Les Illuminations, op. 18

per voce acuta e orchestra d'archi

Musica: Benjamin Britten (1913 - 1976)
Testo: Arthur Rimbaud
  1. Fanfare
  2. Villes - Allegro energico
  3. Phrase - Lento ed estatico
  4. Antique - Allegretto, un poco mosso
  5. Royauté - Allegro maestoso
  6. Marine - Allegro con brio
  7. Interlude - Moderato ma comodo
  8. Being Beauteous - Lento ma comodo
  9. Parade - Alla marcia
  10. Départ - Largo maestoso
Organico: soprano, archi
Composizione: marzo - 25 ottobre 1939
Prima esecuzione: Londra, Aeolian Hall, 30 gennaio 1940
Edizione: Boosey & Hawkes, Londra, 1940
Dedica: Sophie Wyss
Guida all'ascolto (nota 1)

Les Illuminations per soprano (o tenore) e orchestra d'archi op. 18 costituiscono il terzo dei sei cicli di composizioni per voce sola scritti da Benjamin Britten. I dieci songs che formano il ciclo impiegano testi tratti da Les Illuminations di Arthur Rimbaud (1874), una raccolta di prose poetiche cariche di significati simbolici, visioni allucinate e ambigue allusioni erotiche, scritte dall'adolescente poeta francese durante i suoi vagabondaggi in compagnia di Verlaine in quei tre anni (1871-1874) nei quali si consuma la sua brevissima esperienza poetica e, a detta di molti critici, nasce la poesia moderna. Anche per Britten il periodo in cui vennero alla luce Les Illuminations segnò una svolta decisiva nella sua carriera artistica e nella vita privata; il musicista iniziò la composizione nel marzo del 1939 in Inghilterra e la completò nell'ottobre dello stesso anno negli Stati Uniti, a Long Island, dove si era trasferito insieme al tenore e amico Peter Pears con l'intenzione di sfuggire alle critiche che gli venivano mosse dall'establishment musicale britannico e per scampare alla guerra imminente. Le ultime composizioni di Britten erano infatti state criticate in patria per il loro anticonformismo ironico e dissacrante (Variations on a Theme of Frank Bridge op. 10, 1937; Concerto per pianoforte op. 13, 1938) e per il deciso impegno politico (Our Hunting Fathers per soprano e orchestra op. 8, 1936; Paciflst March per coro, voci soliste e orchestra, 1936-37; Ballad of Heroes per tenore o soprano, coro e orchestra, 1939). Militante pacifista e socialista il compositore era stato accusato di atteggiamento antipatriottico e sovversivo.

Un ruolo chiave nella maturazione della coscienza politica e sociale del giovane era stato svolto dal poeta Wystan Hugh Auden, che Britten aveva conosciuto nel 1935 e che lo aveva introdotto in un circolo di intellettuali fortemente critici nei confronti della società britannica del tempo, quella stessa società descritta qualche anno prima dal romanziere Edward Morgan Forster e che all'impegno sociale e pacifista univano una buona dose di snobismo intellettuale ed estetismo ironico e surrealista.

Il viaggio in America, dove Auden si era trasferito nel gennaio del 1939 e dove Britten pensava di stabilirsi definitivamente, fu dunque anche una sorta di fuga forsteriana dall'Inghilterra, una ricerca di sé in un contesto sociale differente e ritenuto più libero. Caduta presto l'illusione di poter iniziare una nuova vita oltreoceano ("l'America ha tutti i difetti dell'Europa, senza averne le attrattive", scrisse in quegli anni a un amico) e sentendo rinascere il legame affettivo e culturale per la propria patria, nel 1942 Britten decise di fare ritorno in Inghilterra e di conquistarsi una posizione di primo piano nella vita musicale britannica.

Come la produzione operistica di Britten è stata anticipata dalla composizione di cicli vocali e la riconciliazione con la cultura britannica è passata attraverso la tappa americana, allo stesso modo il ritorno alla propria lingua madre e alla canzone popolare inglese come fonte d'ispirazione è stato preparato dall"'evasione' nella poesia straniera, francese (Quatre chansons francaises, 1928; Les Illuminations, 1939) e italiana (Seven Sonnets of Michelangelo, 1942).

Era stato Auden a fargli conoscere la poesia di Rimbaud e a svelargli la natura del suo legame con Verlaine; Britten si era subito sentito assai vicino a Rimbaud, sia per la comune nostalgia dell'infanzia violata e dell'innocenza perduta, sia per lo spirito di ribellione giovanile. Con un candore e una spontaneità incomparabili Britten, poco prima di imbarcarsi per gli Stati Uniti, decide quindi di mettere in musica uno dei poeti più 'difficili' del decadentismo, dal quale non a caso si erano tenuti lontano i musicisti francesi; le liriche di Rimbaud infatti, così ricche di suggestioni musicali e sinestetiche, sembrano voler racchiudere in sé tutte le arti e pertanto chiudere loro ogni via d'accesso. La musicalità è già tutta risolta nella poesia visionaria, mutevole e fantasmagorica, refrattaria a ogni percorso raziocinante e intraducibile, nella quale la sonorità della parola e la sua capacità evocativa hanno la meglio sulla sintassi e sull'organizzazione logica della frase. La poesia di Rimbaud è troppo musicale in sé per aver bisogno della vera musica. Per questo Britten sceglie la strada del distacco: il compositore non ricerca un omologo musicale della parola bensì segue lo stesso processo creativo del poeta, si abbandona come lui alle visioni fantastiche e allucinanti, che a volte coincidono con quelle del testo poetico, come in Fanfare, nella quale gli archi si divertono a fare il verso degli ottoni come in un gioco infantile di imitazioni, altre volte percorrono strade autonome, come in Phrase o Antique. Ciò consente al musicista di entrare in piena i più intima sintonia col poeta, e di riversare nella sua musica, apparentemente distaccata alla maniera di Satie o Hindemith, un materiale incandescente fatto di sentimenti e visioni personali, spesso inconfessabili.

Les Illuminations furono scritte per il soprano Sophie Wyss, che ne fu la prima interprete nel 1940 e alla quale il 19 ottobre 1939 il musicista scrisse un'affettuosa lettera, contenente una descrizione dei singoli brani. Al posto delle 'istruzioni' su come eseguirli, Britten si limitò a fornire alla cantante una serie di 'suggestioni' relative a ciascuna lirica, alcune delle quali decisamente criptiche, come l'affermazione che "la chiave dell'intera opera va ricercata nell'ultimo verso di Parade:J'ai seul la clef de cette parade sauvage". Questo verso compare subito all'inizio del primo brano, Fanfare. Violini e viole si divertono a imitare le fanfare di ottoni, alternando arpeggi in Mi maggiore e Si bemolle maggiore, due tonalità assai distanti, che finiscono per conferire un carattere ambiguo al brano. Il motto, declamato in tono misterioso dalla voce, viene quindi ripetuto altrettanto misteriosamente dal primo violino.

Al contrario Vìlles, il brano successivo, suggerisce il fervore della vita cittadina attraverso una successione di figure d'accompagnamento, che non hanno alcun legame espressivo con il testo poetico e sembrano seguire un proprio percorso immaginativo; solo la voce, sulle parole mélodieusement e des groupes de beffrois, accenna una sorta di pittura sonora del significato verbale.

Phrase, il brano più breve in assoluto, consiste in una sola frase poetica ed è concepito come preludio (Lento ed estatico) al brano successivo. Antique è un omaggio a Wulff Scherchen (figlio del direttore Hermann), che attraverso le parole di Rimbaud diviene un efebo greco; il carattere classicheggiante e 'apollineo' della visione viene reso musicalmente con una melodia del violino dal tono di danza settecentesca, 'neoclassica', arricchita tuttavia da inflessioni che ricordano gli antichi modi lidio e misolidio. La voce si accontenta di intonare arpeggi lenti, che ricordano la musica di Fanfare; ritorna qui anche la tensione tra Si bemolle e Mi maggiore, stabilendo dunque un chiaro nesso semantico tra il primo brano del ciclo e Antique.

Mentre Antique termina con un 'apollineo' accordo di Si bemolle maggiore, Royauté inizia bruscamente e solennemente con una sorta di banda militare miniata dagli archi in mi maggiore, riproponendo dunque la polarità tonale che domina l'intero ciclo, così come la coppia di personaggi ubriachi pensa di diventare l'indomani re e regina, allo stesso modo gli archi credono veramente di essere una banda militare, ed intonano una marcetta, nella quale si percepisce anche l'eco di Fanfare. Mentre la coppia si allontana, seguita dal suo corteo, la musica si spegne poco a poco. Marine impiega una vivace figurazione in sedicesimi, che imita il frangersi delle onde, mentre la voce, nel melisma finale di ciascuna strofa, imita il turbinio dell'acqua.

Il ritorno del motto poetico del ciclo in Interlude prepara Being Beauteous, dedicato a Peter Pears. È questa una Romanza tripartita, dal carattere estatico e assorto, come di rivelazione abbagliante e improvvisa, nella quale la staticità dell'accompagnamento e della linea melodica viene compensata dalla ricchezza del percorso armonico, suggerita dalla pluralità di immagini del testo di Rimbaud. Tuttavia proprio in questa pagina la differenza tra la 'visione' del poeta e quella del musicista appare nettissima; Britten, come già in Antique, di fronte alla bellezza virile assume un atteggiamento statico e contemplativo, mentre l'immaginazione del poeta francese si accende e dà luogo a immagini sempre più fantastiche o, come nel finale, crudamente realistiche. Si tratta del brano più intimo e personale del ciclo, pensato come un atto d'amore nei confronti di Pears, una dichiarazione privata: "Nessuno al mondo - scriveva infatti Britten a Sophie Wyss - potrebbe dirti come cantare questo brano". Il penultimo brano del ciclo, Parade, impiega una musica di Marcia concepita inizialmente per una Suite per quartetto d'archi rimasta incompiuta. Secondo quanto Britten dice alla Wyss, "Parade ti piacerà, perché è una pittura del mondo sotterraneo. Dovrebbe suonare in modo da far accapponare la pelle, crudele, sporco (chiedo venia!), e realmente disperato". La chiave di lettura di questo mondo allucinante, come ricorda la frase finale del brano, resta però saldamente in mano al poeta e al compositore. Tuttavia è possibile riconoscervi anche una sorta di visione mahleriana, distorta e grottesca, della brutalità del mondo contemporaneo. "Départ- scriveva infine Britten alla Wyss - deve essere cantato con calma, molto lentamente, e con una tale dolcezza come solo tu sai fare". Si tratta di un commiato sereno e un po' nostalgico, basato su un'unica lunga melodia vocale e su uno statico accompagnamento accordale che ricorda i Lieder del primo Ottocento. La 'partenza' viene letteralmente espressa dal progressivo tacere di tutti gli strumenti dopo che la parte vocale ha terminato la sua linea melodica.

Marco Marica


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 1 aprile 2006

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Ultimo aggiornamento 24 gennaio 2014