Peter Grimes, op. 33

Opera in tre atti e un prologo

Musica: Benjamin Britten (1913 - 1976)
Libretto: Montagu Slater, da un poema di George Crabbe

Personaggi:
Prologo e Atto I
  1. Prologo - Moderato ma energico
  2. Interludio I - Lento e tranquillo
  3. Scena 1 - Lento e tranquillo
  4. Interledio II - Presto e con fuoco
  5. Scena 2 - Recitativo animato
Atto II
  1. Interludio III - Allegro con spirito
  2. Scena 1 - Con espressione
  3. Interludio IV - Passacaglia: Andante moderato
  4. Scena 2 - Allegro
Atto III
  1. Interludio V - Andante comodo e rubato
  2. Scena 1 - Vivace
  3. Interludio VI - Lento
  4. Scena 2 - Lento
Organico: 2 flauti (2 anche ottavino), 2 oboi (2 anche corno inglese), 2 clarinetti ( 2 anche clarinetto piccolo), 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 2 trombe, tromba bassa, 3 tromboni, basso tuba, timpani, tamburo militare, tamburo rullante, grancassa, tamburo basco, triangolo, piatti, gong, woodblock, xilofono, raganella, celesta, arpa, archi
Composizione: gennaio 1944 - 10 febbraio 1945
Prima rappresentazione: Londra, Sadler's Wells Theatre, 7 giugno 1945
Edizione: Boosey & Hawkes, Londra, 1945
Dedica: in memoria di Natalie Koussevitzky
Sinossi (nota 1)

L'azione si svolge nel Borgo, villaggio di pescatori sulle coste orientali dell'Inghilterra, intorno al 1830.

Prologo
Sala del Municipio adibita ad aula di tribunale.

Swallow, avvocato e sindaco del Borgo, conduce l'udienza preliminare dell'istruttoria contro il pescatore Peter Grimes, il cui mozzo è morto in circostanze sospette. Dopo aver giurato, Grimes inizia la sua testimonianza: una pesca eccezionale lo aveva convinto a dirigersi a Londra, per meglio vendere la sua merce, ma un improvviso cambio di vento lo aveva costretto per tre giorni in mare aperto. Finite le scorte di acqua, il ragazzo si era ammalato ed era morto sull'imbarcazione. Gettato il carico, Grimes aveva raggiunto la riva e chiesto aiuto a Ned Keene, farmacista del Borgo, e al pastore Adams; quindi Ellen Orford, vedova e maestra di scuola, lo aveva aiutato a portare il mozzo in casa. Swallow pronuncia un verdetto di "morte per cause accidentali", ma ammonisce Grimes a non assumere altri mozzi: come aiuto, prenda solo pescatori adulti, capaci di difendersi da soli. Peter, che sente attorno a sé l'ostilità e la maldicenza del villaggio, protesta: vuole un processo che dimostri la sua completa innocenza, altrimenti sarà sempre perseguitato dalle chiacchiere malevole della gente. Ma Swallow fa sgombrare l'aula e si ritira. Rimasta sola con Peter, Ellen cerca di calmarlo e di confortarlo, dicendosi certa che egli riconquisterà la stima di tutti e promettendogli aiuto e affetto. Peter, pur ancora angosciato, accetta l'amicizia della donna.

Interludio I - L'alba

Atto I
Scena I. La spiaggia e la strada del paese. Il giorno dopo, mattina.

Gli abitanti del villaggio sono indaffarati nelle loro consuete occupazioni: tutti si conoscono e si salutano. Zietta, proprietaria del pub Il Cinghiale, invita i passanti a fermarsi a bere nel locale, suscitando le ire del metodista Bob Boles. I ragazzi giocano, sorvegliati dalle madri; il capitano Balstrode osserva il mare, presagendo l'avvicinarsi della tempesta, mentre le Nipoti, principale attrattiva del Cinghiale, cercano di attirare i clienti nel pub.

Dal molo si ode la voce di Peter Grimes che chiede aiuto per trarre in secco la barca: nessuno si fa avanti, salvo Balstrode e Keene, mentre Zietta e Boles fanno commenti ironici su di lui. Keene annuncia poi a Peter che gli ha trovato, in un ospizio, un nuovo mozzo e invita il vetturale Hobson ad andarlo a prendere. Costui rifiuta con la scusa di aver il carro già pieno: Ellen Orford si offre allora di andare con lui e Hobson accetta. Prima di partire, di fronte alle malignità della folla, la maestra ribatte che è suo dovere prestare aiuto a Peter ed offrirgli un'ulteriore opportunità, criticando aspramente le malelingue del Borgo.

La tempesta si avvicina e tutti rientrano nelle proprie case o si rifugiano nel pub. Rimangono solo Balstrode e Grimes: il capitano invita Peter ad entrare al Cinghiale, ottenendone un rifiuto, quindi gli chiede perché si ostini a rimanere nel Borgo, dove tutti diffidano di lui ritenendolo un mostro violento con i bambini. Grimes ribatte che lì sono le sue radici; poi rievoca il giorno terribile in cui si trovò sulla barca con il cadavere del giovane mozzo a bordo; infine confessa che vuole riscattarsi, arricchirsi e sposare Ellen: soltanto con l'agiatezza potrà porre fine alle maldicenze sul suo conto. Balstrode lo invita a far presto e Peter, adirato, replica che non sono fatti suoi. Il capitano si allontana e Grimes rimane solo nella tempesta: invoca un po' di serenità e spera nell'affetto di Ellen.

Inteludio II - Si scatena una violenta tempesta

Scena II. Interno del Cinghiale. Il pub è affollato.

Mrs Sedley si è decisa con riluttanza ad entrarvi perché il farmacista Keene deve consegnarle del laudano; Balstrode rivolge le sue attenzioni alle Nipoti; anche Boles, completamente ubriaco, è attratto dalle ragazze e si scaglia contro il capitano che cerca di frenarlo: quest'ultimo replica con calma, enunciando la morale del pub: "Viviamo e lasciamo vivere e, prima di tutto, teniamo le mani a posto". Mentre giungono notizie terribili sugli effetti dell'uragano, Peter entra improvvisamente nel locale: è stravolto e pronuncia frasi misteriose. Boles fa pesanti allusioni ai rapporti del pescatore con i suoi giovani mozzi e cerca di colpirlo: Balstrode lo ferma e chiede che qualcuno canti una canzone, per riportare la tranquillità. Ned attacca a cantare: "Il vecchio Joe è andato a pescare" e tutti si uniscono a lui, anche Grimes che però stravolge in senso drammatico la canzone, facendo ammutolire gli altri. Si apre la porta ed entrano, bagnati ed infreddoliti, Ellen, Hobson e John, il nuovo mozzo di Peter. Incurante dei presenti e dei loro commenti sarcastici, Grimes trascina subito via il ragazzo a casa sua.

Atto II

Interludio III - Il sole splende sul mare, una mattina di festa

Scena I. La spiaggia e la strada del paese, qualche settimana dopo.

È una bella mattina di domenica. La gente del paese si reca in chiesa, mentre Ellen sosta fuori con il piccolo John: cerca di rassicurarlo sulla sua vita futura e di farlo parlare, ma il ragazzo rimane silenzioso. La donna si accorge che il maglione del mozzo è strappato e che egli tenta di nascondere un livido sul collo: angosciata, teme che Grimes abbia maltrattato il ragazzo, ma spera ancora di sbagliarsi. Mentre dalla chiesa giunge l'eco delle preghiere dei fedeli, appare Peter che ordina al mozzo di seguirlo: ha visto un grosso banco di pesci e vuole uscire in mare. Turbata, Ellen cerca di trattenerlo: è domenica e il ragazzo ha diritto a riposare, dopo tanti giorni di lavoro. Ma Grimes è irremovibile: deve lavorare senza sosta per arricchirsi, comprarsi una casa, metter fine alle chiacchiere del Borgo. Improvvisamente la donna chiede dove il ragazzo si sia fatto quel livido: in mare, risponde il pescatore. Ellen gli ricorda dolcemente i loro progetti e confessa il timore che siano destinati a fallire se egli insiste nel suo comportamento: in preda all'ira, Peter la colpisce, gridando: "Dio abbia pietà di me". Il ragazzo fugge e Grimes l'insegue. Zietta, Keene, Boles hanno visto la scena: quest'ultimo mette al corrente dell'accaduto la folla che esce dalla chiesa.

Cresce l'indignazione e tutti imprecano contro Peter: il ritornello generale è "Grimes è alle solite". Solo Balstrode tenta di difenderlo, finché non giunge Ellen che rivela i suoi progetti di riscatto per Peter e le sue attenzioni nei confronti del piccolo mozzo, ma viene accusata e derisa per aver tentato di aiutare Grimes.

Swallow e il pastore Adams decidono di andare alla capanna del pescatore per chiarire i fatti: tutti gli uomini del Borgo li seguono, fra essi anche Balstrode che spera ancora di salvare Peter. Ellen, Zietta e le Nipoti commentano l'amaro destino delle donne e la ferocia degli uomini.

Interludio IV - Passacaglia

Scena II. La capanna di Grimes.

Agitatissimo, Peter incita John a vestirsi rapidamente: devono scendere subito in mare. Quindi inizia a fantasticare: la pesca sarà abbondantissima e lui guadagnerà tanti soldi da ricacciare in gola a tutti la maldicenza; si comprerà una casa, sposerà Ellen. Il ragazzo lo ascolta impaurito, Grimes lo fa rotolare a terra con una spinta, quindi, vedendolo piangere, si placa e riprende a sognare una vita ricca e felice.

Si ode il tamburo di Hobson che guida la folla verso la capanna: Peter non sembra accorgersene perché gli riaffiora alla mente il ricordo del precedente mozzo morto sulla barca. Finalmente comprende la situazione: accusa il ragazzo ed Ellen di aver fatto pettegolezzi in paese; poi spinge John verso la porta e gli ordina di calarsi giù per la scogliera. Il mozzo obbedisce: si ode un grido, il piccolo sparisce, Peter corre dietro a lui. Il corteo giunge alla capanna: è vuota e in ordine. Swallow trae la morale: mai immischiarsi nelle faccende altrui. Ma Balstrode intuisce che è successo qualcosa.

Atto III

Interludio V - Chiaro di luna in una notte d'estate

Scena I. La spiaggia e la strada del paese, alcuni giorni dopo.

Nella sala delle riunioni del municipio è in corso un ballo. Swallow fa la corte alle Nipoti, che lo respingono. Mrs Sedley si avvicina a Ned Keene e gli rivela la sua convinzione che Grimes abbia ucciso anche il nuovo mozzo: nessuno, infatti, lo vede da giorni. Ma il farmacista non le dà ascolto ed entra al Cinghiale: la vedova se ne va in mezzo alle barche, rimuginando sui suoi sospetti. Dalla spiaggia giungono Ellen e Balstrode: il capitano afferma che la barca di Peter è a riva, ma non vi sono tracce né di lui, né del ragazzo; la donna gli mostra il maglione del mozzo, che la marea ha portato sulla spiaggia. Nonostante tutto, decidono di tentare ancora di salvare Grimes. Ma Mrs Sedley ha sentito il loro discorso e corre ad avvertire Swallow: questi ordina ad Hobson di cercare Peter. Tutto il paese partecipa alla caccia all'uomo.

Interludio VI - Banchi di nebbia salgono dal mare, invadendo la scena

Scena II. Qualche ora dopo.

Gli abitanti del Borgo cercano Grimes, gridando continuamente il suo nome. Peter entra in scena: è sconvolto, pronuncia frasi sconnesse, rievoca le morti dei due mozzi, ripete anch'egli, come coloro che gli danno la caccia, ossessivamente il suo nome; poi invoca Ellen, sua sola speranza, ma un attimo dopo maledice la donna e la sua compassione. Giungono Ellen e Balstrode, invitandolo a tornare a casa, ma Peter continua nel suo delirio. Quindi il capitano suggerisce a Grimes di salire sulla barca e di affondarla al largo: egli stesso lo aiuta a spingere l'imbarcazione in mare, poi accompagna Ellen, sconvolta dal pianto, a casa.

È l'alba, il Borgo si risveglia. Swallow riferisce che il guardiacoste ha avvistato una barca che sta affondando senza scuotere l'indifferenza dei presenti alle prese con le loro consuete occupazioni.

Guida all'ascolto 1

Sin dal principio Peter Grimes è l'escluso. E non c'è forma migliore di un processo per ratificare questa condizione di alterità. Grimes non appartiene al branco: perché? Perché è povero? È diverso? Perché vive solo, arrabbiato, smanioso di affermazione e di denaro, sprezzante del pericolo nelle battute di pesca, quando esce in mare anche in condizioni vietate, per caricare la barca di pesci? Perché l'ultima volta è tornato a terra riportando il giovane mozzo, un bambino, morto?

L'opera inizia col suo nome, scandito forte, col tono rude di quando si mette la merce in vendita. A chiamare è Hobson, che nel villaggio fa il carrettiere. Si inscena il processo, nella sala civica, e tra la calca di curiosi e pettegole, ora si è liberato un posto: Peter Grimes è uscito dal mezzo. Il gesto assume una valenza simbolica, da qui in avanti non ritornerà più nel gruppo dei concittadini. Sarà sempre un uomo solo, contrapposto al tutto degli altri. Anche la relazione con Ellen non approderà a una stabilità affettiva, nemmeno a una più semplice e basilare intesa. Anche lei, la maestra del villaggio, vedova, sollecita, persino eccessivamente buona, lo lascerà alla fine solo.

Eccolo, per la prima volta ne sentiamo la voce. Lo individuiamo da quella, perché da subito suona con una inflessione particolare, diversa, solo sua: appassionata, struggente, in cerca di un limite da valicare. Non solo nei momenti più intensi, ma anche ad esempio qui, quando Peter sta semplicemente giurando. Ripete meccanicamente le formule di rito che il "Coroner" Swallow, l'uomo di legge e sindaco del borgo, sta pronunciando prima di dare avvio alla deposizione. Il "Coroner" interviene quando siano da avviare le inchieste più scabrose, di sangue. Qui si tratta di un bambino. Morto "il 26 ultimo scorso", come scandiscono le parole del magistrato, minuziosamente esatte. Fredde, estranee, come vuole ogni ricostruzione di cronaca nera. Nessuna pietà, non un'ombra di tenerezza. Il testo, nel libretto, fin qui viene lasciato intenzionalmente in prosa, privo di metrica.

Siamo al Prologo, all'antefatto dell'azione. Come aveva insegnato la tragedia classica, qui si introduce lo spettatore a quanto accadrà in scena. Grazie a questi primi dieci minuti di musica sappiamo (o ci sembra di sapere) già tutto. Come nel Prologo della Medea di Euripide, sentiamo che da lì innanzi sarà catastrofe, violenta, vendicativa, abissale; come nel Prologo dell'Orfeo di Monteverdi presagiamo la pacatezza della soluzione finale, magica e avvolta dal grembo benevolo della natura, consolatrice di fronte alla tempeste degli umani; così nel Prologo del Peter Grimes siamo immersi in un processo, che darà la tinta a tutto il resto dell'opera. Non si concluderà con una sentenza, né di condanna né di assoluzione. Perché non ci sono prove bastanti, né per l'una né per l'altra parte. Grimes da qui in avanti viene ratificato per legge come l'escluso: "Stand down!", "Allontanati!", è l'unica indicazione che gli viene data dal "Cororer" Swallow. Via, prendi la barca e fai vela al largo, finché non vedrai più la terra. Poi affondati. Queste le ultime parole che nell'opera gli vengono indirizzate dal vecchio comandante Balstrode. Il cerchio si chiude. Anche musicalmente. Quanto il Prologo aveva preannunciato si compie. Fatalmente, come aveva insegnato Euripide coi protagonisti delle tragedie. In qualche modo Peter si affratella con loro, entra nel cerchio degli eroi.

La corda delle emozioni allo stato puro, osata con l'invenzione di un linguaggio totalmente nuovo, viene intonata esclusivamente dai due veri protagonisti dell'opera, che sono Peter e il mare. L'eroe e lo sfondo, l'uomo e la natura, l'escluso e il porto che accoglie, richiudendosi per sempre. Britten, con l'olimpica serenità che caratterizza i suoi scritti, elegante come le giacche morbide che indossava sempre, anche in campagna, introducendo una serie di testi dedicati alla nuova opera aveva risposto eludendo il centro: "Ho trascorso quasi tutta la mia vita a contatto col mare. La casa dei miei genitori a Lowestoft si affacciava sul mare, e gli anni della mia fanciullezza sono attraversati dalle furiose tempeste che a volte spingevano le navi sulla nostra costa ed erodevano interi tratti dei vicini scogli. Scrivendo Peter Grimes ho voluto manifestare la mia consapevolezza della perpetua lotta di uomini e donne la cui esistenza dipende dal mare - anche se risulta arduo trattare in forma teatrale un tema di carattere universale."

È il mare, la nostalgia del Suffolk, a far scattare la molla: scrivere storie vuole dire recuperare le radici. Per Britten tutto avviene un po' per caso: lui e Peter Pears sono in California (hanno lasciato l'Inghilterra all'inizio della guerra, perché dichiaratamente pacifisti) ed è il 1941. Tra le letture che arrivano come messaggi in bottiglia dal "vecchio mondo", il compositore si imbatte in un numero del Listener, il magazine culturale della BBC, dove lo scrittore londinese Edward Morgan Forster (1879-1970), l'autore di Camera con vista, Passaggio in India, e futuro librettista del Billy Budd, commenta la produzione poetica di George Crabbe (1754-1832). "A quell'epoca non conoscevo nemmeno una poesia di Crabbe - ammette - ma leggere di lui mi procurò una tale sensazione di nostalgia per il Suffolk, dove avevo sempre vissuto, che cercai una copia delle sue opere, e iniziai con The Borough."

Si torna indietro. Il viaggio ricomincia. Britten era nato nel Suffolk, Crabbe a Aldeburgh. Lì Britten si sarebbe trasferito, avrebbe fondato il famoso Festival, sarebbe morto. La prima casa, la "Crag House", destino volle che si trovasse proprio in Crabbe Street. Peter Grimes e gli altri personaggi dell'opera vengono tutti da Il Borgo, poema in versi di stampo naturalistico, con dichiarate intenzioni moraleggianti. La descrizione della vita semplice del piccolo centro di mare viene a formare una galleria di tanti piccoli ritratti di gente comune. Sarà modello per Edgar Lee Masters, nell'Antologia di Spoon River. Il compositore sfronda i dettagli descrittivi in eccesso e toglie la cornice di realismo ottocentesco che circondava Grimes. Sopprime ad esempio la presenza del padre, feroce, che arrivava a maledire il figlio, lasciandogli una pesante eredità emotiva e in qualche modo determinando la futura crudeltà del figlio. Scontorna anche il profilo di Ellen, la maestrina del borgo, nei progetti probabile futura moglie di Grimes. Sbalza con pochi tratti essenziali gli altri abitanti, chiamati a interagire col protagonista. Ma soprattutto mette in atto due interventi strutturali: forgia il libretto - con il poeta Montagu Slater e con il regista Eric Crozier - anteponendo ai tre atti dell'opera un Prologo (abbiamo visto quanto importante per il passo drammatico del racconto) e prevede per ogni atto, a inizio e a metà, un Interludio sinfonico. Protagonisti di questi Interludi sono l'aria, l'ambiente, il profumo, la natura. Tutto quello che è bolla intangibile, alone alle vicende umane.

Nella tragedia classica al Coro veniva demandata la funzione di commento a quanto accadeva in scena: il Coro assumeva il ruolo di ponte tra l'azione teatrale e il pubblico. In Peter Grimes il Coro è ben presente, trattato con finezza e superba maestria dalla scrittura di Britten. Ma non svolge mai un ruolo distinto dall'azione. Ne è immerso, spesso è lui stesso motore dell'azione. Rappresenta la somma dei personaggi del Borgo e funge da riverbero ai fatti. Talvolta, nella semplicità da filastrocca dei versi che ha assegnati, il Coro esce con profilo ingenuo, semplicistico: imita i toni di canzone popolare oppure scandisce con un crescendo da ridda infernale lo scioglilingua del vecchio Joe, che è andato a pescare e ha trovato una quantità esagerata di pesci, trasformando in una girandola di consonanti la parola "fishing". Nell'atto primo, quando osserva l'avvicinarsi della tempesta, prende accenti musicali che lo imparentano con il Requiem di Verdi o Oedipus Rex di Stravinskij. Scivola nel parlato, quando nella seconda parte dell'atto commenta l'entrata di Grimes nella locanda del paese. Oppure marcia, a tempo di tamburo, quando ha deciso di farsi giustizia da solo. E di fronte ai sospetti di un'altra possibile violenza da parte di Grimes sul piccolo nuovo apprendista, punta dritto alla casa di lui: "Colpiremo, e colpiremo sino a uccidere", canta, con totale perdita del senso della razionalità. Una follia simile, corale, minacciosa, violenta, aveva appena attraversato l'Europa. L'aveva ben presente, il pacifista Britten.

Sarà il Coro a chiudere l'opera, placato, come dopo una tempesta. Cantando parole anonime, prive di un vero profondo significato: là in mare, una barca è affondata, qualcuno è morto. Nessun riflesso di questo fatto sulla vita del borgo. Come le maree si alzano e si abbassano, così scorre la vita: una poesia da bambini, con le rime baciate in fondo. Impenetrabile al dolore, insensibile al singhiozzo disperato di Peter, il cui estremo congedo era stato una specie di piccola preghiera, dove si invocava un porto, la pace, un luogo che cambiasse per una volta la notte in giorno.

Ad ogni cambio di scena, una possibile via d'uscita sembrava venire offerta dall'orchestra. Striata da raggi di luce, nel primo Interludio: "Alba", tradotta in suoni lunghi e sottili; poi col respiro umano consegnato agli strumenti, come mantice gonfiato e rilasciato. Nel secondo, "Tempesta", raccontata con i ritmi imparati in America, rubati al jazz e a Gershwin. Rigorosamente modellata sulla scrittura imitativa, invece, nel terzo Interludio, chiamato a introdurre la stessa scena del primo atto, una strada di fronte al mare. Ma di domenica, in una bella mattina di sole, e dunque con le campane di sfondo, il ritmo sincopato a tradurre il senso della festa. Statico, con un forte senso di astrazione, l'Interludio n. 4: una "Passacaglia", omaggio a quella che anche Berg aveva scritto nel Wozzeck, ma anche omaggio alla forma principe del barocco. Simile al primo il quinto Interludio, "Chiaro di luna", scintillante sull'acqua del mare. Ma ora stanco, ansimante, tra echi di malinconia brahmsiana: preludio al ballo, da sera d'estate al borgo. Il clima è volgare, la musica di lì a poco richiamerà certe sonorità ruvide mahleriane, o ancora il Wozzeck, nelle rustiche danze. Di nuovo questa finta, greve, grossolana allegria fa da quinta ideale alla catastrofe: l'ultimo Interludio non ha titolo. L'orchestra suona, prima di ritirarsi in un silenzio che sembra durare un'eternità. È ancora notte, poco prima dell'alba.

Peter entra in scena, "stanco e impazzito", come vuole la didascalia. Inseguito da fantasmi, che gridano il suo nome: "Grimes! Grimes!". Solo, non è accompagnato da alcuno strumento e consegna sul vuoto il proprio congedo. Rievoca i due bambini morti, ne immagina altri, a seguire, come nella follia dei delitti del Macbeth di Shakespeare. Delira, canticchiando la filastrocca del vecchio Joe, già cantata dal Coro, col gioco onomatopeico sul termine "fishing". Poi ricorda Ellen, ed è l'ultimo squarcio di lirismo. Poi lancia un grido, chiamando se stesso, con melismi che sanno ormai di delirio. Poi si spoglia di ogni colore nella voce, chiedendo all'interprete l'ultimo sforzo: varcare il limite del canto, andare al di là, salvare il carattere quasi sacro della parola. Come aveva fatto Monteverdi, con l'Orfeo. Là era partito il teatro in musica. Qui si forgia uno dei ruoli vocali più straordinari, e nasce il teatro di Britten.

Carla Moreni

Guida all'ascolto 2

Peter Grimes è il primo grande successo teatrale di Britten; quando va in scena a Londra, il 7 giugno 1945, la Germania ha da un mese sottoscritto la resa incondizionata e due mesi dopo l'America sgancia le atomiche. Inevitabilmente il clima bellico ha influenzato la composizione, ma sarebbe erroneo leggere l'opera solo da questo angolo visuale. La violenza fisica e psicologica è il tema principale del Grimes, violenza sia verso gli adolescenti (tema frequente in Britten), sia verso le donne; eppure ancor più in evidenza sono i temi del condizionamento della massa sull'individuo, dell'ossessione, del senso di colpa, del riscatto, del perdono; temi universali, che non hanno a che fare solo con la guerra. Certo, è vero che Britten, dichiarato pacifista, sente con particolare insofferenza il clima bellico; certo, è vero che la sua omosessualità lo pone in una situazione emarginata nell'Inghilterra conservatrice del 1942 (quando torna dall'America, dove ha frequentato Auden e Isherwood). Eppure pacifismo e omosessualità, pur rimanendo chiavi di lettura importantissime, potrebbero risultare limitanti se applicate in modo esclusivo al Peter Grimes, opera universale che ha invece molti piani di lettura.

Britten, con la collaborazione del tenore Peter Pears (sarà il primo Grimes) e del librettista Montagu Slater, trasse il soggetto dal poema The Borough ("Il borgo", 1804-1809) di George Crabbe, già apprezzato da Edmund Burke e da Byron. Il poema si divide in 24 "lettere" (brevi racconti in versi); la XXII ritrae appunto il pescatore Peter Grimes. Una sommaria comparazione fra il poema e l'opera fa tuttavia emergere, più che le analogie, le sostanziali differenze. Il Grimes di Crabbe è essere rozzo, avido, anche un poco ottuso, che vive ad Aldeburgh, un borgo di pescatori nel Suffolk, e che per soldi uccide il padre e tre ragazzi. Britten ne fa un caso psichico interessante e ripugnante insieme, una vittima dell'ostilità collettiva ma al tempo stesso spietato e rabbioso fino all'insensibilità: comunque una figura monumentale, molto lontana da quella di Crabbe. Ad esso Britten era arrivato dopo aver letto un saggio di Edward Morgan Forster, che scriveva:

famosa è la storia di Peter Grimes un selvaggio pescatore che uccise i suoi apprendisti e fu poi ossessionato dai loro fantasmi [...]. Crabbe non è né brillante né colto, spiritoso o urbanizzato. [...] Non è uno dei nostri grandi poeti, ma è inusuale, sincero, ed è tutto di questa nostra terra. [...] L'attrazione per Aldeburgh, combinata con la forte repulsione, era caratteristica del disagio mentale di Crabbe [...] gli impulsi contraddittori che lo possedevano generarono il Peter Grimes.

Nel 1948 Forster torna sull'argomento:

L'dea di rigenerazione, così congeniale a Wordsworth e al Lake District, non attira questo figlio dell'estuario [Crabbe]. Quelli che peccano sull'esempio di Peter Grimes devono sprofondare e annegare - incapaci di rimorso, sebbene non di paura, incapaci di accorgersi del sole se non per il calore infuocato, e incapaci di osservare le stelle.

Crabbe stesso aveva scritto di Peter: "La sua mente non è toccata da pietà, non è punta dal rimorso né corretta dalla vergogna". Il Grimes di Britten, al contrario, è capace di alzare gli occhi al firmamento, ha rimorso e paura, conosce pietà e vergogna, ma anche spaventevoli oscurità della psiche assenti in Crabbe. Ogni scena, ogni interludio orchestrale, anche le diversioni ambientali o le scene di gruppo, sono manifestazioni della tragica parabola della mente di Peter, sono percepiti dalle sue e dalle nostre orecchie come il suono della estraneità, della collettiva riprovazione nei confronti del diverso.

Ma fare del Grimes di Britten semplicemente un "diverso" sarebbe limitativo. Grimes (come il Wozzeck di Berg, che Britten ammirava) soffre un destino negativo come gli eroi classici, ma non ha la levatura degli eroi classici, nulla che lo distingua dalla normalità se non la violenza e l'incapacità di dominare gli impulsi. Vittima, certo; ma non più di quanto lo siano altri personaggi; solo più selvaggio, più debole, più incapace di dominarsi, insomma più asociale e pericoloso per la piccola comunità: che altro rimane alla società se non emarginarlo? Crabbe in questo è molto chiaro; il suo Grimes non merita pietà perché non è capace di provare pietà; muore senza alcun riscatto. Britten invece, con l'ultima scena, gli restituisce la statura di eroe tragico quando, in silenzio, spinge la barca al largo scegliendo la morte in solitudine. Il Grimes di Britten trova riscatto nel suicidio indotto, un eroismo byroniano nell'affrontare la condanna collettiva. Non il tribunale, ma l'opinione pubblica emette il giudizio per i suoi errori, forse le sue colpe, emarginandolo: e lui stesso mette in atto la condanna autoeliminandosi. Questo lo riscatta, lo rende "una persona interessante"; quindi ancora un eroe positivo. Fin qui, in sintesi, l'interpretazione di Forster; non si può negare che sia suggestiva e convincente, ma è esauriente? Forse Forster tiene più conto del libretto che della musica; perché la musica ci descrive un Peter un po' diverso, meno idealista, più violento, materiale, e forse più ambiguo: il sogno di Peter, la sua aspirazione, il suo mondo ideale, infatti si riduce ad un puro qualunquismo, che ripete i valori stessi della società di cui è vittima, gli schemi stessi che reggono la piccola comunità del borgo: guadagnare molto, avere una bella casa, e naturalmente sposare Ellen, per farne qualcosa di simile alle moderne "green widows". E questo sarebbe il sogno di riscatto? Questa una "persona interessante"? A conferma che questi "valori" non sono positivi, ma indotti dalla ossessionante pressione del borgo, si ascolti come nel duetto che chiude il I atto Peter profferisce la sua visione del mondo, "They listen to money" e "I'Il marry Ellen" ("Sentono il denaro"; "Sposerò Ellen"). E non per caso questo motivo tornerà più volte nel terzo atto, quando dilagheranno le ossessioni della sua mente. La sua morale è tutta qui: soldi, matrimonio, proprietà; questa è la sola via che la sua mente confusa sa scorgere per uscire dall'emarginazione. E quei rapidi versi quinari vengono urlati con rabbiosa violenza, note mitragliate e amplificate dall'orchestra, declamazione ossessivamente spezzata e ripetuta; nulla dei sogni disinteressati e altruisti dei grandi eroi del passato. La furia di Peter è la furia di possesso, di proprietà personale, una forma di prevaricazione che lo porti al di sopra degli altri, ma sul loro stesso campo, rafforzandone i loro valori. Insomma, Peter è portatore estremo di quella stessa mentalità che lo opprime, quel conformismo collettivo dell'uomo a una dimensione. E lui ne è vittima, certo di statura tragica perché inconsapevole e incapace di reazione; ma ne è vittima esattamente come lo sono tutti gli altri. Qui è la vera tragedia: Peter diventa simbolo di una falsa coscienza, di una umanità a una dimensione, della perdita della dimensione soggettiva; l'alterazione coscienziale è inevitabile. Che il pacifismo e l'omosessualità di Britten, nell'Inghilterra churchilliana, abbiano acuito la sua sensibilità per il condizionamento della massa sull'individuo è indiscutibile; ma non sembra che il senso del Peter Grimes possa esaurirsi in questo.

Messaggio e struttura
Le ambiguità del messaggio...

Ai molteplici piani di lettura del Grimes fa riscontro una rigorosa chiarezza strutturale. Il messaggio stesso dell'opera è molteplice, collocabile a diversi livelli. E molteplicità significa anche ambiguità: ambigui sono l'apparente tradizionalismo del linguaggio musicale di Britten (tonalità allargata, forme strofiche, fraseologia) e la drammaturgia naturalistica e narrativa. Un esame più ravvicinato del Peter Grimes rivela infatti una costruzione drammatica e una rete di relazioni musicali, che un ascolto superficiale non lascerebbe supporre. Risultano poi ambigui sia il senso generale della vicenda, sia il giudizio sui singoli personaggi: l'antagonista, si direbbe, è il borgo, la collettività; ma anch'essa è fatta di individui deboli quanto Grimes, contraddittori quanto lui, anche loro condizionati dal gruppo e vittime della stessa situazione. La posizione di Peter è la più dirompente e inconciliabile, ma gli sconfitti sono tutti, come amaramente dice Balstrode: "Quando l'orrore spezza un cuore/ tutti i cuori sono spezzati".

È quindi una forma moderna di compassione, quella che Britten porta in scena; compassione per le debolezze di tutti, anche di coloro che Grimes sente come mattoni di un muro d'ostilità: oltre al povero apprendista, quindi, anche Auntie, le Nipoti, Balstrode, persino Swallow, e persino quella povera Mrs. Sedley (vedova, che ha perso i figli, ed è costretta alla tossicodipendenza da sonniferi, per porre a freno le sue ossessioni notturne: un altro personaggio moderno, del tutto assente in Crabbe, come assente è Ellen). E allora: chi è il protagonista-eroe? e chi l'antagonista? Chi lo sconfitto? Letti in questo modo, i pescatori di Aldeburgh ricordano i poveri emigranti della Fanciulla del West di Puccini, con quel finale nella livida mattina di solitudine. Quale sarà il messaggio? Dove la giustizia e l'ingiustizia? Nessuna risposta se non contraddizione e ambiguità. È qui che ogni spettatore è chiamato a formulare in sé un'opinione, una morale propria: senza questa, mi pare davvero difficile, se non inutile, ascoltare Britten, come fosse un aproblematico conservatore, un anacronistico tradizionalista, un divertimento serale d'autunno.

... e la chiarezza della struttura musicale

All'ambiguità del messaggio si contrappone una chiarezza strutturale di elementare semplicità: il Grimes è diviso in due metà esatte; il punto di rottura (il turning point dell'opera, secondo Hans Keller), è collocato a metà della prima scena dell'Atto II (la quarta delle sette in cui l'opera è divisa). Se la prima metà dell'opera segna un percorso dalla pubblica riprovazione contro Grimes alla sua illusione di un futuro, la seconda metà dopo il turning point disegna la caduta dalla disillusione alla morte; il nodo centrale corrisponde alla scena delle percosse di Peter alla sbigottita Ellen, l'inizio della fine. Questa bipartizione è realizzata anche dai motivi ricorrenti che attraversano l'opera: fino al turning point predominano motivi con ampi salti ascendenti, come nel tema " What harbour shelters peace" ("Quale porto offre pace").

Dopo il turning point questi motivi scompaiono (il tema "What harbour" tornerà solo nell'ultima scena; vedremo perché), per lasciare campo a motivi discendenti, simboli della pressione che la comunità esercita su Peter. Fra questi, di gran lunga prevalente è il tema dell'imprecazione a Dio ("God have mercy upon me"; "Dio abbia pietà di me"), poi ripetuto da tutti ("Grimes is at his exercise"; "Grimes è alle solite", che riprende un verso di Crabbe).

Il tema "What harbour", aperto da un grande salto ascendente di nona, è il correlativo sonoro della psicotica evasione di Peter verso "un porto dove la notte si muta in giorno". E più volte nel ripeterlo Peter lo amplifica verso l'alto. La seconda linea, dopo il turning point, segue un opposto andamento discendente, e verrà subito dopo trasformata nel basso della Passacaglia dell'Interludio IV. Per chi ha abitudine all'ascolto analitico, non sarà difficile trovare echi di questo tema disseminati lungo tutta la lenta discesa di Peter verso la catastrofe; e non sarà difficile coglierne il significato narrativo.

I due temi, distintivi di due aree psichiche di Peter (evasione/elevazione - presente/borgo), "tingono" del proprio carattere le due grandi parti della vicenda: la catastrofe inizia quando Peter è messo da Ellen davanti al fatto compiuto; "Abbiamo fallito". Questo scatena la violenza fisica; e di qui inizia una progressiva perdita di controllo, la confusa percezione di non aver più forze sufficienti per contrastare l'interna ossessione. La catastrofe non è negli eventi, ma nella consapevolezza che ormai la bestia che è dentro non può più essere dominata. Grimes è come Otello ("anima mia, ti maledico"), come Macbeth ("tutto è finito") o come il Jacques Lantier, la Bestia Umana di Émile Zola che presenta impressionanti analogie con il Grimes: "non era più lui ad agire, ma l'altro, quello che tante volte aveva sentito agitarsi nel fondo del proprio essere [...]. Nel corpo che procedeva, la sua personalità era assente".

Il dramma musicale: simmetrie, antitesi, significati

Una perfetta simmetria abbraccia l'intera partitura: le sette scene (una nel Prologo, due in ognuno dei tre atti) sono inframmezzate da sei Interludi orchestrali. La quarta scena, quella centrale dal punto di vista strutturale e drammatico, è inquadrata dal canto femminile: l'aria di Ellen in inizio, il quartetto delle donne alla fine. Questi due punti melodici incorniciano la violenza maschile, dapprima di Peter contro Ellen, poi del gruppo contro Peter (la marcia guidata dal tamburo di Hobson). Quando gli uomini sono usciti, restano la Zietta e le due nipoti con Ellen, in uno dei momenti più torturanti della partitura: le figure che sembrano più viziose si rivelano tanto sofferenti quanto Ellen, se colte in solitudine; personalità frammentate e deboli. Attorno a questa scena, l'intera partitura viene ordinata in speculare simmetria: tre scene prima (prologo nella Moot Hall - piazza del borgo - taverna del Cinghiale), tre scene dopo (baracca di Peter - piazza - Moot Hall). Uno schema vale più di tante parole: (Il turning point, lo ricordo, corrisponde alla violenza di Grimes su Ellen, l'inizio della fine). Il Prologo si apre sul processo a Grimes, accusato della morte del suo apprendista, che corrisponde al "terzo mozzo" morto nel poema di Crabbe; Grimes è assolto, ma l'avversione del borgo aumenta. Rimasto solo Peter medita "la verità... la pietà"; è il primo elemento che lo distingue dal personaggio di Crabbe: il Grimes di Britten sente la mancanza di pietà e avverte in sé il sentimento di pietà. Non è l'astrazione di Crabbe, non il semplice villain accidioso, ma è un personaggio moderno contraddittorio e sofferente. Entra quindi Ellen, per quello che Britten definì un "love duet", ed è il solo momento di pace per Peter; si conclude infatti con le due voci in unisono, su un motivo di nona ascendente simile al tema "What harbour" prima riferito ("Your/My voice out of the pain").

Segue la prima scena del Primo Atto, in piazza, la mattina nell'imperturbabile indifferenza della vita del borgo (che ritroveremo identica alla fine dell'opera) Peter rientra dalla pesca senza apprendista e chiede aiuto, che gli è concesso con molte esitazioni. Entra quindi Ellen, che nell'aria recita due immagini bibliche ("chi è senza peccato scagli la prima pietra"), più o meno come Minnie nella Fanciulla del West. Ellen canta di solito melodie per gradi vicini, frammenti di scala, molto efficacemente armonizzati; nulla dei grandi salti melodici che turbano la psiche di Peter. Con l'avvicinarsi della tempesta inizia una grande fuga corale su un soggetto nuovo ("Ora il flusso della marea"): l'ascoltatore non può rendersi conto immediatamente del significato di questo tema, che si chiarirà solo quando, trasformato nel ritmo e nel carattere, diverrà il tema della Tempesta (il travolgente Interludio II). Nell'incombere del fortunale tutti escono, eccetto Peter e Balstrode, il solo uomo che cerchi di entrare nel mondo allucinato di Grimes, per dissuaderlo dal rimanere all'aperto. Peter inizia il racconto dell'apprendista morto, ancora sul tema "What harbour" con il grande salto ascendente; ma il passato è subito cancellato da una nevrotica proiezione al futuro, "Ascoltano il denaro, solo il denaro" e "Sposerò Ellen": un'espressione violenta, urlata, aggressiva. La tempesta, che si scatena ora, è la condizione esistenziale di Peter ("La tempesta arriva e io starò qui" urla infatti); e, come evasione compensatoria, immediatamente scatta il sogno di un altrove, con la grande melodia con il salto di nona ascendente finalmente nella sua forma compiuta. Solo il tempo di un pensiero, e subito la tempesta travolge il sogno, attraversando l'Interludio II e penetrando poi nel tessuto musicale della scena successiva.

La seconda scena del Primo Atto si svolge all'interno della taverna del Cinghiale ("The Boar"); dopo una descrizione musicale della conflittualità interna alla comunità di pescatori, entra Peter cantando una strana forma di melodia su una sola nota, ma sontuosamente armonizzata, che declina un sogno della vaga Orsa e delle Pleiadi (altra evasione dalla tempesta della mente). La sola presenza di Peter scatena una rissa; per allentare la tensione il farmacista Keene intona una canzone ("Il vecchio Joe era andato a pescare"), che trascina tutti ad imitarlo. Britten lo chiama round, alludendo alla forma a strofe ripetute della tradizione musicale locale; ma è un ben strano round, nel metro di 7/4 e sviluppato in canone a quattro parti. Grimes prova a entrare nel coro, ripetendo anche lui la melodia del round; ma sbaglia il ritmo cantando in valori doppi, e "upsets the round" aumentando l'ostilità nei suoi confronti. Finalmente torna Ellen, portando il nuovo apprendista: circondato dal motivo della tempesta (atmosferica quanto psichica), il povero ragazzo viene trascinato da Grimes nella sua stamberga.

Il Secondo Atto si apre con l'Interludio III (Sunday morning), ancora su motivi dedotti dalla Tempesta del precedente Interludio II, trasfigurati nel carattere. Segue la scena-madre che ho voluto descrivere per prima, "quasi un picciol dramma in sé". Dopodiché inizia la corsa verso la catastrofe. La svolta è sottolineata dall'Interludio IV, la già ricordata Passacaglia. La costruzione è molto ricercata: Britten scrive dieci ripetizioni dello stesso basso (dedotto dalla frase "Grimes is at his exercise"). Ogni ripetizione è composta di quattro repliche del tema in diversa collocazione metrica; al di sopra vengono sviluppate due onde di tensione crescente, che portano senza interruzione nella "capanna" (una barca capovolta) dove abita Peter con il nuovo apprendista. E qui iniziano le visioni, la mente alterata, le ossessioni; le sintomatologie psicotiche studiate da Alfred Adler ci sono tutte: la costruzione di sogni che si sanno irrealizzabili, la bipolarità che in un attimo converte l'estasi in accidia, l'incapacità di tenere un pensiero coerente. Il monologo di Peter è interrotto dal suono del tamburo degli uomini che lo cercano; questo dato percettivo entra nel suo mondo psicotico e lo devasta scambia il nuovo apprendista per quello morto, l'accusa di aver aizzato il borgo contro di lui e lo obbliga a scendere in mare. Nel suo delirio, urla al terrorizzato fanciullo " You sit there watching me/ And you're the cause of everything", e lo fa su una inversione straniata del tema 'Grimes is at his exercise", come se l'ossessiva vox populi lo stesse spingendo. Infine lo lascia cadere giù dalla scarpata, dove il ragazzo trova la morte.

Questa quarta sciagura non era in Crabbe, ed è la sola a cui assistiamo; perché? Per Britten era necessario far vedere l'atto della colpa di Peter per chiarire la causa non naturale (o non solo) della sua alterazione coscienziale: Peter ha commesso la colpa, è effettivamente responsabile dalla morte altrui. Ed è proprio il vivere con il senso di colpa che gli provoca il trauma fatale, dopo il quale non sarà più in grado di affrontare le difficoltà che vengono dall'esterno, l'ostilità del borgo.

Le due ultime scene, ossia il Terzo Atto, si svolgono nella notte. Le apre in anticlimax l'Interludio V (Moonlight), un ritratto musicale della calma notturna fredda come una distesa ghiacciata, indifferente a Peter, al ragazzo morto, alla sofferenza delle donne, alla rabbia degli uomini. È un esempio di quella musica notturna straniata, anti-romantica, che ritroviamo in Bartók e Schönberg. La scena si apre con frammenti di dialogo nel borgo, che aumentano la nostra attenzione al rientro di Balstrode ed Ellen: è stata vista la barca di Peter, tornato a terra, ed Ellen ha trovato il maglione del ragazzo; non può essere che il segno di una disgrazia. Il teso dialogo, sottovoce, si svolge su scheletriti frammenti del tema della Passacaglia, ma appoggiati su una dissonanza di semitono, sempre più frequente man mano che la catastrofe si avvicina. Da questo quadro di trattenuta agitazione prende improvvisamente il volo l'aria più commovente di Ellen, un momento di altissima drammaticità ("Embroidery in childhood").

Il Novecento, per deliberata intenzione, è assai parco di grandi melodie, almeno nella musica d'arte; poche si fermano nella memoria come questa di Britten (qualcuna di Poulenc, di Stravinskij, di Villa-Lobos forse). E subito riprende il vortice dell'aggressività del borgo: la serie di danze proveniente dalla taverna sfocia, alla notizia che è stato visto Grimes, nella più tracotante aggressività. Scrittura ancora a imitazioni strette, come nel Secondo atto, e un vocalizzo in unisoni e ottave su un ritmo di valzer, porta all'urlo della folla: il nome "Peter Grimes" scuote l'aria e rimane indelebile nella memoria, con le improvvise pause riempite dal suono del corno in pianissimo. È uno di quei momenti di grande teatro, che difficilmente lasciano insensibile anche l'ascoltatore più refrattario alla commozione. La parola non è casuale: la commozione era infatti l'effetto che il teatro epico di Brecht e Piscator, come quello di Stravinskij avrebbero voluto eliminare. Britten anche in questo è in controtendenza, il suo teatro conserva alcuni fondamenti della tradizione romantico-borghese; effetto, impressione, messaggio, narratività e naturalmente commozione. Questo probabilmente ha relegato la sua produzione, in anni di avanguardie radicali, in un secondo piano; ora tuttavia possiamo affermare senza troppi dubbi che è venuta l'età di Britten, che il suo teatro suona alle nostre orecchie più attuale di tanta produzione di anti-teatro, eccessivamente legata al momento in cui nacque.

Piena la mente di questa impressione, memori ancora della commozione per l'aria di Ellen, arriviamo al sesto e ultimo Interludio: un altro gelido notturno, atmosferico e mentale insieme. È l'ultima immagine della psiche straziata di Peter: un intreccio di motivi di reminiscenza, strumentati però in modo da renderli quasi irriconoscibili, miniaturizzati senza logica e senza continuità, come la mente del protagonista. Questa raffigurazione del disagio psichico ha una lunga tradizione che va almeno da Bellini al Puccini del Tabarro (altra opera che ha molto in comune con il Peter Grimes). Nell'ultima scena ritroviamo Peter sconvolto: il suo monologo avviene su un timbro armonico fisso e angosciosamente prolungato (è una settima sul Re, ma non importa la definizione; il timbro risulterà immediatamente riconoscibile), appoggiato su un Mi bemolle grave; è ancora quella dissonanza di semitono (Re-Mi bemolle) che abbiamo più volte incontrato attraverso la partitura. Ellen e Balstrode si avvicinano a Peter, il quale però non si accorge di loro, e richiama da una memoria lontana la grande melodia "What harbour shelters peace". Balstrode, pietoso (la pietà che mancava in Crabbe), lo conduce alla barca "Prendi il largo, e affondala!"; e Peter in silenzio scivola via. Arrivando il mattino, riprende la vita del borgo: coro e orchestra ripetono l'inizio del Primo Atto, come se nulla fosse accaduto, come se Grimes non fosse neppure esistito. È difficile trovare mattine tanto gelide e raccapriccianti nel repertorio del teatro musicale.

La contraddizione

Peter Grimes può essere spregevole e sublime, può indignare e commuovere, può essere una bestia umana e una vittima tragica; in ciò consiste la novità del personaggio. Nella scena centrale è un ottuso primitivo che non sa contenere l'istinto violento contro Ellen e il ragazzo (temi attualissimi); nella scena iniziale è un inerme imputato davanti al muro di ostilità del borgo; nella scena finale è addirittura oggetto di commozione, quando ridotto a un automa segue le parole di Balstrode e si avvia al suicidio in mare.

L'eroe classico, le grandi figure byroniane, o ancora l'eroe borghese della narrativa ottocentesca erano personaggi a tema, portavano una coerenza di comportamento che ne faceva dei modelli astratti. A partire dal Naturalismo viene scoperta la contraddittorietà radicale dall'essere umano lo stesso personaggio colto in situazioni diverse reagirà in modi opposti, sarà incoerente, contraddittorio, essenzialmente ambiguo: un intreccio di atroci colpe e compassionevoli destini, fra la bestia e l'eroe, fra lo spregevole e il sublime, come accade dal Wozzeck al Peter Grimes.

Antonio Restagno

Guida all'ascolto 3 (nota 2)

L'enigma di Grimes

Peter Grimes, la prima opera lirica di Benjamin Britten, nacque grazie al sostegno di una commissione della Koussevitzky Music Foundation. Dopo aver eseguito a Boston la Sinfonia da Requiem, il direttore d'orchestra Serge Koussevítzky, mecenate della musica moderna e scopritore di talenti, aveva chiesto a Britten perché noi scrivesse per il teatro e si era offerto di finanziare l'impresa di una nuova opera da dedicare alla memoria di sua moglie Natalie, morta da poco tempo. Britten, che non aveva ancora trent'anni, e da tre viveva esule in America, era reduce dall'insuccesso dell operetta Paul Bunyan (su testo di W.H. Auden, rappresentata alla Columbia University di New York nel maggio 1941), ma era ben deciso a scrivere ancora per il teatro. La cospicua sovvenzione di mille dollari della Fondazione Koussevitzky veniva a liberarlo da quelle preoccupazioni economiche che un futuro ancora incerto, sia professionalmente che esistenzialmente, rendeva pressanti, soprattutto in rapporto a un progetto cosí vasto e impegnativo.

A quell'epoca (si era agli inizi del 1942) Britten aveva già concepito l'idea di un lavoro teatrale ispirato al poema The Borough (Il Borgo) dello scrittore inglese George Crabbe (1754-1832), e basato in particolare sulla storia del pescatore Peter Grimes. Durante l'estate del 1941, mentre si trovava a Escondido in California in compagnia dell'amico Peter Pears, Britten aveva letto sulla rivista della Bbc «The Listener» un articolo di E.M. Forster su Crabbe. Esso aveva risvegliato in lui la nostalgia del Suffolk, dov'era sempre vissuto, e riacceso il ricordo della costa selvaggia e impressionante attorno ad Aldeburgh, nella parte orientale dell'Inghilterra che si affaccia sul Mare del Nord: il luogo natale di Crabbe (Aldeborough, secondo la grafia dell'epoca) adombrato nel suo poema. Dalla successiva, diretta conoscenza di questo poema Britten trasse gli elementi per una propria rappresentazione teatrale di quel soggetto e di quello sfondo, sul quale la figura di Peter Grimes si stagliava con speciale forza drammatica.

Durante la navigazione che li riportava in patria, nella primavera del 1942, Britten e Pears lavorarono alacremente al piano dell'opera, stendendo numerosi abbozzi della sceneggiatura. Quando giunsero a Londra, l'intera trama del Peter Grimes era già formata e non restava altro da fare che trovare un librettista che scrivesse le parole. Dopo la rinuncia di Isherwood, che era rimasto in America, Britten chiese di occuparsene all'amico Montagu Slater, scrittore versatile e giornalista impegnato politicamente con il quale egli già in precedenza, negli anni Trenta, aveva collaborato nel cinema e nel teatro. Ebbe cosí inizio il lavoro di stesura del testo, che si presentò subito lungo e difficile per la ostinazione di Slater a seguire le proprie idee, invece di adattarsi a quelle del compositore: tanto da richiedere, fra discussioni preliminari, revisioni e correzioni, quasi diciotto mesi. Nel luglio 1944 Britten poté finalmente cominciare a comporre la musica, già preordinata nelle strutture fondamentali e nella forma, per terminarla in partitura nel febbraio 1945. Nel frattempo aveva stretto contatti con il teatro Sadler's Wells di Londra, dove Pears era stato ingaggiato stabilmente e dove lavorava un giovane regista, Eric Crozier, particolarmente adatto a curare l'allestimento dell'opera, aiutando a risolverne anche alcuni problemi di drammaturgia. A lui e alla compagnia del Sadler's Wells fu cosí affidata la prima esecuzione del Peter Grimes, che ebbe luogo, dopo un intenso numero di prove e notevoli rimaneggiamenti del testo, il 7 giugno 1945. L'enorme successo fece conoscere al mondo non soltanto il nome del compositore ma anche quello di un gruppo di interpreti che sarebbero poi rimasti saldamente legati alla sua attività artistica con l'English Opera Group e il festival musicale di Aldeburgh: su tutti Peter Pears, primo creatore di un ruolo e di un modello con cui si sono confrontati alcuni dei piú grandi tenori del dopoguerra. Tutto ciò concorre a fare di quella data un evento capitale nella rinascita dell'opera nazionale inglese, che dai tempi di Purcell era pressoché scomparsa dalla storia e che ora, grazie a Britten, riscopriva se stessa, mantenendo vive per quasi trent'anni le sue tradizioni e la sua attualità.

I cambiamenti apportati da Britten e dai suoi collaboratori al poema di Crabbe sono profondi e radicali, assai piú di quanto potesse richiedere un semplice adattamento del testo per la scena. The Borough (uscito nel 1810) si compone di ventiquattro lettere fittizie in versi (distici rimati), che descrivono la vita e l'ambiente di una piccola città sulla costa del Suffolk: i pescatori e le loro famiglie, i poveri e i tutori dell'ordine (il concetto "Borough" indica una comunità con una propria rappresentanza parlamentare), gli ospizi, l'ospedale, la prigione, la chiesa e i suoi vicari, gli alberghi e soprattutto i "pubs"; popolati, come Il Cinghiale tenuto da Zietta, da pescatori abbrutiti dalle condizioni della loro esistenza, notabili del luogo e avventori di passaggio. Alcool e gioco, oltre alla compagnia fugace di opache bellezze venute dalla campagna per soddisfare i piaceri dei clienti (familiarmente chiamate le "nipoti"), rappresentano l'unica risorsa per uscire dal grigiore quotidiano di una vita dura e spietata, fatta di regole rigide e di trasgressioni ipocritamente tollerate, a patto di non intaccare la rispettabilità di facciata della comunità fondata sul denaro e sulla dignità di un perbenismo meschino.

In altri termini, il Borgo di Crabbe è un ambiente chiuso e a suo modo violento, di piccola provincia, ritratto realisticamente nel suo paesaggio e nei suoi personaggi, che vivono sul mare e del mare. Ma il mare non è per Crabbe un orizzonte aperto, spalancato sull'ignoto, bensí un confine insuperabile che rende ancora piú soffocante, nelle abitudini quotidiane di una vita ripetitiva, immobile, scandita solo da maree, da tempeste e da battute di pesca pericolose, il piccolo mondo del Borgo. La visione, in gran parte autobiografica, di questo sperduto lembo di costa inglese ha il tono di una condanna gelida, senza appello, che non lascia trasparire raggi di speranza o di pietà. Il reverendo George Crabbe era uno di quei pastori protestanti "illuminati" del Settecento per i quali la rappresentazione obiettiva, realistica anche se poetica, di una condizione esistenziale tangibile contava piú della critica sociale e della denuncia civile e sotto questo aspetto il suo pessimismo accanito aveva assai poco di evangelico.

La storia di Peter Grimes, che occupa la Lettera ventidue (Il povero del Borgo - Peter Grimes), è in Crabbe l'apice di questa descrizione del Borgo. Essa si basa su un episodio autentico, accaduto ad Aldeburgh verso la metà del Settecento a un pescatore di nome Tom Brown. Costui, scacciato dalla comunità perché sospettato di aver provocato la morte di tre suoi apprendisti, era precipitato nella follia sino a lasciarsi morire. Anche lo sfondo in cui si svolge la vicenda è autentico; e lo è in particolare il dramma sociale, che di lí a poco sarebbe scoppiato in Inghilterra con la forza di un vero scandalo, dei ragazzi bastardi e orfani affidati all'assistenza pubblica e spediti, in cambio di pochi denari, nei luoghi piú lontani della costa per servire da mozzi nei battelli da pesca e costretti a vivere in balia dei loro compratori nelle condizioni piú vergognose e intollerabili.

Il Peter Grimes di Crabbe è il peggiore di questi padroni. Un uomo rozzo e brutale, ottuso, ubriacone e ladro, che già si è reso responsabile della morte di suo padre e che sevizia sadicamente gli apprendisti usciti dagli orfanotrofi di Londra. Non vi è dubbio che sia lui che li ha uccisi, uno dopo l'altro. Ma le loro anime si vendicano, apparendo come fantasmi al pescatore e Grimes non ne regge il peso, sprofonda nella pazzia e viene annientato. Nessun barlume di coscienza o di pentimento giunge però a riscattare la sua scelleratezza: come scrive esplicitamente Crabbe, «la mente che viene qui mostrata non è toccata dalla pietà, non è punta dal rimorso, né emendata dalla vergogna» (prefazione a The Borough). Certo, egli è fin dall'inizio un emarginato, un relitto abbandonato a se stesso dalle ferree leggi del Borgo, che lo escludono non tanto per i suoi atti (che infatti sono pronte a scusare) quanto per il suo atteggiamento asociale, solitario e vendicativo. Pur essendone un prodotto, Grimes non si integra nell'ambiente del Borgo: si nasconde agli altri, abbassa la testa, è triste e disperato, oppresso da un senso di noia agghiacciante, da cui cerca illusoriamente scampo (e sono i momenti piú belli e intensi del poema, vivificati dalla poesia) affondando la sua angoscia nella muta contemplazione del mare e dell'estuario.

Tutt'altra figura è quella che sta al centro dell'opera di Britten. Anzitutto, e soprattutto, per l'intervento della musica, ma solo in conseguenza di una mutata disposizione del dramma. Esso vive infatti di un contrasto duplice, intrecciato: da un lato di Grimes con se stesso (come consapevolezza dolorosa dell'isolamento e della solitudine e anelito a rompere le barriere dell'emarginazione), dall'altro di lui con l'ambiente e con i diversi personaggi del Borgo.

Nessuno di questi compare associato a Grimes nel poema di Crabbe. La maggior parte è però tolta da altre lettere di The Borough; per esempio il farmacista Ned è descritto nella Lettera sette (il nome di Ned Keene, il farmacista e guaritore dell'opera, viene da questo Ned e da Abel Keene, il ciarlatano della Lettera ventuno). Ellen Orford, l'istitutrice vedova, figura nella Lettera venti, ma non ha alcun rapporto con Grimes: Britten la trasforma profondamente, e ne fa una protagonista per lunghe parti dell'opera. Quanto al personaggio del capitano di lungo corso in pensione, Balstrode, i tratti di un'indulgenza benevola che gli sono propri sono accentuati in modo del tutto originale; e nell'opera egli ha un ruolo importante per rendere piú umano e mite l'ambiente del Borgo con la saggezza disincantata, comprensiva, un po' cinica, dell'uomo di mare che molto ha viaggiato e provato.

Nelle intenzioni del librettista Slater, Peter Grimes doveva diventare una sorta di eroe byroniano, in conflitto col mondo circostante e portatore di valori individuali chiaramente positivi (fors'anche con qualche sfumatura politica, rivoluzionaria e sociale, dato che Slater era un comunista convinto). Per sottolineare questo aspetto egli spostò l'azione dalla fine del XVIII secolo, dove Crabbe l'aveva collocata con precisi riferimenti alla sua epoca, al 1830 circa, al momento cioè dell'apogeo del byronismo e della rivoluzione. Inserí anche, come personaggio muto, la figura del Dr. Crabbe, quasi a voler rendere l'autore testimone delle sue stesse volontà. Ma Britten non condivise affatto queste intenzioni; e ciò fu causa di aspre discussioni, che ritardarono la nascita del libretto e condussero poi alla fine dell'amicizia con Slater: egli dovette cedere su molti punti, ma pubblicò comunque la propria versione del Peter Grimes come testo indipendente dal libretto d'opera (in Peter Grimes and Other Poems, 1946).

Il motivo è chiaro e implica ragioni di natura non solo musicale ma anche drammatica. A Britten non interessava fare del suo personaggio un eroe d'opera di stampo tradizionale, a tutto tondo, bensí creare una figura piú complessa ed enigmatica posta al centro di un lavoro che avesse le caratteristiche di un'opera aperta, non dimostrativa. Quel che gli stava a cuore prima di tutto era l'universalità del soggetto: il quale, benché calato in una storia e in un ambiente precisi, potesse dare vita a un clima, a una atmosfera teatrale e musicale, e contenere un messaggio senza limitarsi né storicamente né geograficamente. Questa dimensione umana piú generale, universale appunto, era l'obiettivo a cui Britten tendeva con il suo lavoro.

Da questo punto di vista il personaggio di Grimes innesca una serie di reazioni sull'ambiente nel suo complesso e sui diversi tipi che lo incarnano; ma è nello stesso tempo il prodotto finale di queste reazioni. La musica, a sua volta, intersecandosi con il dramma, prima contribuisce a fissare gli elementi tematici della rappresentazione, definendo il clima e le situazioni; poi li sviluppa e li trasforma, rendendo le relazioni piú estese e pregne di significato: simile, per restare a una metafora consonante con l'opera, all'onda del mare che irrompe a riva e poi si ritira su se stessa, lasciando la sua traccia e subito dopo riassorbendola.

Questo compito spetta anzitutto ai sei interludi orchestrali intercalati fra una scena e l'altra di ognuno dei tre atti (il breve prologo iniziale introduce i personaggi principali e il motivo del sospetto che grava su Grimes). Sarà utile ricordare la loro collocazione nel contesto del dramma:

ATTO PRIMO
Interludio I Spiaggia, alba sul mare [Dawn]
Scena I Strada lungo il mare
Interludio II La tempesta [Storm]
Scena II Interno del pub Il Cinghiale
ATTO SECONDO
Interludio III La mattina di domenica sul mare, davanti alla chiesa [Sunday Morning]
Scena I Strada lungo il mare (come nell'atto primo)
Interludio IV La caccia a Grimes - Passacaglia
Scena II La capanna di Grimes
ATTO TERZO
Interludio V Chiaro di luna di una notte d'estate [Moonlight]
Scena I Davanti al Municipio (strada lungo il mare)
Interludio VI Nebbia che proviene dal mare
Scena II Spiaggia, alba sul mare (come all'inizio)

Questi interludi (i quattro che recano il titolo inglese furono pubblicati anche a parte: Four Sea Interludes op. 33a) sono assai piú che quadri naturalistici ed evocativi del paesaggio marino. Essi dipingono l'animo di Grimes nelle diverse situazioni e completano lo sviluppo dell'azione. Cosí, dopo che il primo interludio ha fornito il ritratto del protagonista sullo sfondo del mare in un'aurora calma e grigia, mentre il Borgo si ridesta alle sue occupazioni, la tempesta del secondo raffigura non soltanto lo scatenarsi della furia degli elementi ma anche la burrasca che si agita nel cuore di Grimes dopo l'animata discussione con Balstrode. E se il terzo e il quinto interludio posti ad apertura d'atto sono ancora momenti contemplativi, di tono impressionistico, che rispecchiano i pensieri di Grimes prolungandoli nelle scene che seguono (di modo che egli è presente anche quando, come qui, non appare), il quarto e il sesto si connettono strettamente all'azione, elaborandone la tematica. In particolare il quarto, la Passacaglia, approfondisce il tema dell'ossessione di Grimes dopo il diverbio nel quale egli ha colpito Ellen; su un basso ostinato, che simboleggia appunto questa ossessione, i temi si affrontano nelle variazioni con espressionistica veemenza: riflesso dell'animo esacerbato e inquieto del pescatore, mentre gli uomini del villaggio scatenano la caccia. La scena che segue, nella capanna di Grimes, porta a tragica conclusione queste premesse: nel momento in cui la processione del Borgo sta per raggiungerlo, Grimes spinge il mozzo sulla scogliera e costui precipita in mare. La folla non troverà altro che una capanna pulita e tranquilla, apparentemente in perfetto ordine. Nel sesto interludio, infine, la nebbia che sale dal mare allude all'ottenebrarsi della mente di Grimes ormai in preda alla disperazione e allo squilibrio: anche in questo caso elementi naturalistici e descrittivi rispecchiano, nella elaborazione sinfonica, il dramma che avviene nella coscienza del protagonista.

Si è detto che sul piano drammatico si assiste a un intreccio fra la vicenda individuale di Grimes e il suo contrasto con gli altri personaggi. Britten e Pears consideravano Grimes un idealista incompreso, un outsider perseguitato per la sua diversità. I motivi della sua solitudine e del suo isolamento sono tuttavia ambigui e permangono sfuggenti. Egli rappresenta fino a un certo punto la lotta dell'individuo contro la massa (che è qui la comunità del Borgo) e comprensibilmente vuole avere poco da spartire con il paternalismo cerimonioso dell'avvocato Swallow, con il moralismo ipocrita del metodista Boles, con la millanteria volgare del farmacista Keene: ma odia essere un reietto e vorrebbe far fortuna per sposare Ellen e conquistarsi un posto al sole nel Borgo. Perfino accettando le condizioni degli altri.

Tanto nel prologo dell'opera, nella scena dell'istruttoria, quanto prima della fine, allorché il Borgo si reca in processione alla capanna del pescatore, noi non sappiamo veramente se Grimes sia responsabile della morte dei suoi apprendisti e ne sconti perciò le conseguenze, o se invece abbia solo assistito impotente alla sciagura (neppure i suoi racconti, allucinati, che escono a brandelli, chiariscono questi fatti). Se gli altri diffidano di lui e lo incalzano, è perché lui stesso diffida di sé, prima ancora che degli altri, con cui vorrebbe comunicare. Le condizioni di vita nelle quali si è autorecluso, isolato nella sua capanna, in attesa di una pesca miracolosa, lo hanno reso duro, misantropo e sospettoso, ma non insensibile: anzi, hanno acuito la sua sensibilità, al punto che nessuno è piú in grado di comprenderlo. Grimes alza lo sguardo estatico alle stelle per cercare di decifrare il suo destino nel cielo che ruota, e non trova che confusione e dolore (atto primo, scena seconda); e ancor prima di morire (atto terzo, scena seconda), mentre le voci del Borgo lo perseguitano da lontano, si interroga invano su dove sia il «porto della pace» capace di accogliere terrori e tragedie, dove la notte diviene giorno. Ed è solo.

A differenza che in Crabbe, non tutto il Borgo fa fronte compatto contro di lui. Eppure Grimes non sa ricevere l'amore di Ellen, tanto disinteressato da sembrargli frutto di sola compassione; e benché sogni una vita felice con lei, le sue immagini hanno sempre e immediatamente il carattere del desiderio irrealizzabile, forse addirittura impensabile. La musica esprime ciò con eloquenza assai maggiore delle parole. Il tema di Grimes, per esempio, che circola per tutta l'opera, si apre con un salto ascendente di nona minore, cui segue un lento, progressivo e doloroso ritorno alla nota di partenza; su una scala in modo lidio, che accentua ancor piú un senso di distanza e di estraneità. Esso è il simbolo di un'ansia tremenda e insistente, ma sterile: come se i pensieri di Grimes, desiderando liberarsi (oltrepassare il chiuso di un'ottava con uno slancio energico, ma carico di affanno), ricadessero invece sempre interrogativamente su se stessi. Cosí pure nei duetti con Ellen, sin da quello che chiude il prologo, Britten articola il canto di Grimes in modo da rendere percepibile (per lo piú con una sfasatura armonica, o una doppia linea tonale) l'impossibilità di un'unione e di un dialogo reale fra stati d'animo diversi (nel caso del prologo, Peter canta in fa minore, Ellen in mi maggiore). Quando i due si ritrovano su un unisono (il cambio enarmonico di la bemolle in sol diesis trasporta Peter nella tonalità di Ellen, mentre l'orchestra tace sino alla fine del duetto), esso esprime solo vuoto e assenza: il corso dei pensieri e dei sentimenti di Peter va molto oltre il momentaneo, quasi velleitario aggancio della linea del canto.

Ellen, dunque, assisterà al progressivo delirio di Grimes nella vana speranza che egli possa scuotersi e trasformarsi. C'è in lei (ed è ciò che rende commovente l'ostinazione del suo personaggio) l'attesa fiduciosa di un miracolo, quasi che Grimes dovesse alla fine risvegliarsi dal suo incubo. Piú realisticamente, il capitano Balstrode intuisce che a quel delirio non c'è rimedio se non provocando un atto estremo di eutanasia: perciò lo aiuta a mettere in mare la barca per l'ultima volta e lo spinge al largo. Balstrode sa che non c'è altra soluzione per lui.

Visto nelle sue abitudini quotidiane e nei luoghi di ritrovo che arricchiscono l'azione dell'opera (il Municipio e la chiesa, la spiaggia, la via, la taverna di Zietta), il mondo variopinto del Borgo non ha coscienza di questo dramma: l'opera si apre e si chiude simmetricamente con lo stesso coro degli abitanti del Borgo che attendono alle loro consuete, tranquille occupazioni. Eppure si capisce che concorre a determinarlo e che a suo modo lo vive. Il Borgo teme Grimes e perciò lo respinge; ma nello stesso tempo il suo enigma lo attrae. Già all'inizio, nella scena dell'assemblea, la folla partecipa con curiosità alle fasi dell'istruttoria. Ogni atto di Grimes è per lei fonte di interesse: la coralità di cui l'opera è cosí ricca non costituisce solo un mezzo compositivo della massima importanza ed efficacia, ma contraddistingue anche un personaggio fondamentale dell'opera, il cui compito è far fronte in modo unitario e comune all'enigma di Peter Grimes, sino a tenderlo all'estremo. Ciò emerge con assoluta evidenza nella scena finale delle allucinazioni di Grimes, quando la folla grida con terribile insistenza il suo nome, a distanza: per dissolversi poi nella calma spettrale dell'epilogo, scomparendo a poco a poco.

Ma in che cosa consiste dunque l'enigma di Grimes? In Crabbe esso non era affatto tale. Là si descriveva il caso clinico di un disadattato, ribelle alle convenzioni, che per odio verso il padre e la società esercitava la violenza. Semmai, da questa manifestazione di un'alienazione psicologica culminata nella pazzia, Crabbe aveva tratto lo spunto per illustrare le condizioni di vita di un determinato ambiente e di una società imbalsamata nelle sue norme. Leggendo il poema, tuttavia, si ha l'impressione che piú di tutto gli interessasse descrivere minuziosamente il paesaggio della costa inglese e la natura attorno al Borgo, con una capacità rappresentativa non di rado illuminata dalla poesia. Non per nulla era stato questo sfondo ad attrarre Britten, e a giustificare, anche a posteriori, la scelta del soggetto.

Venuti a cadere quei motivi, il personaggio di Peter Grimes in Britten non si semplifica, ma piuttosto si complica. Torniamo a chiederci perché Grimes abbia scelto la solitudine e l'isolamento, da dove provenga la sua frustrazione, la sua impotenza; e in che senso Britten lo considerasse un personaggio universale, ben piú di un pazzo o di un rivoluzionario in potenza, o di una vittima della società. Il percorso dell'opera, che inizia già nel mezzo dell'azione, non aiuta a capire i precedenti: mancano del tutto le tracce di un conflitto con il padre, di un'educazione repressiva, di una tara ereditaria, di una predisposizione all'alcool; scarseggiano gli elementi per decidere di una latente omosessualità, secondo alcuni specchio, o schermo, di una proiezione autobiografica del legame fra Britten e Pears (un fremito guizza nella musica quando Grimes vede il nuovo mozzo recatogli da Ellen, e il Borgo non manca di ironizzare su di lui al riguardo; ma questo non è un indizio chiaro).

Pulsioni imperscrutabili, sommerse nel profondo, vengono alla superficie con forza scatenante nei monologhi di Grimes. Un canto franto, sconnesso, che si innalza per poi ricadere pesantemente, e di lí impennarsi di nuovo, e ricadere, è il simbolo supremo di questa incapacità di dare forma al proprio mondo interiore per comunicarlo all'esterno. Nella sua lotta per esprimersi, viene meno a Grimes il discorso compiuto, coerente, racchiuso nell'arco di frasi significanti, di ampio respiro: forse è proprio la parola, che esce a brandelli, per rivelazioni improvvise che non si inquadrano in un tutto armonico e proporzionato, a mancargli. Nello stesso tempo però questi spezzoni rivelano un mondo interiore, poetico, denso e profondo, in cui la lotta per venire alla luce decide del destino della vita. L'enigma di Grimes sta in questa lotta per tradurre in atto le proprie visioni senza piegarsi all'evidenza della realtà. E se la ricchezza di sentimenti e di aspirazioni lo rende personaggio toccante, ancorché sconfitto, il conflitto di cui è emblema assume il tono di un dramma universale, umano.

Nell'accettare le ragioni del sacrificio di Grimes, senza spiegarne il mistero in modo univoco, Britten era mosso da una concezione liberale della natura umana: non da pietà, ma dalla convinzione che niente rendesse l'individuo cosí spregevole da distruggerne l'innocenza e farne un emarginato. Forse, all'epoca in cui compose l'opera, egli intendeva anche identificare in lui la propria situazione di respinto dalla società in quanto obiettore di coscienza e omosessuale; ed è significativo allora che, musicando Peter Grimes alla vigilia del suo definitivo ritorno in patria (un atto di affermazione orgogliosa della propria diversità, quale al suo Grimes non era riuscito), avesse voluto ambientarlo nei luoghi dell'infanzia. Resta però il fatto che il tema dell'emarginazione di Grimes, con tutte le sue implicazioni (compresa quella del desiderio irrealizzato di mostrarsi utile alla comunità e di esserne accettato individualmente, nodo centrale nell'opera), conduce al fallimento perché si scontra, prima ancora che con il rifiuto altrui, con un intimo sentimento di vergogna e di colpa, tanto frustrante quanto doloroso. Peter Grimes è torturato da questo sentimento di inadeguatezza, sino alla paralisi. Forse, in quel frangente della sua vita, anche Britten stava provando qualcosa di simile. Componendo il Peter Grimes, egli non soltanto creò un capolavoro del teatro moderno ma allontanò da sé quello stato d'animo: riscattando, grazie all'intervento della musica, l'afasia di Grimes e conquistando attraverso di lui luce, coscienza di sé e diritto all'esistenza.

Non riuscí tuttavia a estirparlo del tutto. E allora lo accettò come una costante, serbandogli fedeltà e cercando, con la sua opera, di approfondirne la natura. Per ricomporlo e comunicarlo agli altri, trasfigurato dalla musica. I successivi drammi di Britten, sino alla conclusione di Death in Venice, ripropongono l'enigma e la lotta di Grimes: sotto nuove forme e con consapevolezza accresciuta.

Sergio Sablich


(1) La sinossi e le Guide all'ascolto sono tratte dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 26 ottobre 2013 (2) Testo tratto dal programma di sala del 51° Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, 29 aprile 1988

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Ultimo aggiornamento 11 luglio 2015