Quartetto per archi n. 3 in si bemolle maggiore, op. 94


Musica: Benjamin Britten (1913 - 1976)
  1. Duets: With moderate movement
  2. Ostinato: Very fast
  3. Solo: Very calm
  4. Burlesque: Fast, con fuoco
  5. Recitative and Passacaglia
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: ottobre - 20 novembre 1975
Prima esecuzione: Snape, Concert Hall del Maltings Theatre, 19 dicembre 1976
Edizione: Faber Music, 1977
Dedica: Hans Keller
Guida all'ascolto (nota 1)

Britten occupa una posizione di grande rilievo nel variegato e complesso panorama della musica contemporanea perché non è soltanto il più importante compositore inglese apparso dopo Purcell, ma rimane uno dei pochi musicisti di livello europeo che abbia lasciato un segno profondo nel corso del suo cammino artistico, senza mai ubbidire alle mode estetiche e farsi coinvolgere negli sperimentalismi effimeri fini a se stessi. Certo è difficile catalogare con una espressione verbale sintetica la personalità multiforme di questo musicista, ma non si è lontano dal vero se nel suo caso si usa il termine di eclettico nel significato più nobile e meno restrittivo della parola. Fedele alla regola secondo cui «lo stile non conta purché si abbia da dire qualcosa e lo si dica chiaramente» (è una definizione dello stesso musicista che spiega la sua versatilità), Britten riesce a contemperare dentro di sé il vecchio e il nuovo, il passato e il presente al fine di realizzare un linguaggio del tutto personale e comprensibile a tutti. Nessuno più di lui è stato in grado di rivisitare forme arcaiche o classicheggianti, senza rimanere tuttavia invischiato entro schemi precostituiti; inoltre egli ha saputo assorbire la lezione di alcuni "grandi" predecessori, come Verdi, Musorgskij, Berg e Stravinsky, pur rimanendo sempre se stesso nella elegante caratterizzazione strumentale e nella scarnificata e raffinata linea di canto, a volte rievocante il recitar cantando di tipo monteverdiano.

Sarebbe troppo lungo citare tutte le sue composizioni, eseguite in buon numero anche nei teatri e nelle sedi concertistiche italiane, ma vale la pena di ricordare alcune tra le più valide e significative: l'opera in un prologo e tre atti Peter Grimes, di ambientazione marinaresca e improntata ad una drammaticità di tinta verista; The turn of the Screw (Il giro di vite), considerato il suo capolavoro, composto su un soggetto che la librettista Myfanwy Piper ricavò da un racconto dell'anglo-americano Henry James, pieno di allucinazioni spettrali e di conturbanti innocenze infantili (due atmosfere liriche molto care alla musica di Britten); The Rape of Lucretia (La violazione di Lucrezia), operina da camera in due atti in cui si mescolano formule melodiche e ritmiche di varia estrazione, secondo il principio che la musica è come un'ape che trasvola da fiore in fiore; la incantevole parabola da chiesa Curlew River (Il fiume Curlew); il potente e suggestivo War Requiem di penetrante incisività sinfonica e corale; la conturbante Morte a Venezia su testo di Thomas Mann, intrisa di musica di sconsolata tristezza esistenziale. Né si possono trascurare alcuni pregevoli pagine sinfoniche o per voce e pochi strumenti, le piacevolissime Matinées et Soirées musicales e le brillantissime variazioni con fuga su tema di Purcell intitolate The Young Person's Guide to the orchestra, che sono entrate da anni nel repertorio delle grandi orchestre.

Il Quartetto n. 3 op. 94 per archi appartiene all'ultimo periodo creativo di Britten, in quanto fu scritto un anno prima della morte del compositore e precisamente tra il mese di ottobre e quello di novembre del 1975. La sua prima esecuzione ebbe luogo il 19 dicembre 1976 da parte del Quartetto Amadeus e suscitò profonda impressione per la semplicità e la serenità del discorso musicale e per quel richiamo nell'ultimo movimento alla Serenissima, cioè Venezia, una città che aveva ispirato con la sua inconfondibile atmosfera allo stesso tempo radiosa e decadente un'altra opera dell'artista. Del resto in questo Quartetto n. 3 non mancano espliciti riferimenti formali e ritmici alla Morte a Venezia sin dal primo movimento definito Duets e improntato ad una fluida successione tematica e ad un abile incastro di situazioni psicologichc contrastanti. Evidentemente il termine Duets sta ad indicare il dialogo emergente tra il primo violino e il violoncello su cui si innesta poi un'articolata distribuzione fra le altre parti, nel passato dal maggiore al minore e con soluzioni armoniche di indubbio fascino espressivo.

L'Ostinato successivo ha un taglio dal ritmo sincopato e una rapida successione dalle tonalità di la minore e do maggiore, secondo il tipico impianto dello scherzo quartettistico. Con il ritorno del tema si inserisce una frase più cantabile, caratterizzata da una serie di armonie espressive e giocate con varietà di tonalità, in cui si evidenzia anche un ritmo ostinato che provoca una situazione strumentale abbastanza complessa. Nel finale il refrain del tema cantabile poggia inaspettatamente sulla tonalità di sol maggiore.

Il Solo è un movimento lento con toni da cantilena coinvolgenti il primo violino nella tessitura alta e pian piano gli altri strumenti in un gioco armonico particolarmente suggestivo. Nella zona centrale si riaffaccia il tema originale su un accompagnamento arpeggiato immerso in una chiarezza tonale di visionaria purezza.

La Burlesque con il suo primo ritmo reiterato e tagliente (il tema viene esposto dal primo violino sull'arpeggio in ottave degli altri tre strumenti) ricorda lo stile di Bartók, ai cui quartetti Britten ha sempre guardato con estremo interesse per quella stretta connessione del linguaggio armonico. La Burlesque contiene un movimento fugato in cui si dispiega un clima di particolare vivacità ritmica. Il Trio nella tonalità in mi minore si distingue per il felice intreccio strumentale, molto simile come soluzioni armoniche al secondo Quartetto di Schönberg e al quinto Quartetto di Bartók.

Il Recitative e la Passacaglia, dell'ultimo movimento si collegano musicalmente a temi e soluzioni armoniche già realizzate da Britten nella Morte a Venezia e contraddistinte da una intensa e commossa partecipazione lirica. Il discorso strumentale è vario e complesso con contrappunti e muta menti di tonalità, sino ad una estrema ed efficace semplicità diatonica. La coda con le sue delicate sonorità vuole essere una riflessione sulla vita che si spegne e la Passacaglia in tal modo resta il testamento artistico di Britten.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 29 ottobre 1993

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Ultimo aggiornamento 30 gennaio 2014