Messa n. 2 in mi minore

per doppio coro e orchestra di fiati

Musica: Anton Bruckner (1824 - 1896)
  1. Kyrie - Feierlich (mi minore)
  2. Gloria
    1. Et in terra pax - Allegro (do maggiore)
    2. Gratias agimus - Allegretto (mi bemolle maggiore)
    3. Qui tollis peccata mundi - Andante
    4. Quoniam tu solus sanctus - Tempo Primo
  3. Credo
    1. Patrem omnipotentem - Allegro (do maggiore)
    2. Et incarnatus est - Adagio (fa maggiore)
    3. Et resurrexit - Allegro
    4. Et in Spiritum sanctum
    5. mortuorum - Etwas langsamer
  4. Sanctus
    1. Sanctus - Alla breve, mehr langsam (mi minore)
    2. Pleni sunt coeli - Allegro
  5. Benedictus
    1. Benedictus - Moderato (do maggiore)
    2. Osanna - (si bemolle maggiore)
  6. Agnus Dei
    1. Agnus Dei - Andante (mi minore)
    2. Dona nobis pacem - Etwas bewegter
Organico: doppio coro misto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni
Composizione: Linz, 25 novembre 1866 (revisione ritmica estate 1876; poi Vienna, 26 luglio 1882 e 1885)
Prima esecuzione: Linz, Cattedrale, 29 settembre 1869
Edizione: Doblinger, Vienna, 1896
Dedica: vescovo Franz Josef Rudigier
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Si può dire che la fama di Bruckner sinfonista sia stata postuma e, se si esclude un gruppo di musicisti e direttori d'orchestra di prestigio, come Mahler, Levi, Nikisch, Motti e Loewe, la cultura dominante tedesca, con Liszt e Brahms in testa, non ha mai mostrato simpatia e comprensione per l'organista di Sankt Florian mentre era in vita. Contemporaneamente, però, il Bruckner autore di musica sacra ha avuto ben altra accoglienza sin dall'inizio nei circoli artistici austriaci, legati alla tradizione vocale rinascimentale e barocca, che affonda le radici in Schütz e Bach, senza escludere Palestrina e Orlando di Lasso, e sino a giungere ad Haydn e Mozart. Bruckner, grande organista e studioso della letteratura mottettistica tedesca, aderì al cosiddetto "Movimento ceciliano" che si sviluppò a partire dal 1830 in Germania con lo scopo di ripristinare la polifonia classica in tutti i paesi di lingua tedesca, tenendo conto dell'ispirazione religiosa, nobilmente intesa ed osservata, in questo specifico campo della composizione. Del resto anche Schubert, Schumann e Mendelssohn avevano scritto mottetti dimostrando che anche in epoca romantica era possibile recuperare quell'importante patrimonio polifonico, posto a base spirituale della liturgia chiesastica. Ma Bruckner trasferisce nella sua produzione sacra una semplicità e intimità di sentimento, rivelatrice di un'anima profondamente religiosa e cred grassettoente in un Dio umano e giusto, secondo la concezione e la fede cattolica. «L'arte trae origine da Dio e ogni lavoro artistico deve esaltare la divinità»; così disse Bruckner ad un suo amico che gli chiedeva spiegazioni su alcuni brani corali, dove è presente la vocazione mistica del musicista. Sin dai primi pezzi corali il compositore ha sempre mostrato un senso religioso fatto di spontaneità e immediatezza, con un'adesione totale al divino, inteso come principio e fine del dramma esistenziale. Da un punto di vista formale l'itinerario di compositore di musica sacra può essere valutato in modo diverso e alcune pagine vocali si presentano più interessanti e più ricche polifonicamente rispetto ad altre, ma se si considera l'impegno e l'adesione al cred grassettoo cattolico si può cogliere da parte di Bruckner una caratterizzazione stilistica comune che distingue questi componimenti religiosi, dove la scrittura vocalistica punta all'essenziale nell'esprimere la devozione dell'uomo di fronte al mistero della fede. In tal senso l'esperienza delle Messe (otto in tutto, di cui una per coro a cappella) costituisce un momento importante della produzione bruckneriana in quanto si rileva quel senso religioso spontaneo e immediato che fu una delle caratteristiche della personalità del musicista austriaco.

Tra le Messe fanno spicco quella in re minore per soli, coro e orchestra (1846), la seconda in mi minore per coro a otto voci e quindici strumenti a fiato e la terza in fa minore per soli, coro e orchestra, terminata il 9 settembre 1868. La seconda Messa fu scritta nel 1866 e revisionata tre volte, nel 1876, nel 1882 e nel 1885. La prima esecuzione ebbe luogo a Linz il 25 settembre 1869 sotto la direzione dello stesso autore e venne accolta con molto interesse per il suo recupero della forma palestriniana e dello stile rinascimentale a cappella, già utilizzato da Bruckner in alcuni Mottetti. L'organico della Messa prevede due soprani, due contralti, due tenori e due bassi e, per quanto riguarda gli strumenti a fiato, due oboi, due clarinetti, due fagotti, quattro corni, due trombe e tre tromboni.

Anche se il coro ha un ruolo da protagonista, si avverte nella Messa in mi minore un'adeguata e misurata omogeneità tra voci e strumenti ai fini di una espressione del sentimento religioso indicato strettamente dal testo. Ciò si coglie sin dal Kyrie iniziale, la cui stesura a cappella di straordinaria efficacia viene spezzata con qualche intermittenza da corni e tromboni. Più mossa e intensamente lirica è la linea musicale del Christe eleison, ma poi con il ritorno del Kyrie le voci si dilatano e l'atmosfera diventa più struggente e dolorosa. Nel Gloria l'animazione strumentale si fa vivace e consistente, così da assumere la forma di un allegro di classica tradizione, secondo gli esempi dei grandi padri, Haydn e Beethoven. Il Gloria, così come il Cred grassettoo, è nella tonalità di do maggiore e nell'episodio corale del "Qui tollis peccata mundi" acquista varietà e robustezza fonica, per poi ampliarsi in un crescente sviluppo dinamico nel "Quoniam tu solus sanctus" e nell'"Amen" conclusivo, realizzato con un fugato di scrittura cromatica. Il Cred grassettoo ha un avvìo ritmico e la vocalità presenta accenni di declamazione sulla risposta quasi antifonale dei legni. Improntato a tecnica mottettistica è l'episodio a cappella "Et incarnatus est" di intima delicatezza psicologica, cui subentra il cupo "Crucifixus" su una cadenza corale degli ottoni. Temi del Gloria (uno di essi si richiama alla frase dello Scherzo della Ottava Sinfonia) si riaffacciano nel passaggio "judicare vivos et mortuos", mentre nell'episodio "Et in spiritum sanctum" ritorna il motivo iniziale e il finale sfocia in un vigoroso crescendo.

Nel Sanctus è chiaramente evidente l'influenza della palestriniana Missa brevis del 1570: il canone è sviluppato in un contrappunto a otto parti e costruito come un ampio crescendo. Il movimento è particolarmente suggestivo con le voci che dopo il "Dominus" procedono in modo parallelo, secondo una scelta stilistica di marca schiettamente bruckneriana. Delicatezza e purezza espressiva contraddistingue l'arco melodico del sereno Benedictus, in forma di sonata, fino al luminoso arcobaleno dell""Hosanna in excelsis". Maestoso l'Agnus Dei esposto a otto voci con accompagnamento strumentale suggellato da un tranquillo atto di fede su un accordo in maggiore nel conclusivo "Dona nobis pacem". È il segno di quella religiosità semplice e immediala, ma sinceramente sentita e vissuta, che appartiene di diritto alla personalità creatrice di Bruckner.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Parlare della produzione di Anton Bruckner significa per alcuni critici riferirsi solo e unicamente al genere sacro, comprese le sinfonie e i lieder per voce e pianoforte. Sarebbe cioè impossibile individuare od enucleare in maniera netta e precisa zone specificamente profane nel corpo non poi vastissimo dell'opera bruckneriana.

Tali posizioni, tese a scoraggiare i più accaniti sostenitori dei distinguo, non sono così insensate se si pensa all'atteggiamento di pia devozione — ai limiti di un acceso e spesso contorto misticismo — che caratterizzò la biografia del timido musicista austriaco, vissuto all'ombra delle cattedrali o assorto per gran parte della sua giornata in estatica contemplazione creativa davanti al monumentale organo di St. Florian, a due passi da Linz. A questo proposito si potrebbe, volendo, far scaturire una seconda osservazione: che non solo le partiture di Bruckner sono tutte religiose, ma sono tutte «organistiche» essendo lo strumento prediletto, scelto a base della sua attività professionale, il metro di paragone ideale per ogni lavoro, quasi come il pianoforte lo era stato per Schumann. Procedendo di questo passo si rischierebbe, tuttavia, di limitare troppo il campo della ricerca espressiva bruckneriana che si sottrae, invece, dalle angustie di semplicistiche catalogazioni o di gratuite etichette di comodo. Alla fine si scoprirebbe, ad esempio, che la religiosità di Bruckner riflette sempre le tensioni (e le incoerenze) di un linguaggio teso fra misticismo e intellettualismo e composto da uno strano miscuglio di popolare e contadino da un lato e, dall'altro, pronto ad accogliere con straordinaria sensibilità gli esiti della finissima arte viennese di Schubert, Haydn, Beethoven e Brahms, come già Wilhelm Furtwaengler — fra i primi ad accorgersi e divulgare le sue opere — annotava.

Delle tre grandi Messe, scritte da Bruckner, quella in programma stasera è la seconda, composta fra luglio e novembre 1866 ed eseguita il 29 settembre 1869, sotto la direzione dell'autore, in occasione dell'inaugurazione della cappella votiva del Duomo di Linz. In seguito il lavoro fu più volte revisionato (1876, 1882, 1885) e generalmente la versione adottata è quella del 1882. Ne fa fede l'attendibilissima edizione critica curata per la società Bruckner da Leopold Novak e universalmente accettata.

La «Messa in mi minore» è la più rispettosa dello stile classico tradizionale, al quale del resto Bruckner aveva sempre cercato di attenersi nel campo della produzione vocale, pur tra i bagliori di accensioni romantiche o predecadenti (basterebbe pensare alla densità drammatica del «Te Deum»). Ma di tale ribellismo qui v'è scarsa traccia e le sei sezioni scorrono in un ambito liturgico improntato alla massima austerità e devozione. Non c'è posto neppure per esibizioni o svettamenti delle parti solistiche; l'intreccio contrappuntistico si fa garante di una partecipazione collettiva alla preghiera con frequenti ricorsi all'unisono. Per questo si è parlato di staticità arrivando perfino a definirla la «messa di Papa Marcello dei tempi moderni» con esplicito riferimento a Palestrina. I motivi di una presa di posizione così radicale nei confronti della musica sacra vanno ricercati anche nelle rigide regole del movimento dei ceciliani appena fondato da F. Witt, il quale intendeva liberare questo genere dall'ibridismo in cui, secondo gli adepti, era caduto. Bisognava quindi rispettare gli antichi schemi polifonici, non solo ma attenersi rigorosamente allo stile «a cappella» escludendo gli strumenti, proprio come aveva deliberato il Concilio di Trento.

Va da sé che Bruckner, pur tenendo conto di certi suggerimenti, quali l'uso dello stile mottettistico e salmodico, fece un po' a modo suo ampliando la tavolozza armonica (i cromatismi del «Benedictus» furono infatti stigmatizzati) e introducendo gli strumenti, seppure limitatamente a un gruppo esiguo di fiati: 2 oboi, 2 clarinetti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni.

Il «Kyrie» (4/4) si snoda secondo un lento movimento delle voci in «crescendo» e «decrescendo» con brevi interventi degli ottoni che realizzano una sorta di pedale. La struttura «a cappella» è, quindi, rispettata con una certa libertà. Da notare in questa prima sezione l'uso di arcaismi (il modo frigio iniziale) e le citazioni da precedenti lavori giovanili: il mottetto «Pange Lingua» e il «Requiem». Sulla parola «Christe» muove una fuga a 8 voci che termina all'unisono. Bruckner tenta qui di conciliare l'elemento polifonico con la necessità di esprimersi nel suo abituale linguaggio liricizzante. Anche il successivo «Gloria» è fondato nel rispetto delle regole antiche con la movenza gregoriana che appare immediatamente. Il disegno dei fagotti — nota il Redlich — è «l'agente motore» dell'intero brano. Nel «Qui tollis » gli strumenti (gioco degli oboi e dei clarinetti) fungono quasi da solisti. Quindi un veloce e bizzarro «Amen» (fugato), assai articolato, conclude il « Gloria ».

Punti di contatto con elementi paleocristiani sono presenti anche nel «Credo» con la cellula gregoriana che sigla il movimento all'inizio e alla fine. È forse il momento strumentalmente più interessante dell'intera messa. L'impasto sinfonico emerge nettissimo malgrado l'esilità dell'organico e si alterna mirabilmente alla nudità del disegno vocale sprigionando un senso di calma sublime, di liberazione dalle passioni. Arrivati all'«Et incarnatus» i solisti intonano un canto (Adagio) dal carattere meditativo tutto giocato sui valori dinamici di piano e pianissimo. Il tono da sommessa liturgia viene interrotto dalla scansione ritmica martellata dei clarinetti e dei fagotti che procede per accordi ribattuti richiamando i celebri «scherzi» delle sinfonie.

Il «Sanctus» è costruito «a canone» sul modello di tanta polifonia rinascimentale con una precisa citazione dalla «Missa Brevis» di Palestrina. II solenne andamento processionale sottolineato dagli strumenti in tempo pari, riecheggia la ieratica compostezza dei sacerdoti del Graal nel «Parsifal».

Il delicato dialogo affidato al corno, oboe e clarinetto con cui si apre il «Benedictus», introduce nel tipico clima degli «Adagi» bruckneriani. Giustamente Martinotti fa qui notare l'atmosfera semplice e popolaresca del presepe contadino all'annuncio «qui venit in nomine Domini». Mentre non sembra appropriato parlare del «Tristano» come sostiene il Redlich. Infine il conclusivo «Sanctus» con il «Miserere» carico di espressività in crescendo e diminuendo, secondo il consueto schema e la chiusa in maggiore dopo una breve ricapitolazione tematica.

Marcello de Angelis


Testo

KYRIE
Kyrie eleison.
Christe eleison.
Kyrie eleison.

GLORIA
Gloria in excelsis Deo. Et in terra pax
hominibus bonae voluntatis, laudamus Te,
benedicimus Te, adoramus te,
glorificamus Te, gratias agimus tibi propter
magnam gloriam tuam, Domine Deus, Rex
coelestis Deus Pater omnipotens! Domine
Fili unigenite, Jesu Christe. Domine Deus,
Agnus Dei, Filius Patris, Qui tollis peccata
mundi, miserere nobis, Suscipe
deprecationem nostram, qui sedes ad
dexteram Patris, miserere nobis; quoniam
tu solus sanctus; Tu solus Dominus; Tu
solus altissiinus, Jesu Christe, Cum Sancto
Spiritu in gloria Dei Patris. Amen.

CREDO
Cred grassettoo in unum Deum, Patrem
omnipotentem, factorem coeli et terrae
visibilium omnium et invisibilium; et in
unum Dominum Jesum Christum, Filium
Dei unigenitum; et ex Patre natum ante
omnia saecula, Deum de Deo, lumen de
lumine; Deum verum de Deo vero;
genitum, non factum; consubstantialem
Patri; per quem omnia facta sunt; qui
propter nos homines, et propter nostram
salutem, descendit de coelis et incarnatus est
de Spiritu Sancto ex Maria Virgine, et homo
factus est; Crucifixus etiam pro nobis sub
Pontio Pilato: passus, et sepultus est; et
resurrexit tertia die, secundum Scripturas:
et ascendit in coelum, sedet ad dexteram
Patris: et iterum venturus est cum gloria
judicare vivos et mortuos; cujus regni non
erit finis. Et in Spiritum Sanctum, dominum, et vivificantem, qui ex Patre
Filioque procedit; qui cum Patre et Filio
simul adoratur et conglorificatur; qui
locutus est per prophetas et unam sanctam
catholicam et apostolicam Ecclesiam.
Confiteor unum Baptisma in remissionem
peccatorum. Et expecto Resurrectionem
mortuorum. Et vitam venturi saeculi.
Amen.

SANCTUS
Sanctus, Sanctus, Sanctus
Dominus Deus Sabaoth.
Pieni sunt coeli et terra gloria tua,
Hosanna in excelsis!

BENEDICTUS
Benedictus qui venit
in nome Domini.
Hosanna in excelsis!

AGNUS DEI
Agnus Dei
Qui tollis peccata mundi,
miserere nobis.
Dona nobis pacem.
(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 1 ottobre 1988
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro della Pergola, 7 giugno 1977

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Ultimo aggiornamento 29 marzo 2019