazione dello spartito sancisce come il ruolo dello strumento a tastiera non debba essere considerato subordinato, ma anzi quasi prioritario rispetto a quello ad arco.

Il rapporto fra i due strumenti non è infatti competitivo, o squilibrato in favore del violoncello - come era accaduto in molta della letteratura romantica per due strumenti - ma ricerca una intima solidarietà; la densa scrittura pianistica di Brahms, che privilegia il registro medio-grave, si integra spontaneamente con il registro naturale del violoncello, e le sonorità tendono, per la loro pienezza di armonie e linee melodiche, verso la scrittura orchestrale.

Questo indirizzo è ancor più potenziato nella Sonata op. 99, dedicata al violoncellista del Quartetto Joachim, Robert Hausmann, ed eseguita dall'autore e dal dedicatario a Vienna il 24 novembre 1886. L'impianto della composizione è più vasto di quello dell'op. 38, in quattro movimenti, fra loro piuttosto distanti tonalmente (fa maggiore, fa diesis maggiore, fa minore e fa maggiore); circostanza che ha dato adito a critiche su una presunta disomogeneità del brano, attribuita talvolta a uno scarso impegno compositivo. La coerenza della sonata invece è garantita dallo slancio positivo e giovanilistico che la pervade - del tutto diverso tanto dalla vena elegiaca dell'op. 38 quanto dall'orientamento prevalente della tarda produzione brahmsiana.

L'esperienza sinfonica intrapresa da Brahms nel corso del ventennio che separa le due sonate si ripercuote apertamente sull'op. 99, con una completa integrazione dei due strumenti, quale appare palesemente già nell'iniziale Allegro vivace. Il tema ascendente del violoncello, presentato immediatamente, innerva quasi interamente il movimento (con la pausa della seconda idea, innodica, presentata dal pianoforte in accordi), e insieme a tale tema un altro elemento ricorrente è anche il "tremolo" del pianoforte, che si impone per tutta la sezione dello sviluppo, con varietà di colorazioni e implicazioni espressive.

Fulcro della sonata è però l'Adagio affettuoso, pagina di somma intensità, realizzata attraverso differenti situazioni che sfumano l'una nell'altra: dalla "sospensione" iniziale (con i pizzicati del violoncello), allo sfogo melodico dello strumento ad arco, alla agitazione dell'episodio centrale, alla ripresa e alla coda che giustappone le due idee principali. Il seguente Allegro passionato ha la funzione di scherzo "fantastico", condotto attraverso un continuo movimento di terzine, che permane con coerenza anche nel Trio, dove si impone una lunga e sinuosa melodia del violoncello. Il finale, il movimento più snello, è un rondò dalla scansione canonica (ABACABA), guidato da un refrain di ispirazione popolare, gioviale e spigliato, che si riallaccia con coerenza all'impostazione del tempo iniziale.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

La Sonata in fa maggiore è la seconda delle due, scritte da Brahms per piano e violoncello. Fu composta sulle rive del lago svizzero di Thun, ove il Maestro soleva passare le sue vacanze, nello stesso anno, 1886, in cui nacque la «Sonata» in la maggiore per violino» e il «Trio per piano in do minore» e fu dedicata al violoncellista Robert Hausmann, componente del quartetto Joachim. Quasi vent'anni separano la seconda sonata dalla prima (in mi minore op. 38), composta tra il 1861 e il 1865, separazione temporale acuita dalla differenza di fisonomia: mentre la primogenita è calata in una atmsofera di predominante desolazione tenebrosa (impressione acuita dal predominio in essa di toni minori e dal canto del violoncello, prevalentemente risuonante sul registro più basso); la seconda ha, invece, un andamento a volte solenne o passionale, mentre talvolta, come nel finale, si schiude a fantasie liete o, addirittura, infantilmente serene.

La «Sonata» pone anche dei problemi di equilibrio esecutivo e di proporzionato ed armonico rapporto tra le sonorità dei due strumenti per il largo impiego del pianoforte i cui tremoli, nel primo tempo, rischiano di sommergere la voce dello strumento ad arco per quanto essa — diversamente che nella prima sonata — canti spesso sulla corda più alta. Di qui l'imperativo di una particolare abilità nel celiista. Dei ritmi frantumati caratterizzano il tema d'attacco del primo tempo, «Allegro - vivace», marcato da un'impronta di calda passionalità, tema trasfigurato in una serie di sostenute figure, con tanta scaltrezza tecnica, da far dire al Tovey che un tale processo di sviluppo «costituisce uno dei più notabili apporti all'evoluzione dello stile della "Sonata "».

L'impiego del tremolo nel pianoforte e violoncello, durante il primo tempo, scandalizzò la critica ortodossa, ma Brahms — come dice ancora il Tovey — non è schiavo di preconcetti estetici, ma rispettoso, solamente delle concrete esigenze di creazione che accompagnano la nascita di una composizione. Segue un secondo tempo, «Adagio affettuoso», in cui il violoncello dà vita a un disegno melodico lento, mirabile per compressione sonora. La melodia, a momenti, tende a raggelarsi, impressione alimentata da una sequenza di pizzicati del violoncello dalla risonanza lacerante delle corde, che servono di base a dei nutriti accordi del piano, risuonanti con ossessiva insistenza. Il terzo tempo, «Allegro appassionato», porta i segni di un accurato lavoro di cesello e si configura nell'aspetto di uno «Scherzo» con trio. Il trascinante tema iniziale è avviato dal piano, ma una gara, dal vertiginoso moto, si impegna subito tra i due strumenti. Segue un trio in cui il violoncello si diffonde in una larga melodia sul fondale di una morbida linea d'accompagnamento del piano, non semplice linea di sostegno armonico — come è stato osservato — ma alone sonoro in cui si dissolve l'eco della stessa melodia. La «Sonata» è chiusa da un quarto tempo, «Allegro molto», in forma di «Rondò». Per quanto il Geiringer affermi che esso sia stato sbrigativamente elaborato, esso è, tuttavia, vivificato dal più rapido e sfaccettato gioco di rifrazioni sonore, nei differenti registri dei due strumenti, protagonisti della «Sonata».

Vincenzo De Rito


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 154 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 14 Gennaio 1983
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 20 novembre 2003
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro della Pergola, 14 giugno 1973

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Ultimo aggiornamento 6 marzo 2020