Variazioni in si bemolle maggiore per orchestra, op. 56a

su un tema dal Chorale S. Antonii della Feldparthie n. 6, Hob:II:46 di Franz Joseph Haydn

Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Tema. Andante (si bemolle maggiore)
  2. Variazione I. Poco piu animato (si bemolle maggiore)
  3. Variazione II. Piu vivace (si bemolle minore)
  4. Variazione III. Con moto (si bemolle maggiore)
  5. Variazione IV. Andante con moto (si bemolle minore)
  6. Variazione V. Poco presto (si bemolle maggiore)
  7. Variazione VI. Vivace (si bemolle maggiore)
  8. Variazione VII. Grazioso (si bemolle maggiore)
  9. Variazione VIII. Presto non troppo (si bemolle minore)
  10. Finale. Andante (si bemolle maggiore)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 2 trombe, timpani, triangolo, archi
Composizione: 1873
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 2 novembre 1873
Edizione: Simrock, Berlino, 1874

Confronta al n. 56b la riduzione per due pianoforti
Guida all'ascolto (nota 1)

All'interno della produzione sinfonica di Johannes Brahms, le Variazioni su un tema di Haydn op. 56a, composte nell'estate 1873, rivestono un ruolo chiave, quello di una sorta di "prova generale" rispetto al grande cimento della Prima Sinfonia, eseguita nel 1876. L'ambizione di Brahms verso il mezzo orchestrale e il genere della sinfonia datava in effetti fin dagli anni giovanili; lo stesso Robert Schumann, nel celebre articolo "Neue Wege" ("Nuove strade", pubblicato nel 1853 sulla "Neue Zeitschrift für Musik"), con il quale impose all'attenzione del mondo musicale il ventenne Brahms, aveva chiaramente individuato la prepotente propensione del giovane verso la scrittura sinfonica. Nella sua prosa fiorita Schumann attribuiva a Brahms «un modo di suonare quanto mai geniale, che fa del pianoforte un'orchestra dalle voci ora lamentose ora esultanti di gioia. Erano Sonate o piuttosto delle Sinfonie velate...».

Ciò nonostante, l'approccio alla scrittura sinfonica doveva essere, per Brahms, estremamente sofferto, sia per il timore di confrontarsi, nel caso della sinfonia, con un genere ormai storicizzato, al quale gli autori romantici si erano avvicinati sempre con prudenza e circospezione; sia per la vera e propria difficoltà tecnica di definire una scrittura orchestrale sicura e personale. Basterà ricordare, a questo proposito, che lavori per orchestra come la Serenata op. 11, il Concerto per pianoforte op. 15, il Deutsches Requiem, assunsero la loro veste e forma definitiva dopo essere stati concepiti almeno in parte come partiture puramente sinfoniche.

È significativo che i timori e le esitazioni verso il genere sinfonico venissero finalmente superati in breve tempo dopo le Variazioni su un tema di Haydn, partitura che è caratterizzata fin dal titolo da due elementi che si imporranno come centrali nel sinfonismo di Brahms: l'attitudine storicistica e la tecnica della variazione.

Brahms fu tra i primi musicisti a considerare la musica del passato come oggetto di studio; non solo la musica del classicismo, ma anche la musica corale rinascimentale e barocca, accessibile allora attraverso manoscritti, o attraverso le prime edizioni "storiche". L'approccio del compositore non si limitò a Bach e Händel, ma si rivolse anche a Palestrina, Orlando di Lasso, Heinrich Schütz, autori la cui scrittura polifonica si ritrova a tratti nell'opera corale brahmsiana. Il "ritorno al passato" è dunque per Brahms tutt'altro che una semplice conservazione, il ritorno a stilemi compositivi desueti di una precisa epoca storica. È piuttosto un atteggiamento onnicomprensivo di ricerca verso la storia musicale e le sue tecniche compositive, studiate e assimilate con l'obiettivo di verificarne poi la possibilità di impiego in un contesto del tutto dissimile, aperto a una loro "rigenerazione". Non stupisce dunque che proprio a Brahms il musicologo Carl Ferdinand Pohl - bibliotecario della "Gesellschaft der Musikfreunde", la Società degli amici della musica di Vienna, della quale il compositore fu direttore artistico dal settembre 1872 - mostrasse, nel 1870, il manoscritto, datato 1784, di sei Feldparthien per complesso di fiati (due oboi, due corni, tre fagotti, un serpentone), indicandogli come autore Franz Joseph Haydn; e che Brahms annotasse sul suo quaderno di appunti il tema del secondo tempo della prima composizione, il Divertimento in si bemolle maggiore. All'interno della composizione - destinata probabilmente alla banda militare degli Esterhàzy, i nobili ungheresi presso i quali Haydn prestava servizio, e la cui attribuzione a Haydn, tuttavia, è stata in seguito scartata, in favore di quella a Ignace Pleyel, che di Haydn fu allievo - quel tema era verosimilmente, a sua volta, la citazione da un antico canto processionale austriaco, il cosiddetto "Chorale in honorem St. Antonii".

Proprio il carattere "antico" e popolare di questo tema doveva risultare ideale per Brahms, nel momento in cui si determinò a cercare la strada delle variazioni orchestrali. La scelta del tema con variazioni per una composizione orchestrale - del tutto desueta, se si pensa che l'ultimo autore ad adottarla era stato Antonio Salieri nel 1806 - era del tutto mirata e fortemente significativa per Brahms, che già in campo pianistico e cameristico aveva dato vita a importanti raccolte di variazioni; consentiva infatti al compositore di assumere una "regola" a partire dalla quale sperimentare trasformazioni melodiche e impasti orchestrali (e cautamente l'autore si cimentò prima in una stesura per due pianoforti op. 56b, che aveva la funzione di porre le basi del lavoro di strumentazione); un passaggio essenziale per raggiungere la desiderata sicurezza nella scrittura sinfonica, se si considera che il principio della "variazione-sviluppo" - cioè della continua trasformazione di incisi tematici - è peculiare del linguaggio di Brahms, sia cameristico che orchestrale.

Come lo stesso autore ebbe a scrivere, per comporre delle variazioni «è indispensabile scegliere un tema il cui basso abbia un solido peso: per me il basso è più importante della stessa melodia. È infatti la sua vera guida, e anche il controllo della fantasia». Ecco dunque che le Variazioni op. 56a seguono la strada di mantenere immutato il basso del tema, in quanto a configurazione melodica e articolazione periodica, e di costruirvi sopra otto episodi fra loro diversissimi, seguiti da un finale più libero. Il richiamo al passato, il peso della storia, non si avverte tanto nella scelta del tema di Haydn, quanto nell'ascendenza barocca di certe scelte di strumentazione e nel peso della polifonia, che innerva fittamente tutta la partitura.

Dopo il tema, il cui carattere di corale è accentuato dalla strumentazione per fiati, con gli archi pizzicati, la prima variazione si basa sui rintocchi scanditi dei fiati, su cui gli archi costruiscono un fluido melodizzare; la seconda, in minore, su uno slancio schumanniano che reca però, nella contrapposizione fra archi e fiati e fra livelli dinamici, anche un'impronta barocca. La terza ha il carattere di corale figurato, e vede poi in primo piano i dialoghi fra gli strumenti a fiato. Evidentissima è la polifonia barocca nella quarta, in minore, innervata da un crepuscolare lirismo; mentre la quinta, leggerissima e trapuntata, ha il carattere dello scherzo mendeissohniano. La sesta è una sorta di marcia, esposta dai corni, ripresa responsorialmente dai legni, e potenziata nella seconda parte dagli slanci eroici degli archi. La settima è una parentesi contemplativa, basata sul cullante ritmo di siciliana, dove gli stilemi pastorali vengono impreziositi da armonie iridescenti; l'ottava invece si dipana come un misterioso moto perpetuo, con un progressivo sovrapporsi di linee fittamente intrecciate.

Così come le Variazioni su un tema di Händel per pianoforte si concludevano con la forma barocca della fuga, così le Variazioni su un tema di Haydn - anticipando una scelta che apparterrà poi alla Quarta Sinfonia - si chiudono con un'altra forma barocca, quella della passacaglia, consistente in un breve basso che si ripete sempre uguale, e sul quale vengono costruite variazioni sempre rinnovate; abbiamo dunque in questo nono e ultimo episodio il principio della variazione al quadrato che, nella varietà delle soluzioni espressive che trapassano coloristicamente dall'una all'altra, compendia e riassume tutti i principi costruttivi della raccolta. Nello studiatissimo climax espressivo di questa conclusione si fa luce progressivamente il tema del "Chorale in honorem St. Antonii", che corona tutta la costruzione sinfonica con una affermazione grandiosa e vitalistica.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 28 Marzo 1999

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Ultimo aggiornamento 8 maggio 2011