Vier ernste Gesänge (Quattro canti sacri), op. 121

Lieder per basso e pianoforte da testi della Bibbia

Musica: Johannes Brahms (1833-1897)
  1. Denn es gehet dem Menschen (Poiché uomini e bestie hanno identica sorte) - Andante (re minore). Allegro. Andante. Allegro
    Testo: Ecclesiaste III.19-22
  2. Ich wandte mich und sahe an alle (Io mi volsi a considerare) - Andante (sol minore - sol maggiore)
    Testo: Ecclesiaste IV.1-3
  3. O Tod, o Tod, wie bitter bist du (O morte, quanto sei amara) - Grave (mi minore - mi maggiore)
    Testo: Ecclesiastico XLI.1-2
  4. Wenn ich mit Menschen- und mit Engelszungen redete (Se anche parlassi le lingue degli uomini) - Andante con moto ed anima (mi bemolle maggiore). Adagio (si maggiore - mi bemolle maggiore). Sostenuto un poco
    Testo: Corinzi XIII
Organico: voce, pianoforte
Composizione: Ischl, 7 maggio 1896
Prima esecuzione: Vienna, Bösendorfer-Saal, 9 novembre 1896
Edizione: Simrock, Berlino, 1896
Dedica: Max Klinger
Guida all'ascolto (nota 1)

I Vier ernste Gesänge (Quattro canti sacri) possono essere intesi come un inno alla morte, in cui il musicista sceglie i testi tanto dal Vecchio che dal Nuovo Testamento. Un senso pessimistico domina nei primi due canti, dove si parla della vanità di ogni cosa terrena. L'atmosfera si rischiara nel terzo canto, su cui si innesta alla fine una evocazione alla morte, liberatrice da ogni angoscia. Il quarto canto esalta la forza dell'amore con le parole dell'Epistola ai Corinti. Musicalmente il primo canto ha una struttura tripartita (Andante-Allegro-Andante) e si avvale di figurazioni pianistiche ad arpeggio e a ottave spezzate, adatte ad esprimere una linea melodica agitata e inquieta, contrastante con quella dell'Andante, più contemplativa e meditativa. La coda è ricca di suggestioni timbriche e armoniche. L'Andante del secondo canto ha un sapore nostalgico, sottolineato dai leggeri accordi del pianoforte. Alla fine tutto si rischiara e al modo minore subentra il modo maggiore, nell'ambito di un discorso di sfumata leggerezza. Il terzo canto è estremamente melodico (A B e la coda) sia nelle «parti interne» che nell'accompagnamento. Mentre la sezione B punta su intervalli più larghi, la coda si scioglie in accordi di maggiore luminosità. L'ultimo canto mantiene lo schema A B e la coda presenta una notevole ricchezza melodico-armonica. Da una serie di accordi fermi e decisi si passa ad un tono dolce e cullante in 3/4, su un morbido accompagnamento in terzine. La coda utilizza il tema iniziale e la sezione B variata.

Testo

1.
Denn es gehet dem Menschen wie dem Vieh,
wie dies stirbt, so stirbt er auch;
und haben alle einerlei Odem;
und der Mensch hat nichts mehr denn das Vieh:
denn es ist alles eitel.
Es fährt alles an einen Ort;
es ist alles von Staub gemacht
und wird wieder zu Staub.
Wer weiß, ob der Geist des Menschen aufwärts fahre,
und der Odem des Viehes
unterwärts, unter die Erde fahre?
Darum sähe ich, daß nicths Ressers ist,
denn daß der Mensch fröhlich sei in seiner Arbeit;
denn das ist sein Teil.
Denn wer will ihn dahin bringen,
daß er sehe, was nach ihm geschehen wird?

Ecclesiaste 3, 19-22
Perché un'unica sorte hanno uomo e animale,
come questo muore, così muore anche quello;
e tutti hanno un unico respiro;
e nulla ha l'uomo più dell'animale:
perché tutto è vanità.
Tutto va verso un unico luogo;
tutto è polvere
e alla polvere ritornerà.
Chi può dire se lo spirito dell'uomo sale in alto
e il respiro dell'animale
scende giù sotto terra?
E allora ho considerato: il meglio
è che l'uomo stia lieto col proprio lavoro,
perché questa è la sua competenza.
Chi infatti mai potrà
mostrargli ciò che sarà dopo di lui?
2.
Ich wandte mich und sähe an alle,
die Unrecht leiden unter der Sonne;
und siehe, da waren Tränen, derer,
die Unrecht litten und hatten keinen Tröster,
und die ihnen Unrecht täten, waren zu mächtig,
daß sie keinen Tröster haben konnten.
Da lobte ich die Toten, die schon gestorben waren,
mehr als die Lebendigen, die noch das Leben hatten;
und der noch nicht ist, ist besser als alle beide,
und der Bösen nicht inne wird,
das unter der Sonne geschieht.

Ecclesiaste 4, 1-3
Mi volsi e considerai tutti coloro
che sotto il sole soffrono ingiustizia;
ecco, le lacrime vidi di quanti
soffrirono ingiustizia e non ebbero consolatore,
e quelli che a loro fecero ingiustizia erano troppo potenti
per avere chi li consolasse.
Allora lodai i morti, già scomparsi,
più dei vivi che ancora erano in vita;
e chi non è ancora, è più felice di entrambi,
ignora il male
che accade sotto il sole.
3.
O Tod, o Tod, wie bitter bist du,
wenn an dich gedenket ein Mensch,
der gute Tage und genug hat und ohne Sorge gelebet;
und dem es wohl geht in allen Dingen
und noch wohl essen mag!
O Tod, o Tod, wie bitter bist du.
O Tod, wie wohl tust du dem Dürftigen,
der da schwach und alt ist,
der in allen Sorgen steckt,
und nichts Bessers zu hoffen
noch zu erwaten hat.
O Tod, o Tod, wie wohl tust du.

Ecclesiaste 41, 1-3
O morte, morte, come sei amara
quando a te pensa un uomo
che ha giorni lieti e quanto basta per sé, e senza affanni ha vissuto;
che ha fortuna in tutte le cose
e ancora può godere le gioie della mensa!
O morte, morte, come sei amara.
O morte, come sei benigna al misero,
che è debole e vecchio,
che in cento affanni si dibatte
e non ha più nulla da sperare
né da aspettare.
O morte, morte, come sei benigna.
4.
Wenn ich mit Menschen-und mit Engelszungen redete,
und hätte der Liebe nicht,
so war ich ein tönend Erz
oder eine klingende Schelle.
Und wenn ich weisagen könnte
und wüßte alle Geheimnisse und alle Erkenntnis
und hätte allen Glauben, also,
daß ich Berge versetzte
und hätte der Liebe nicht,
so wäre ich nichts.

Und wenn ich alle meine Habe den Armen gäbe
und ließe meinen Leib brennen
und hätte der Liebe nicht,
so wäre mir's nichts nütze.
Wir sehen jetzt durch einen Spiegel in einem dunkeln Worte,
dann aber von Angesicht zu Angesichte.
Jetzt erkenne ich's stückweise,
dann aber werd ich's erkennen,
gleich, wie ich erkennet bin.
Nun aber bleibet Glaube, Hoffnung, Liebe, diese drei:
aber die Liebe ist die größte unter ihnen.

I Corinti I, 13, 1-3; 12-13
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli
e non avessi carità,
sarei solo un bronzo risonante
o una campana che squilla.
E se potessi predire il futuro
e conoscessi lutti i misteri e tutte le saggezze
e avessi tutte le fedi,
così da smuovere le montagne
e non avessi carità,
non sarei nulla.

E se donassi ai poveri tutti i miei averi
e facessi bruciare il mio corpo
e non avessi carità,
non servirebbe a nulla.
Noi ora vediamo attraverso uno specchio oscuramente,
ma poi vedremo faccia a faccia.
Ora conosco solo dei frammenti,
ma poi conoscerò l'intero,
proprio come io sono conosciuto.
Ora restano queste tre cose, fede, speranza e carità :
ma tra loro la carità è la più grande.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 5 aprile 1983

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Ultimo aggiornamento 23 gennaio 2016